Divisi da chi? Dalla natura di sé: il senza origine e senza fine non coglie l’essenziale e trova interesse solo per i colori del divenire.
Divisi nel compiersi del processo della manifestazione di sé.
Divisi nella consapevolezza di sé e dell’accadere.
Divisi nell’interpretazione dello sperimentare e del suo senso.
L’interiore è lo specchio dove tutto si riflette e lì viviamo e patiamo quella divisione, se ancora è in atto.
Quando quella divisione è superata nel sentire, nel pensare, nel provare e nell’agire, finisce l’esperienza del sentirsi separati e frantumati, conscia o inconscia che essa fosse, e con essa finisce la cerca senza apparente fine.
Il senza-casa, scopertosi anche un senza-nome, risiede nello stare ascoltando l’essere semplice delle cose.
Non è il mondo dei separati che gli parla, non è il regno della divisione che lo interroga: come una concavità, l’essere suo ascolta, osserva, accoglie e contempla il canto senza voce dell’interiore.
Quel canto muto risuona senza fine e senza tempo, nel mentre i fotogrammi del mondo scorrono.
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“Al senza Nome rivolgo il mio canto
Al senza Tempo affido le mie ore
Nella Sua mano abbandono la mia mano
Certo che mi porterà
La’, dove è bene che io sia”
Amen
sempre più: io siamo grazie grazie grazie
Grazie di queste parole
Sì, parole che risuonano.
Come la goccia scava la pietra queste parole scavano il nostro interiore dove ci aspetta un canto senza voce.
Grazie
Parole che risuonano nel profondo… Grazie