Letture per l’interiore [versione 2021]

Letture per accompagnare il cammino spirituale di ogni giorno.
(La formattazione del testo privilegia la lettura da dispositivo mobile, quella più usata dai nostri lettori)

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1.
In nome dell’Uno
che nei cicli generatori
prende l’universo stesso
come sua forma,
in nome della vita unica
che respira in tutto l’universo,
che si limita e manifesta nelle forme,
in nome dell’irrefrenabile
e incessante evolversi di ogni vita,
possiate riconoscere
l’illusione delle forme,
possiate riconoscere
la radice di ogni vita animatrice,
possiate riconoscere
l’unità spirituale dell’universo
affinché possiate essere 
consapevolmente Uno col Padre.
Amen
CF 77


2.
Il problema dell’individuo
non è quello di divenire,
ma quello di essere.

Non è quello di conoscere,
ma quello di comprendere.

Non è quello di sapere,
ma quello di sperimentare.

Nell’individuo la volontà
è la base della potenza.

La comprensione 
quella dell’amore.

La consapevolezza 
quella della saggezza.
CF 77


3.
Sia che crediate in noi,
sia che ci avversiate,
sia che ci ascoltiate con amore,
sia che vi tappiate le orecchie
per non sentirci,
sia che vi commuoviate
per la nostre parole,
sia che deridiate chi ci ama,
fermatevi un attimo
ad ascoltare voi stessi.

Entrate in voi in silenzio
e ascoltate quella musica dolce
che sentite vibrare nel più riposto
segreto del vostro essere,
dietro allo schermo dei vostri pensieri,
sotto la coltre del vostro razionalismo,
accanto ai vostri sentimenti,
ai vostri slanci, al vostro amore.

Potrebbe essere che,
ciò che noi chiamiamo «spirito»,
sia proprio ciò che voi riuscite a sentire.

E allora perché non cercare
di raggiungerlo e di capirlo
visto che riuscite a percepire
la sua dolcezza?

Quanto spesso vi fermate
a guardare all’esterno di voi,
senza riuscire a portare
tra le vostre mani
quella scintilla che è lì,
nel vostro profondo sentire,
appositamente per illuminarvi
il cammino,
indicarvi la vostra strada
e rendervi più semplice
e meno doloroso
il vostro avanzare?

Quanto spesso siete pronti
a erigervi a giudici
di coloro che vi stanno attorno
e che sfuggono
alla vostra comprensione,
dimenticando che siete con essi
un cosa sola e che,
giudicando loro,
giudicate anche voi stessi,
in quanto siete stati,
siete o sarete
ciò che oggi essi sono?

La pienezza
che andate cercando
non è fatta di barriere
e renderà sazia
la vostra sete d’amore
solo allorché saprete
affermare con certezza,
non di fronte al mondo,
ma nel profondo
del vostro intimo:

«Ho visto uomini
che chiamavano e cercavano Dio;
ognuno di essi lo chiamava

con un nome diverso
e li ho sentiti fratelli.


Ho visto tanti uomini

che aiutavano gli altri uomini
nel nome di un ideale

e li ho sentiti fratelli.

Ho visto uomini

che aiutavano altri uomini 
nel nome della libertà,
e anche questi li ho sentiti

miei fratelli.

Ho sentito, poi, un uomo

che non aveva nomi per Dio,
un uomo che diceva

di non credere alla Sua esistenza,
un uomo che si teneva lontano

da qualunque religione,
un uomo che, parlando

con gli altri uomini delle sue idee,
si definiva ateo convinto.


L’ho visto asciugare la lacrima 

di un bimbo che piangeva
e ho sentito me stesso».

Moti, CI

Ho visto uomini (testo musicato e cantato da Marco D.)

4.
Ho visto appallottolarsi la vita
come una lettera sgualcita
e indesiderata,
senza neppure
cercare di leggere e comprendere
quello che c’era scritto.

Ho sempre guardato
ma non ho mai visto,
pensavo di fare e non facevo,
cercavo di agire e restavo immobile,
volevo abbracciare,
ma le mie braccia
sapevano soltanto stringere
l’angoscia della mia incapacità.

Ora, dopo lettere e lettere
appallottolate e mai lette
riconosco i miei errori:
innumerevoli volte potevo dire
e non ho detto,
potevo tramutare in lacrime
ciò che vivevo
ma ho preferito nasconderle
dentro di me,
potevo manifestare l’intensità
delle mie emozioni
e invece le ho tenute chiuse 
così in profondità
che io stesso non riuscivo 
a riconoscerne la forza.

Più di questo
non sono riuscito a fare:
la paura della mia verità
è stata così forte
da indurmi a chiudere gli occhi
su me stesso
avvelenando a poco a poco
i miei rapporti con me stesso
e con gli altri.
Il Poeta, CI


5.
Credevo che fossero i tuoi occhi
ciò che accendeva il mio amore,
poi mi sono accorto
che il mio amore non diminuiva
quando tu dormivi.

Pensavo che fosse il tuo sorriso
a rendere vivo il sentimento
che provavo per te,
poi mi sono accorto, con stupore,
che il mio amore continuava
a essere sempre più forte
anche nei momenti in cui il sorriso
era ben lontano dal tuo volto.

Avevo pensato che il mio amore
fosse acceso e scatenato
dal tuo corpo fisico,
poi, col passare degli anni, del tempo,
il tuo corpo fisico non è più lo stesso
eppure scopro con stupore
che il mio amore
per te è rimasto inalterato.

Ho immaginato che il mio amore
venisse acceso dall’affetto
che tu mi dimostravi sempre,
ma, adesso che tu non mi puoi più  
dimostrare quell’affetto,
il mio amore continua
a essere infuocato come una volta,
forse con maggiore tenerezza,
con maggiore comprensione,
ma non per questo meno forte,
meno importante.

E, allora,
mi sono interrogato sul mio amore
e ho capito che esso era acceso
dalla stessa luce che brillava
dentro di me e dentro di te,
e che questa luce aveva fatto
di due esseri diversi
due esseri uguali,
che diventavano un essere solo
talmente legato che nulla e nessuno
lo poteva più separare.

E allora,
anche nel momento in cui
le tue mani
non potevano più essere
strette dalle mie,
il mio amore ha continuato ad amare
e io ti ho sentito sempre e comunque,
fortemente, accanto a me.
Scifo, CI


6.
Il cammino della coscienza

Io sono una creatura di Dio,
come voi.
Come voi non nasco perfetto
e in grado di muovermi
con sicurezza nelle regioni
in cui vivo.

Nasco bambino
con tutte le mie incomprensioni,
come un bimbo penso
di aver capito e mi comporto
di conseguenza,
ma basta una piccola 
azione sbagliata
per farmi rendere conto
che ciò che avevo capito
era solo frainteso
e non era giusto.

A ogni esperienza 
rinasco a me stesso più ampio,
più consapevole, più vero,
a ogni esperienza abbraccio
una nuova parte di me stesso
e una nuova parte della Realtà 
di cui anche io, come voi,
faccio parte via via più consapevole.

So quale sia il mio destino:
abbracciare per intero me stesso,
verso questo fine sono attratto e spinto
da qualcosa che è vivo al di sopra di me
e che, nel contempo,
mi permea e indirizza tutto me stesso.

Io cerco di afferrare questa entità
che, senza capirne il perché,
amo di un amore intrinseco a me,
ma così forte da muovere
ogni mia azione alla ricerca
di espandere me stesso,
nella speranza di arrivare
a fondermi, finalmente,
con l’oggetto del mio amore.

Non piango
se sbaglio,
non mi abbatto
se fallisco,
non mi sento frustrato
se non riesco,
non mi vergogno
se non capisco,
non mi adiro
se non trovo subito la soluzione,
ma sono sempre pronto
a rinnovare me stesso,
a trarre frutti dai miei sbagli,
a rendere utili i miei fallimenti,
a lottare contro ciò che mi frustra,
a cercare di comprendere
ciò che sembra sfuggirmi,
a provare mille soluzioni diverse
fino a quando non trovo quella giusta.

Solo allorché sarò pienamente maturo
e tutto il mio essere sarà fuso
in un’equilibrata e funzionale entità
io troverò la gioia di unirmi
con quell’Amore
sconosciuto ma potente,
dolce ma tiranno,
forte ma delicato,
costante ma immenso,
che in continuazione mi chiama a Sé,
e che costituisce il vero perché
della mia esistenza.
Scifo, CI


7.
Ascolta
il frusciare degli alberi
sotto la tempesta:
è il Grande Spirito che ti parla.

Ascolta
il canto del fiume lungo le sue rive, 
ascoltalo:
è il Grande Spirito che ti parla.

Ascolta
le voci degli anziani,
ascoltale:
è sempre il Grande Spirito
che ti parla.

E ascolta
il pianto e le risa dei tuoi figli:
in essi, ancora, troverai 
il Grande Spirito che ti parla.

E poi, infine, ascolta
il silenzio del tuo cuore,
e anche quel silenzio 
è il Grande Spirito che ti parla.
Hiawatha, CI

Ascolta (testo musicato e cantato da Marco D.)

8.
In un limpido mattino,
sdraiato sulla cima di una collina,
osservavo il volo di un’aquila,
maestoso, imponente,
come una enorme farfalla
padrona del cielo stesso.

E’ stato allora che ho trovato
la via della mia umiltà,
quando mi sono reso conto
che neanche nella mia più fervida
fantasia o immaginazione,
sarei mai riuscito a creare
un’immagine di tal fatta!
Scifo, CI


9.
Mio padre è il sole,
con i suoi raggi accarezza
il mio corpo.

Mia madre, è la luna,
illumina anche i miei giorni
più bui.

Mio padre è il mare,
circonda tutto il mio mondo.

Mia madre è la terra,
mi offre in continuazione
i suoi frutti.

Mio padre è il vento,
porta le nubi e le allontana.

Mia madre è la pioggia,
ristora la mia sete
e pulisce la mia anima.

E io, chi sono io?
Io sono mio padre,
io sono mia madre,
io sono mio figlio,
io sono un uomo.
Anonimo, CI


10.
Se riuscissi ad ascoltare
la Tua voce,
se riuscissi a risuonare
con essa,
se riuscissi a unirmi
al coro della vita,
fondendo la mia voce
con quella della vita stessa.

Se riuscissi ad ascoltare
veramente,
invece di ascoltare
in maniera frammentaria,
se fossi sincero con me stesso
quando mi osservo,
se riuscissi ad ammettere
serenamente i miei errori
invece di cercare continuamente
motivi per giustificarli,
se capissi che non devo
perdonarli bensì comprenderli,
se fossi capace di accettarli
come segni di mie incomprensioni,
invece di volerli a tutti i costi
ritenere giusti
ma non compresi dagli altri.

Se andassi incontro alla mia coscienza
almeno quanto tendo ad andare
incontro al mio Io,
la mia vita sarebbe più facile,
i miei sensi di colpa sarebbero più utili,
i miei rapporti sarebbero più sinceri,
il mio amore saprebbe perdonare,
la mia speranza non vacillerebbe mai
e io sarei un uomo migliore
di quanto mai avrei sperato di diventare.
Rodolfo, CI


11A.
Inconoscibile e inconosciuto,
di volta in volta, nei secoli, madre o padre,
persecutore o lenitore del dolore,
infinitamente buono
o irrimediabilmente severo,
quintessenza di bontà
oppure indifferente persecutore.

Col cuore
non sono riuscito a definirti,
con la logica e la ragione
non ho potuto descriverti.

Passano i secoli,
trascorrono i millenni,
le società e le civiltà
sorgono e tramontano
alla fine del loro ciclo,
la polvere si condensa in forme
e le forme si disciolgono in polvere,
ma la mia conoscenza 
sembra sfiorarti
senza mai raggiungerti,
e tutto quello che la mia scienza
può dire di Te
continua a essere un «non so»
ora sussurrato con dispiacere,
ora gridato con rabbia,
ora imposto con prepotenza,
ma quasi sempre proferito
con ben poca umiltà.
Moti, CI


11B.
Niente mi prova veramente
la Tua esistenza,
eppure in me permane da sempre
la certezza che Tu,
così inconoscibile e inconosciuto,
esisti veramente.

Perché questa mia fiducia
in un’esistenza mai provata?
Perché mi rivolgo a Te
nei momenti
d’insopportabile dolore,
anche quando la mia vita
sembra essere stata
ben lontana dal manifestare 
veramente la fede in Te?

Perché,
travolto dalla sofferenza,
arrivo a maledirti
negandoti con forza,
dimostrando con la mia maledizione
che, in realtà, nel mio cuore,
sono convinto che Tu esista,
perché non avrebbe senso maledire
ciò che non esiste!?

Da qualche parte
deve esistere una risposta
che spieghi il mantenersi vivo
di questo incredibile amore
che continua contro ogni logica,
anche nell’ignoranza dell’oggetto
di sì tanto amore.

E così, spesso avvolto
nella mia inconsapevolezza,
io ti vado cercando
in continuazione,
errando faticosamente
lungo i tortuosi sentieri
delle mie esistenze,
giustamente mai del tutto
soddisfatto delle risposte
che incontro nel mio cammino,
senza posa spinto ancora
alla Tua ricerca
proprio dalla mia insoddisfazione
e dall’irragionevole, inesprimibile, 
inarrestabile sensazione
che fino a quando
non ti avrò incontrato,
non avrò raggiunto
né compreso veramente
il vero fine del mio esistere.
Moti, CI


12.
E quando non avrò più bisogno
di rivolgermi al Padre
accetterò in ogni istante
della mia vita
la Sua volontà.

Quando la mia volontà,
i miei desideri,
i miei bisogni
collimeranno perfettamente
coi Suoi,
solo allora potrò dire
di essere in contatto
con la Realtà.
Florian, CI


13.
Questo non è certo il Dio
che la maggior parte
delle religioni propone.

Non è quantificabile.
Non è definibile come immagine.
Non è legato ad altro 
che a impressioni,
a sentire, a sensazioni,
a qualcosa che, quindi,
a voi appare inesprimibile,
indescrivibile, irraggiungibile.

Pur tuttavia,
al di là di qualsiasi immagine sacra,
vera o non vera,
al di là di qualsiasi Maestro,
vero o presunto,
al di là di qualsiasi dottrina religiosa,
al di là di qualsiasi discorso,
al di là di qualsiasi idea,
l’esistenza di Dio
viene sempre recepita,
prima o poi,
da un individuo nella sua Realtà,
e questa esistenza compenetra 
la realtà che voi vivete,
in modo così soggettivo
da farsi presente,
da farsi sentire nei momenti
meno prevedibili, più inaspettati.

C’è chi, nella storia dell’uomo,
ha trovato, sentito, riconosciuto,
incontrato Dio
durante un rapporto amoroso
con un’altra persona.

C’è chi l’ha incontrato
sulle ali di una canzonetta fischiettata.

C’è chi l’ha trovato
semplicemente vivendo
una giornata di lavoro normale,
come tutte le altre.

C’è chi l’ha trovato nella sofferenza,
chi l’ha trovato nella gioia,
ogni individuo può trovarlo 
in mille e mille cose che sono in Lui,
e ognuna, creature, una per una,
vi parla proprio di Lui stesso.
Scifo, CI


14.
Io non sono nulla,
sono una piccola
goccia di pioggia
durante un temporale,
un minuscolo granello di sabbia
in uno sconfinato deserto,
un ago di pino
in un bosco di conifere,
un fiocco di neve in una tormenta,
un meteorite in un cielo
popolato da miliardi di stelle.

Eppure, senza di me,
quel temporale, quel deserto,
quel bosco e quel cielo
non sarebbero più gli stessi.

E questo, già da solo,
mi dovrebbe rendere felice
di esistere e di far parte di Te.
Hiawatha, CI


15.
In qualunque posto Tu risieda,
dovunque Tu sia,
qualunque cielo Tu possa occupare,
qualunque dimensione Ti appartenga,
io a Te dedico la mia gioia,
io a Te dedico la mia allegria,
io a Te dedico le mie passioni,
io a Te dedico i miei desideri,
io a Te dedico la mia sofferenza,
io a Te dedico i miei dubbi
e i miei perché,
le mie resistenze, i miei rimpianti,
i miei rimorsi, i miei sensi di colpa
e le mie disperazioni.

Io Ti dedico, Dio mio,
tutta la mia vita,
certo che Tu l’accoglierai
tra le Tue mani
e saprai con esattezza 
ciò che di essa va fatto.
Moti, CI


16A.
Mi hai insegnato
la via dell’umiltà, Dio mio,
mi hai indicato,
attraverso mille esempi,
la strada della semplicità.

Mi hai fatto dire
di essere sola e semplice.
Mi hai insegnato
a non pretendere nulla dagli altri,
ma a pretendere molto da me.

Mi hai insegnato
a osservare con occhio benevolo
i miei fratelli, le mie sorelle,
i miei genitori, i miei figli,
i miei compagni di viaggio.

Mi hai insegnato a non giudicare,
mi hai insegnato a non criticare,
mi hai insegnato a sentire
ciò che fa parte del Creato
come cose che mi appartengono
anzi, come una parte di me.

Ma, malgrado tutto questo,
io mi sento un essere meschino,
un essere che accetta
soltanto con la mente
le cose che Tu mi invii,
un essere che,
da un momento all’altro,
pensa solo a se stesso,
giudica il comportamento altrui,
è distruttivo nei confronti
della natura e del mondo,
è distruttivo nei confronti 
di se stesso.

Ma anche questa, Dio mio,
così come Tu mi insegni,
è una delle strade
che mi condurranno fino a Te.
Viola, CI


16B.
Io vorrei riuscire
ogni giorno a imparare,
a compiere un piccolo sforzo,
affinché le mie parole
non siano veleno,
affinché il mio sguardo
non sia aggressività,
affinché il mio porgere una mano
non sia solo per prendere,
affinché il mio modo di accarezzare,
o di chiedere una carezza,
non sia un modo di giustificarmi,
o di farmi perdonare.

Aiutami, Padre e Madre mia,
ogni giorno a compiere uno
di questi piccoli sforzi;
piccoli sforzi che, alla fine, 
mi porteranno a poter dire 
di vivere gli altri,
di vivere i miei compagni,
i miei genitori, i miei figli,
i miei amici e gli stessi estranei
come dei veri e propri fratelli.

Non chiedo molto,
Padre e Madre mia,
in realtà non chiedo molto,
ma sono sicura
che il Tuo aiuto giornaliero
mi potrà condurre veramente 
all’unione con i Tuoi figli e con Te.
Viola, CI



17.
Padre e Madre mia,
ho sentito i Tuoi figli parlarmi
di evoluzione.

Ho sentito che suggerivano
l’idea che Tutto è Uno
e ho pensato anche che,
se davvero Tutto è Uno,
dalla più piccola cosa,
mi è possibile se davvero lo voglio,
riuscire ad arrivare fino a Te.

E assieme a questo pensiero,
io ho gioito.
Ho gioito
perché se davvero Tutto è Uno,
ho compreso che io sono Tutto
e sono Uno con gli altri fratelli
che mi stanno attorno.

E che ogni carezza
che a me non viene data,
che a me viene tolta
per essere donata a un mio fratello,
ha lo stesso valore della carezza
che io avrei dovuto ricevere.

E che le stesse parole
e lo stesso affetto che prima,
magari, era rivolto a me
e adesso vedo rivolgere ad altri,
questo affetto, queste parole,
ho compreso che sono ancora
e sempre miei.

E di questa mia comprensione,
di questo mio sentirmi unito
veramente fino in fondo con Te
e con i Tuoi figli,
di questo riuscire a condividere
senza invidie, senza rancori,
senza accidia ciò che gli altri hanno
e che apparentemente a me manca,
di tutto questo, Padre e Madre mia,
io Ti ringrazio dal più profondo
del mio essere.
Moti, CI


18A.
Padre e Madre mia,
sento su di me il peso
dell’evoluzione,
i secoli sono sfilati
davanti ai miei occhi,
i millenni sono scivolati
alle mie spalle come un fiume
che si perde e si confonde
con l’oceano.

E io mi trovo improvvisamente 
accomunato ad altri esseri
che hanno minore esperienza di me,
che hanno forse compreso
qualcosa in meno,
e con i quali io cerco d’intrattenere 
un rapporto, un contatto
perché sento che essi
hanno bisogno di me,
ma che anch’io, in fondo,
ho bisogno di loro.

E com’è difficile fare tutto questo,
com’è difficile far comprendere a loro
quanto essi di me hanno bisogno
e quanto io, a mia volta,
abbia bisogno di loro.

Se mi metto al loro stesso piano,
essi finiscono con il considerarmi
un individuo da assoggettare,
da sfruttare, da usare
senza tenere in debito conto,
senza accorgersi, magari,
di ciò che cerco di far pervenire loro
attraverso la mia esperienza passata.

Se io invece mi elevo
al di sopra di loro,
finisco col vederli ritrarre
se stessi quasi spaventati,
ritirarsi in soggezione
per ciò che io sono.

Aiutami, Padre e Madre mia,
a far loro comprendere
che se pure il mio cammino evolutivo
è molto più lungo
di quello da loro percorso,
ciò non significa che anche io
non dovrò ancora camminare;
se sono più avanti nel cammino,
non è per particolari capacità,
ma, semplicemente,
perché ciò doveva essere;
anche loro, prima o poi, giustamente,
attraverseranno il mio stesso sentiero.
Scifo, CI



18B.
Padre e Madre mia,
come far comprendere
[a chi mi è a fianco
e mi considera “evoluto”]
che, in fondo,
se sono ricoperto di materia fisica
questo sta a significare che sono 
un essere umano,
così come lo sono loro?

Come far loro comprendere
che anche io sono capace di soffrire,
che anch’io incontro la disperazione,
che anche per me la disillusione,
le illusioni infrante possono far male,
che il dolore m’addolora
e che la morte a volte mi spaventa?

Come far loro comprendere,
Padre e Madre mia,
che anche se sulle mie spalle
c’è il peso dei secoli e dei millenni,
che se anche i miei capelli
sono diventati bianchi
a forza di essere immersi
nella sofferenza in tutte le epoche,
malgrado tutto questo,
io sono ancora un essere
che abbisogna d’amore
e che amore cerca ancora
di poter donare
e di poter ricevere?

Padre e Madre mia,
forse io non riesco a essere 
abbastanza umile in quanto faccio,
o forse non vi è la possibilità
da parte degli altri
di poter penetrare la mia corazza,
così come un bambino
osserva le lacrime di un adulto
e pensa che quelle lacrime siano,
magari, soltanto un gioco.

Fa’ loro comprendere,
Padre e Madre mia,
che anche le mie lacrime, i miei sorrisi,
le mie tristezze non sono un gioco,
ma sono vere e sincere
così come lo sono le loro.
Scifo, CI


19.
Padre e Madre mia,
io comprendo la Tua grandezza,
comprendo il Tuo Amore,
comprendo la Tua pace,
comprendo che Tu,
per farmi giungere a Te,
hai posto sul mio cammino
anche la distruzione,
hai posto sul mio cammino
la rabbia, l’odio, il rancore,
l’invidia;
hai posto sul mio cammino
tutto quello che di negativo
in un individuo possa esserci.

Io comprendo
per questo la Tua realtà,
comprendo
per questo la Tua grandezza,
perché so che Tu hai permesso
che io uccidessi
e che venissi a mia volta ucciso
per farmi giungere fino a Te.

Hai permesso
che prevaricassi gli altri,
tutti i miei fratelli,
e che gli altri prevaricassero me,
per farmi giungere fino a Te.

Hai permesso
che io odiassi gli altri,
le persone che avrei dovuto,
invece, amare,
e che gli altri mi odiassero,
per farmi giungere fino a Te.

Padre mio, Madre mia,
la Tua grandezza
è fatta anche di questo;
adesso lo so.
E se la Tua grandezza
è fatta anche di questo,
anche il Tuo Amore è fatto di questo,
e sono felice per quanto mi hai amato,
sono felice che Tu mi abbia insegnato
a diventare l’Amore stesso.   
Viola, CI


20.
Padre e Madre nostra,
se ancora una volta
ci hai rivestiti di materia,
se ancora una volta
ci siamo trovati in mezzo agli altri,
incatenati ai bisogni, ai desideri,
alle necessità del nostro Io,
è perché soltanto Tu sapevi
che di questo noi avevamo
ancora bisogno.

Se ancora
abbiamo versato lacrime,
se ancora
abbiamo pianto,
perché non siamo riusciti
dare la mano a un nostro
fratello che soffriva,
se ancora
non siamo riusciti ad asciugare
quella lacrima prima che il vento
l’asciugasse per noi,
è perché Tu sapevi
che il nostro cammino,
la nostra strada,
così doveva essere.

Chissà ancora per quante vite,
chissà ancora per quante esistenze,
così dovremo essere.

Tu non puoi darci la certezza
che questa sia l’ultima esperienza,
Tu non puoi fare questo,
ma noi confidiamo in Te
e speriamo che,
prima o poi, Ti raggiungeremo,
perché siamo certi che Tu,
con un’infinita pazienza,
ci aspetterai.
Viola, CI


21.
Padre e Madre nostra,
Ti ringraziamo
per aver messo lungo la nostra via
il dolore, la sofferenza,
perché da essa noi siamo rinati
forti, felici.

Ti ringraziamo
per averci dato la gioia,
la felicità nell’osservare
anche il solo volo di una farfalla
perché con essa ci hai insegnato 
a capire, a comprendere
la Tua presenza ovunque.

Ti ringraziamo
per averci dato tanti altri fratelli
diversi da noi, ma identici a noi,
con i quali abbiamo
potuto confrontarci,
scontrarci e comprenderci
gli uni con gli altri.

Ti ringraziamo
per averci offerto l’opportunità
di ascoltare la Tua voce 
attraverso le creature
che ci circondano,
di contemplare la Tua voce 
attraverso i semplici fatti
che Tu continuamente ci invii.

Padre e Madre nostra,
Ti ringraziamo
soprattutto per averci dato
la possibilità di esistere.
Viola, CI


22.
Padre e Madre nostra
che sei dovunque,
sia reso grazie alla Tua esistenza,
il Tuo regno è già qui
sia in cielo che in terra.

Sia fatta la Tua volontà
perché essa è ciò che muove
l’intero creato,
e il Tuo regno è ovunque
un essere vive, muore,
soffre, gioisce e sente.

Dacci ogni giorno
l’impulso a migliorare noi stessi,
affinché alla nostra fame di Te
possa essere dato il pane
necessario a saziarla,
e aiutaci a donare agli altri
ciò che sentiamo da Te
venirci donato.
Viola, CI


23.
Padre e Madre nostra,
ti ringraziamo
per averci donato
occhi per vedere,
orecchi per udire,
bocca per parlare,
mente per pensare
e spirito per sentire.

Ma quante volte
facciamo buon uso
di ciò che, nel Tuo Amore,
ci hai elargito?

Quante volte i nostri occhi
hanno visto solo ciò
che volevano vedere?

Quante volte i nostri orecchi
hanno udito solo ciò
che volevano udire?

Quante volte !a nostra bocca
si è aperta solo per oltraggiare?

Quante volte la nostra mente
si è soffermata davvero a pensare?

Quante volte il nostro spirito
si è sentito davvero una parte di Te?

Padre e Madre nostra,
Ti chiediamo umilmente perdono
per il cattivo uso che facciamo
dei Tuoi doni.
Moti, CI


24.
Motore di ciò che è.
Dio presente in ogni dove.
Signore di ogni essere.
Dio che doni e che disponi.
Dio che per creare
ti è bastato affermare:
«Sia l’uomo e sia la donna».

Fa sì che chi hai creato e reso vivo
possa condurre la sua esistenza
sempre libero e sempre in pace.

Tu che sei dentro a ogni cosa,
Tu che sei fuori da ogni cosa,
nelle nuvole e nella notte,
ascoltami:
fa sì che io viva i miei giorni,
fino a che avrò bianchi i capelli,
e quando le mie membra
saranno stanche,
prendimi fra le Tue braccia
e aiutami a giungere fino a Te,
ovunque Tu sia!
Viola, CI


25.
O Altissimo,
Tu che mi hai indicato la via,
questa via che porta
dentro di me.

Io credo in Te,
Io “sento” che Tu esisti;
percorrerò con Te questa via.

Affronterò la sofferenza
che la costella,
affronterò gli ostacoli
che si pareranno davanti a me,
affronterò i pensieri
che mi diranno:
“Torna indietro
perché più avanti
c’è la sofferenza,
e alle tue spalle
può esserci la pace”.

E questo perché so,
perché ho capito, mio Dio,
che se Tu quella via mi hai indicato,
è perché alla fine della strada
Tu sei là ad aspettarmi.
Florian, CI


26.
Padre e Madre mia,
ho cavalcato
mille cavalli imbizzarriti
e da essi ho trovato in me
le parole e i suoni
che li rendevano docili
e capaci di seguire i miei desideri,
conducendomi lungo le strade
paurose della mia interiorità.

Ho incontrato sul mio cammino
orde di lupi ringhianti
dai denti snudati come barriere 
poste sulla mia strada
per fermare il mio avanzare
verso di Te,
ma ho saputo tranquillizzarli
con la luce di un mio sorriso,
con la forza della mia serenità.

Mi sono imbattuto in tempeste
che facevano rivoltare i mari,
portando in alto quello che era in basso
e ricacciando negli abissi più profondi
quello che era in superficie,
e sono rimasto a galla
sopra il pelo delle acque turbolente
solo grazie alla convinzione che io,
qualunque cosa potesse accadere,
non sarei mai morto veramente.

Ho sfidato il fuoco più ardente,
il lampo più abbagliante,
la grandine più tambureggiante
riparandomi sotto la volontà 
di giungere indenne
nel porto della mia anima.

Ho attraversato momenti 
in cui il mio corpo
mi è sembrato un peso inutile
e ingombrante
di cui avrei voluto poter fare a meno.

Ho percorso ore interminabili 
in cui orgoglio,
paure e rancori cercavano di ridurmi
come un fuscello in balia del vento,
pronto a spezzarsi
frammento dopo frammento.

Ho vissuto periodi
in cui i miei pensieri
sembravano essere pensati
soltanto allo scopo di ferire
me stesso o, peggio ancora, 
di ferire gli altri.

Eppure, sempre,
qualcosa dentro di me
è riuscito a modificare
ciò che attraversavo,
aggrappandosi con tutta
la sua speranza
al piacevole soffio
di un vento primaverile,
o alla risata senza imbarazzo
di un bambino,
o all’incontro con una nuova,
inaspettata, meravigliosa idea.

Infine, Padre e Madre mia,
ti ho scorto
e tutto ciò che ho vissuto
mi è apparso nella sua grandezza,
facendomi riconoscere 
che di tutto ciò, indubbiamente,
avevo bisogno per arrivare
a essere una parte cosciente di Te.
Andrea, CI


27.
Padre e Madre mia,
quante volte
nel corso della mia esistenza,
io mi rivolgo a Te
per chiederTi qualcosa,
eppure è un po’ di tempo
che non provo più quel desiderio.

Penso di aver oramai compreso
che Tu già mi dai tutto ciò
di cui io posso aver bisogno,
e che è soltanto
la mia mancanza di comprensione
che mi impedisce di vedere,
in certi momenti,
quanto grande
è la Tua magnificenza.

Padre e Madre mia,
io osservo le mie mani,
osservo il mio corpo,
osservo il mio viso allo specchio 
e mi tuffo nei miei occhi,
e in essi resto catturato
come se fossero delle porte
su degli universi incommensurabili;
guardo le espressioni
che un lieve muovere delle ciglia
riesce a comunicare,
guardo la gioia,
la felicità, la tristezza,
l’amarezza, l’ira che,
con pochissimo sforzo,
riescono a manifestare e mi chiedo:

«Se una cosa così piccola
riesce a fare così tante cose diverse,
stupefacenti nel loro piccolo
eppure meravigliose,
che complessità ha l’interezza
del mio corpo
e quali enormi possibilità
di espressione esso possiede
che io neppure riesco a immaginare,
a comprendere fino in fondo?».

A quel punto,
quasi annichilito dalla grandezza
di quel microcosmo che io sono,
di quella grandiosa realtà
che Tu rifletti e in Te si riflette,
non posso far altro,
Padre e Madre mia,
che ringraziarTi per la Tua bontà.
Scifo, CI


28.
Io volevo chiederti,
Padre e Madre mia,
quand’è che raggiungerò
la Realtà con la ‘R’ maiuscola,
ma ho l’impressione
che una domanda del genere
non mi avrebbe fruttato molto perché,
ascoltando quanto i Tuoi deva
hanno manifestato nel tempo,
posso arrivare da solo a una conclusione,
che da una parte è logica ed evidente
e dall’altra parte è disarmante.

Infatti, mi sono risposto da solo
che arriverò alla Realtà
con la ‘R’ maiuscola
soltanto nel momento in cui avrò
svelato tutta l’illusione.
Certo, non può essere che così!

Questa non può essere che la verità,
ma per me, immerso nell’illusione
di tutti i giorni,
immerso nei veli d’illusione che l’Io
quotidianamente mi mette davanti,
non posso che sentirmi a volte stanco
e quasi disperato nel rendermi conto
di quanta difficoltà incontro
nel mio tentativo di alzare il sipario
di questo Teatro delle Ombre.
Scifo, CI


29.
Padre e Madre mia,
la Tua immensa bontà 
ha tracciato per noi
innumerevoli strade
che portano alla nostra realtà,
e ogni strada ha il volto,
il corpo e la voce
di chi, quotidianamente, 
viene a contatto con noi.

Aiutaci a pensare agli altri uomini
come vie per raggiungerTi,
consapevoli della loro presenza,
certi della loro utilità,
riconoscenti per la loro esistenza,
felici del fatto che se loro sono
qui per me,
a mia volta io son qui per loro,
sicuri di ritrovarli tutti, uno per uno,
lungo le innumerevoli strade
che dalla nostra realtà portano a Te.
Rodolfo, CI


30.
A Te, Padre e Madre mia,
a Te che sembri così insensibile,
a volte, così indifferente,
così lontano dalla mia realtà,
così apparentemente freddo,
così incapace di fare un miracolo per me
allorché io Te lo chiedo,
così insensibile da non saper
togliere dal mio cammino
tutte le cause di sofferenza.

A Te, Padre e Madre mia,
io rivolgo il pensiero
sicuro che, in realtà, sono io l’insensibile
sono io l’incapace, sono io il freddo,
sono io che guardo Te
e, cercando d’immedesimarmi in Te,
non faccio altro che creare
una brutta copia di ciò che io sono.
Moti, CI


31.
Altissimo Signore,
in questa sera
non possiamo che ringraziarTi
per averci donato,
in mezzo a tutti i doni che ci hai elargito,
anche la speranza.

La speranza che ci fa superare
gli ostacoli e le difficoltà;
la speranza che dà la forza di vivere,
la speranza che ci fa sorridere
anche nel momento
più profondo del dolore
e, soprattutto,
quella speranza che accompagna
l’uomo dal suo nascere
e che, nel momento
dell’estremo saluto, così ci fa dire:
«Sia fatta la Tua volontà, e non la mia».
Florian, CI


32.
E se io, Padre e Madre mia,
riuscissi a essere veramente me stesso;
se io riuscissi a far arrivare
sul piano fisico ciò che veramente sono,
ciò che il mio sentire è arrivato
a comprendere?

Se io fossi in grado
di comunicare agli altri
questo profondo sentire
che è dentro di me
e che non riesce ad arrivare pulito
alla manifestazione esterna,
chissà come apparirei agli occhi degli altri!

Forse un Maestro?
Forse una persona presuntuosa?
Forse un millantatore, un imbroglione,
uno che si mette al di sopra degli altri?

Se io veramente possiedo un sentire
che mi permette di aiutare gli altri,
di mettere la parte migliore
di me stesso a disposizione,
devo per forza possedere
anche quell’umiltà che, sola,
può far accettare la mia condizione
a chi mi sta attorno.

In realtà chi possiede
un’ottima evoluzione
molte volte corre il rischio
di venire isolato,
di non venir compreso,
di venire ora amato ora ripudiato,
ora stretto ora allontanato.

Eppure tutto questo
sembra un nonsenso;
alla mente sembra inconcepibile
il pensiero che l’evoluto
non riesca a manifestare se stesso
in maniera tale da cambiare 
la vita propria,
ma principalmente anche
– come ci si aspetta da ogni
buon evoluto –
la vita degli altri.

Non è così strano
come può sembrare,
poiché si può cambiare
la vita degli altri
soltanto nel momento in cui
gli altri sono disponibili
a cambiarla, altrimenti
– Tu lo sai molto meglio di me –
nessuno può essere in grado
di fare nulla.
Scifo, CI


33.
È a Te, altissimo Creatore,
che rivolgo il mio pensiero
cercando di raggiungerti
laddove Tu sei,
incerto, ogni volta,
di esserci riuscito.

Io Ti prego,
Altissimo Signore,
stai vicino a tutti noi
che soffriamo,
tendi una mano
a tutti coloro che,
in preda alla sofferenza fisica,
hanno bisogno di sentire
la carezza di una persona amata.

Metti nei nostri occhi,
nei momenti di sofferenza,
la capacità di osservare
e meravigliarsi e stupirsi,
di commuoversi
per un semplice tramonto.

Aiutaci a trovare dentro di noi
quella saldezza,
quella forza che ci fa credere
che Tu, Altissimo Signore,
sei sempre e comunque
accanto a noi.
Vito, CI


34.
A Te, 
Signore del giorno
e della notte,
Signore del passato,
del presente e del futuro,
a Te e a Te soltanto 
io dedico le mie lacrime.

A Te, a Te soltanto io dedico
ogni sorriso che trovo
nel corso della mia vita.

A Te, a Te soltanto dedico
la mia ansia di comprendere,
il mio tentativo di andare
incontro agli altri
e il mio dispiacere quando gli altri
sembrano allontanarsi da me.

A Te, soltanto a Te dedico
la paura delle mie notti,
l’ansia dei miei giorni,
la felicità della mia vita.

A Te, soltanto a Te dedico
tutto me stesso
perché è a Te, soltanto a Te, 
che tutto me stesso riconduce.
Vito, CI


35.
Se io Ti amassi veramente,
Padre e Madre mia,
allora amerei
tutto ciò che Ti appartiene.

Amerei il mondo che vedo
intorno a me.
Amerei ogni gioia e ogni dolore
che vedo manifestarsi
in questo mondo.

Amerei tutti i colori
che lo rendono vivo.
Amerei la più piccola
delle creature che lo animano.

Arriverei persino ad amare 
me stesso.
Ma, ahimè,
io non Ti amo veramente,
Padre e Madre mia,
mi illudo soltanto di farlo,
poiché trovo sempre qualche cosa
da criticare in ciò che Tu hai creato.
Vito, CI


36.
Padre e Madre mia,
Tu sei il mare e io sono una goccia,
eppure, nel mio essere una goccia
contengo il Tuo essere mare.

Verrà il giorno,
Padre e Madre mia,
in cui goccia e mare non saranno
più distinguibili,
e allora l’opera tua sarà compiuta.
Scifo, CI


37.
Se io fossi capace,
Padre e Madre mia,
di guardare veramente
in fondo al mio cuore
cosa troverei?

Forse riuscirei a trovare Te,
la Tua voce o il Tuo silenzio,
o forse non troverei nulla,
neanche la più piccola
apparenza di emozione,
e magari mi accorgerei
che nel corso delle giornate,
tutto quello che dico
e faccio è una recita,
per me stesso o per gli altri.

Il più grande mistero
che io posso affrontare,
non è la Tua esistenza,
non è l’esistenza della Realtà
con la «R» maiuscola:
cosa mi importa, in fondo,
della sua esistenza
se io non ci sono?

Il mio mondo è centrato
sul fatto che «io» esisto
in questa realtà;
ed è questa realtà,
la mia piccola realtà,
la mia soggettiva realtà,
la mia a volte triste
a volte allegra realtà,
ciò che deve costituire il perno,
la ragione di questa
mia stessa esistenza.

Io credo profondamente che,
se sono qua,
in questa mia soggettiva
e unica realtà
è perché è di questa mia soggettiva
e unica realtà che ho bisogno.

E allora bisogna che la osservi,
bisogna che la guardi,
bisogna che la comprenda,
bisogna che la analizzi,
bisogna che entri dentro
la mia realtà
invece di restarne sempre
e comunque fuori,
come se fosse qualcosa
che non mi appartiene,
qualcosa che ho paura di osservare,
qualcosa che esiste per gli altri,
o per far da specchio agli altri,
e non per essere lo specchio
di ciò che io sono
e di ciò che, invece, potrei essere.

Padre e Madre mia,
dammi fino in fondo la forza
di osservare veramente me stesso.
Moti, CI


38.
Padre e Madre nostra,
come possiamo ringraziarTi
di aver messo
sulla nostra strada la felicità,
la vera felicita che è soltanto
quella di essere consapevoli
che Tu sei noi 
e noi siamo Te?
Viola, CI


39.
Padre e Madre mia,
non è in un giorno prefissato
che io mi ricordo di Te,
ma ogni giorno 
della mia vita
Tu sei presente nel mio sentire
e da questa Tua presenza
io traggo la forza
per venirti incontro,
affinché la distanza
che sembra separarci
possa diminuire
più velocemente.

Se il primo giorno
sarà il mio lavoro
che richiederà la mia attenzione,
io mi osserverò mentre
lo starò compiendo,
per riuscire a trarre da esso
la capacità di essere giusto e onesto.

Se il secondo giorno
sarà la mia famiglia
che avrà bisogno di me,
a essa mi donerò
cercando di capire perché
ha dovuto chiamarmi
senza che io mi accorgessi
da solo del suo bisogno.

Se il terzo giorno
i miei amici mi cercheranno
per raccontarmi le loro gioie
e i loro dolori,
io li ascolterò,
cercando nelle loro parole
la comprensione delle gioie
e dei dolori che mi appartengono.

Se il quarto giorno
avrò il desiderio di divertirmi,
non mi nasconderò questo desiderio
ma dedicherò quei momenti
di distensione alla speranza
di affrontare me stesso
con maggiore serenità.

Se il quinto giorno
i miei problemi mi assaliranno,
cercherò di ricavare
da essi quella forza
che so che Tu hai messo
a mia disposizione.

Se il sesto giorno
vedrò una mano che si tende,
farò in modo di trovare,
anche se le mie tasche
saranno vuote,
almeno il bagliore
di un sorriso.

E il settimo giorno
mi volterò a osservare
quell’uomo che mi sono
lasciato alle spalle
e che è solo appena
diverso da me, fisicamente,
ma che, in realtà,
non mi assomiglia più per nulla.
Scifo, CI


40.
Mio Dio, Padre Celeste
di tutte le creature!
Colui che Tutto È, Assoluto Amore,
come posso io, piccola creatura,
avere l’ardire di comprenderTi,
come posso io misera creatura
pensare ad avvicinarmi a Te?

Eppure io so che,
nonostante queste paure,
nonostante questi timori
che mi frenano in alcuni momenti,
la  ragione del mio esistere
è proprio l’avvicinarmi a Te,
l’arrivare a comprenderTi,
e so che anche Tu ti aspetti
proprio questo dalle Tue creature.

Le cose del mondo,
le cose più belle del mondo,
a un certo punto non avranno 
più alcun interesse per l’individuo
che sentirà nascere in sé
un bisogno più intimo,
più profondo, più impellente
di arrivare a comprenderTi,
perché saprà che nel momento
in cui avrà compreso Te,
avrà compreso anche tutta la Realtà.
Viola, CI


41.
Tu sei la Realtà,
Tu sei Colui che Tutto È
e noi siamo consapevoli
di essere una piccola parte di Te,
e siamo consapevoli che
anche se ci tenessimo per mano,
unendoci gli uni agli altri,
non riusciremmo mai,
tutti quanti assieme, a essere Te.

Eppure sappiamo
che deriviamo da Te,
che ognuno nel nostro cuore
porta questa parte di Te
che lo fa sentire unito
agli altri fratelli,
e questo afflato,
questo bisogno di amare
e di amore
giace in ogni creatura.

È impensabile credere
che esistano individui
che non sentano al loro interno
questo bisogno,
questa necessità, 
questa spinta all’amore;
magari è un bisogno,
una necessità inconscia,
magari non avvertita
dall’individuo stesso,
ma senz’altro c’è.

Perché se tutto è amore,
se noi stessi 
– piccole e misere creature –
siamo amore,
ogni fratello e ogni sorella
portano con sé questo Amore.

Dio mio,
Madre di tutte le creature,
che grande gioia ci dai
nel poterTi riconoscere!
Viola, CI


42.
Sia lode a Te, o Signore,
per tutto ciò che Tu hai creato.

Sia lode a Te, o Signore,
per la bellezza che vivifica il mondo.

Sia lode a Te, o Signore,
unico Principio Reale esistente
di ciò che ha creato la Realtà.

Sia lode a Te, o Signore,
la cui energia guarisce il mondo.

Perché da ogni dolore
ricavo la possibilità
di esaminare me stesso
e di comprendere
quello che avrei dovuto
e potuto fare
per non far sorgere in me
e in altri questo dolore.

Perché dal mio tormento
nasce il dubbio,
e a ogni dubbio
io ho la possibilità
di rinascere nuovo a me stesso.

E di questo sia lode a Te,
o Signore.
Anonimo, CI


43.
Padre mio,
mio dolcissima Madre,
ah, se io Ti amassi,
anche soltanto una piccola parte
di quanto Tu mi ami,
se io credessi,
anche soltanto una piccolissima
parte di quanto Tu credi in me,
se io avessi fede in Te,
anche soltanto una piccolissima
parte di quanto Tu hai fede in me.

Ma vedi, Padre e Madre mia,
la differenza forse sta
semplicemente nel fatto
che Tu sai che io sono parte di Te,
ma io non so, sicuramente,
del tutto, in modo convinto,
di essere parte di Te.
Moti, CI


44.
A te, Padre e Madre mia,
con tutto l’amore che conosco,
io rivolgo il mio ringraziamento.

Certo non tutto ciò che Tu mi invii
è facile da affrontare,
certo alla mia mente avventata
sembrano molti di più i momenti
di dolore, di sofferenza
che i momenti di gioia e di felicità.

Ma, quando il vento
che mi ha portato con sé
smette di soffiare
e io riesco a trovare in me
un attimo per guardare indietro,
mi accorgo che, alla fin fine,
gioia e dolore
finiscono per equivalersi
e sono stato io, soltanto io,
nella mia avventatezza,
che non ho saputo vivere
intensamente la gioia tanto quanto
ho vissuto intensamente il dolore.

Sono stato io
che non ho saputo assaporare
ogni aspetto della mia vita,
che pure esiste per me, è così per me,
per farmi crescere, non per punirmi
o per altre motivazioni.

Con quelle poche parole,
Padre e Madre mia,
che io riesco a trovare
faticosamente nella mia mente,
Ti ringrazio comunque e sempre
per avermi dato quel dono che è la vita,
che così spesso io non riesco
a riconoscere come tale.
Grazie, Padre e Madre mia,
comunque e sempre.
Moti, CI


45.
Grande Spirito che tutto circondi,
io mi riconosco nelle tue creature,
siano esse una pianta,
siano esse un animale,
siano esse un essere umano,
ma questo purtroppo accade
soltanto a tratti.

Se davvero
io mi riconoscessi in Te,
attraverso la mediazione
di tutto ciò che mi circonda,
in quell’attimo non avrei più bisogno 
di tornare a vivere.

Eppure sono proprio quei momenti,
Grande Spirito, Padre e Madre mia,
che mi spingono e mi danno la forza
per andare avanti.
Hiaiuatha, CI


46.
Padre e Madre mia,
se quanto accade è per il nostro bene,
perché è necessario che accada,
fa’ sì che io non resti mai insensibile
a ciò che avviene,
ma trovi in me la motivazione
per interiorizzare l’esperienza 
di chi sta soffrendo
così da arrivare a comprendere
ciò che mi è necessario.

Padre e Madre mia,
aiutami a essere d’esempio agli altri
affinché chi, per cattiva comprensione,
cerca di prevaricare gli altri,
riesca, osservandosi,
anche magari soltanto
per un momento,
a fermare il suo agire 
e a rendersi conto
di quanto sta facendo.

Padre e Madre mia,
fa’ sì che io non sia passivo
di fronte alla Realtà,
ma collabori con essa, 
affinché il fine ultimo
venga raggiunto in armonia,
da tutti.
Moti, CI


47.
Padre e Madre mia,
nella mia vita di tutti i giorni,
a volte riesco anche a trovare
un momento per distogliermi
dal mondo e cercare la Verità.

I miei occhi, allora,
si volgono intorno,
osservano ciò che li circonda;
le mie orecchie 
si tendono ad ascoltare
anche il più piccolo suono
alla ricerca di una parola di Verità;
la mia mente analizza,
esamina, critica, giudica;
tutto il mio essere, in fondo,
è teso verso la ricerca.

Eppure, Padre e Madre mia,
la verità sembra allontanarsi
sempre di più da me,
e come un fantasma malizioso
mi sfugge tra le dita
non appena sembra che io stia
per afferrarla,
e mi schernisce, mi deride
e sparisce dietro all’angolo
della mia mente.

Padre e Madre mia,
aiutami, Ti prego:
se io sento interiormente
questo bisogno di Verità,
se io sento che conoscere
la Verità può darmi pace,
può farmi essere diverso,
sostienimi,
Tu che sei infinito Amore,
per aiutarmi in questa mia ricerca
affannosa e così spesso disperata.
Moti, CI


48.
Padre e Madre mia,
io non riesco ad accettare 
le persone intorno a me,
questa mia difficoltà ad accettare
mi sembra che punti il dito accusatore
verso di me per dirmi:
«Tu, che non accetti gli altri,
è semplicemente perché
non accetti te stesso».

È facile dire così,
certamente sono lontano 
dall’accettare veramente me stesso,
così come sono lontano
dall’accettare veramente gli altri,
ma questa «accettazione» che io cerco,
so davvero, sento davvero che cosa è?

È una cosa dettata
dalle leggi del vivere comune,
è una cosa dettata
dagli archetipi sociali,
è una cosa dettata
dai dogmi della religione
o è qualcosa di diverso,
qualcosa che devo sentire nascere
e premere,
crearsi e crescere dentro di me,
e darmi la percezione di essere
e di avere un posto e un valore?

Forse, Padre e Madre mia,
se io mi preoccupassi meno di quello
che gli altri pensano di me
e di più di ciò che io penso
di me stesso,
gran parte dei miei problemi
avrebbero un altro significato
e un altro senso.
Rodolfo, CI


49.
Padre e Madre mia,
com’è difficile questa vita
che Tu mi hai donato!

Com’è difficile percorrere
la strada che Tu hai tracciato
e che con tanta facilità
io perdo di vista nel mio affannoso,
faticoso andare avanti!

Molte sono le cose
che mi distolgono dal sentiero,
tante sono le paure
che rendono incerto il mio camminare.

Tanti, tantissimi sono i desideri
che mi fanno perdere di vista
per un attimo, o per intere vite,
qual è la direzione giusta
che stavo percorrendo.

Eppure, alla fine,
Padre e Madre mia,
so che la strada è sempre lì,
e sono certo che non la perderò
mai veramente perché la Tua voce
mi chiama comunque in continuazione,
senza sosta, con amoroso
e sollecito affetto.

È a questo amoroso e sollecito affetto
che io affido la mia vita,
la mia esistenza, i miei dubbi,
le mie paure, i miei desideri,
le mie fatiche, le mie ore, i miei giorni,
il mio essere qui, in Te e con Te.
Rodolfo, CI


50.
Padre e Madre mia,
io mi guardo attorno a ogni istante
che passo lungo la mia strada faticosa
e resto colpito, emozionato, frastornato
da ogni cosa nuova che incontro
e che mi fa comprendere quanto poco,
in realtà, io conosca e sappia.

In quei momenti, in quei rari,
rarissimi momenti,
io riesco per un attimo a trovare
veramente in me
il senso dell’umiltà:
allorché mi sento sperduto,
piccola goccia di colore anonima
– ma non per questo meno importante –
sulla grande tela che Tu,
con infinita pazienza,
costanza e bontà hai creato.

Eppure, tendo l’attimo successivo
a dimenticarmi di quel senso di piccolezza 
di cui mi ero impadronito,
tendo a pensare a me stesso come se fossi
il centro intero dell’universo,
e non soltanto il piccolo centro
del mio universo personale
del quale sono abituato a considerarmi
signore onnipotente e padrone.

Perdo il senso della vastità
del Tuo «Disegno»,
perdo il senso della grandezza,
delle sfumature,
delle variazioni che Tu hai saputo creare,
perdo il senso della realtà
delle altre gocce che sono sulla tela
assieme a me.
Scifo, CI


51.
Una cosa mi chiedo,
Padre e Madre mia:
mi guardo nel mio essere
in contrasto con gli altri;
mi guardo nel mio voler
essere più degli altri;
mi guardo nel mio lottare
con gli altri e con me stesso;
mi guardo nel mio essere io
tutti i giorni,
un giorno dopo l’altro, e mi chiedo:
«Ma se davvero voglio cambiare 
la mia vita,
allora perché non la cambio?»
Moti, CI


52.
Quante volte, Padre e Madre mia,
quante volte io potevo comprendere
e non ho compreso.

Quante volte
potevo fare e non ho fatto.

Quante volte
io potevo aiutare
eppure non ho aiutato.

Quante volte
ho proiettato me stesso lontano
quando c’era bisogno di me vicino.

Quante volte
mi sono dimenticato
della Tua esistenza
per cercare soltanto
ciò di cui avevo bisogno,
senza rendermi conto
che c’erano altri bisogni
di cui ero responsabile.

Cosa devo fare,
Padre e Madre mia,
sentirmi in colpa per questo?

Proprio tu mi hai insegnato
che sentirsi in colpa non serve a nulla.
Tutto ciò che posso fare
è cercare da domani di essere diverso.
Moti, CI


53.
Padre e Madre mia,
perdonami l’orgoglio
che mi impedisce
di chiedere scusa
per un mio errore;

quello stesso orgoglio
che non mi fa piegare
di fronte all’altrui ragione;

quello stesso orgoglio
che mi fa incrinare un matrimonio,
rovinare un rapporto,
sciupare un’amicizia,
piuttosto che chinare il capo
e ammettere di avere errato.

Ti prego, Padre e Madre mia,
perdonami anche per quell’orgoglio
che non mi fa accettare
le idee degli altri;

che mi impedisce
di sentirli miei fratelli
anche nei momenti in cui
mi rivolgono delle critiche
– giuste o sbagliate che esse siano –

che non mi fa comprendere
che un rimprovero,
una opposizione,
possono anche essere segno
di aggressività repressa
ma sempre sono segno
di non indifferenza,
cioè d’amore nei miei confronti.

Concedimi il Tuo perdono,
Padre e Madre mia,
per tutte le lacrime che,
per orgoglio,
non ho lasciato sgorgare
dai miei occhi.

Tu lo sai che c’erano,
ed erano copiose dentro di me,
ma sai anche quanta fatica mi costa
mantenere integra la mia immagine
di essere orgoglioso, forte,
invulnerabile alle avversità,
intoccabile dal dolore.

Aiutami, Ti prego, Padre e Madre mia,
a trovare l’unico orgoglio
che veramente valga la pena
di possedere:
quello di sentirmi una Tua creatura
e di poterTi chiamare Padre e Madre.
Viola, CI


54.
Bastò che tu dicessi:
«Sia la Luce» e la Luce fu.
Ciò che Tu vuoi È, mio Dio,
perché Tua è la volontà.

Essa è uno dei Tuoi aspetti
e da Te pervade il Creato;
essa è il filo che lega
a Te ogni individuo,
è la scala sulla quale
ogni uomo può salire
fino ad arrivare
a sprofondare in Te.

Chi vuole davvero,
sa amare davvero,
e chi ama davvero
sa riconoscere l’Amore,
e chi riconosce l’Amore
non può non riconoscerTi.

Chi Ti riconosce
non può non comprendere
di essere una Tua parte,
una piccola immensa scintilla
della Volontà e dell’Amore
che da Te emana
e che a Te riporta.

Al di là
dei fallaci pensieri,
al di là
delle imperfette sensazioni,
al di là
delle egoistiche società,
al di là
delle infinitesime conoscenze,
al di là
delle speranze,
delle paure,
dei dolori e delle gioie,
dei desideri e del continuare
a essere schiavi del nostro Io,
dacci sempre la volontà di volere.

Accompagna
con il Tuo Amore
il nostro brancolare nel buio
della nostra inoperosità,
alla ricerca
di ciò che «sentiamo»
esistere in noi,
ora calpestato, ora deriso,
ora schernito, ora sfuggito,
ora cercato, ora temuto,
ora maledetto, ora agognato
e che si chiama Amore.
Viola, CI


55.
A Te, Padre e Madre mia,
mi rivolgo con parole 
forse già troppo conosciute
e ti sussurro con tutto l’amore
che riesco a trovare dentro di me:

Padre nostro che sei nei cieli,
sia santificato il Tuo nome,
venga il Tuo regno,
sia fatta la Tua volontà
così in cielo come in terra.

Io spero, Padre e Madre mia,
di amarTi almeno una piccola parte
di quanto Tu sempre mi hai amato.
Florian, CI


56.
Padre e Madre mia,
osservando la mia vita
mi sembra che essa compia
il suo ciclo dal buio
per ritornare al buio
e tutto questo aggiunge ansia
al mio vivere l’esistenza.
Scifo

Figlio, figlia mia,
tu osservi le tue vite
come fossero una candela
che ora si accende
e ora si spegne,
ora si accende ancora
per spegnersi nuovamente,
in continuazione.

Ma come posso
farti comprendere
che non è la candela
quello che è importante per te,
bensì la luce che la anima?

Ma come posso
farti comprendere
che se tu sapessi osservare 
con attenzione,
scopriresti che non esiste
un attimo in cui non vi è la luce,
ma sempre essa è presente
in maggiore o minore misura?

Ma come posso
farti comprendere
che è proprio soltanto
questa variazione della sua intensità
ciò che costituisce un ciclo
delle tue molte esistenze?
Labrys, CI


57.
Al di là del bene e del male,
al di là delle frontiere
che mi separano
dai miei fratelli,
al di là del dolore,
che mi fa rinchiudere
come se fossi
dentro a un’ostrica,
al di là di tutto questo
ho conosciuto l’Amore.

Ma non quell’amore
che voi potete pensare,
ma quell’Amore che riesce
ad andare oltre al bene
che io posso aver creato,
e al male che io posso
aver arrecato ai miei fratelli.

Al di là di tutto questo,
al di là del pensiero
di essere legato alla materia,
si può incontrare l’Amore.

Anche voi incontratelo,
affrontate i fantasmi
della mente
che vi tengono legati
al bene e al male,
alle frontiere,
alla separatività,
all’egoismo,
a tutto ciò che fa di voi
un essere ancora meschino
e pieno di illusioni.
Florian, CI


58.
Se io conduco la mia vita
senza far male a nessuno,
se lavoro facendo esattamente
quello per cui vengo pagato,
se so accarezzare i miei figli
quand’è il momento,
o, quand’è il momento,
corteggiare la mia compagna,
se conduco la mia vita
in questo modo,
chi potrà mai dire
che non ho vissuto
nel modo giusto?
Scifo

Se, figlio, figlia mia,
nel tuo non fare male agli altri
non trovi il modo
di aiutare gli altri;

se il tuo lavoro
è in proporzione
a quanto ricevi,
e non è fatto perché
è il tuo senso del dovere,
della giustizia
e anche del piacere
che ti induce a lavorare;

se ai tuoi figli
non neghi una carezza
allorché da essi
ti viene richiesta,
tuttavia non sai dare loro
una carezza quando meno
se l’aspettano e senza motivo;

se alla tua compagna
non neghi il tuo amore,
eppure questo tuo amore
te lo tieni in tasca
quando essa non te lo richiede;

io non posso affermare
che tu vivi la tua vita
in modo sbagliato,
ma neppure
posso affermare
che la tua vita
sia condotta veramente
nel modo più giusto.
Moti
, CI


59.
Quando comprenderò
con tutto me stesso che
«Tutto È Uno»
che sarà di me,
Padre e Madre mia?
Moti

Tu non avrai più la tua famiglia,
ma ogni uomo, animale, pianta,
cristallo sarà un membro
della fratellanza universale.

Non ti vedrò più lavorare al fine
di raggiungere maggior prestigio
e maggior guadagno,
ma il tuo lavoro sarà eseguito
nella coscienza di contribuire,
nel tuo possibile,
a creare un mondo
in cui la Mia voce
sarà la voce del Tutto.

Non avrai più amici
perché non considererai
più alcun nemico.

Quando darai,
lo farai senza bisogno
che il dare ti venga richiesto
e senza che esso venga dettato
dai tuoi bisogni personali.

Non avrai più padroni,
dipendenti, superiori e inferiori,
ma in ogni altro tuo simile
tu vedrai te stesso
in una delle tante tappe
che avrai percorso
o che dovrai ancora percorrere.

Le tue preghiere non avranno più
un indirizzo e una forma,
ma la tua vita, i tuoi pensieri,
le tue parole e i tuoi sentimenti
diverranno essi stessi,
senza intenzione, preghiere.

Perderai la passione, l’orgoglio,
l’invidia, tutto quello che hai
o che desideri avere.

Il desiderio, la presunzione
non ti spingeranno confusamente
verso la ricerca di Me 
perché Io ti apparirò presente
in tutto ciò che ti circonda,
e ciò che a ogni istante ti donerò
ti basterà per sentirti appagato,
unito e inscindibile da ogni creatura
che ho posto per te sulla tua via.

Non avrai più bisogno di chiamarmi,
di cercarmi, di adularmi,
di combattermi, di rifiutarmi,
di accettarmi, di capirmi,
perché Io sarò te e tu sarai Me
in un modo così profondo
che di nient’altro avrai bisogno 
che di questa consapevolezza.

Se sorriderai
diventerai il Mio sorriso,
se porgerai aiuto
sarai la Mia mano,
se consolerai
sarai una Mia carezza,
se accetterai un’offesa
sarai la Mia carità,
se parlerai
sarai la Mia voce,
se abbraccerai
sarai la Mia dolcezza,
se sopporterai
sarai la Mia pazienza,
se perdonerai
sarai la Mia pietà,
se amerai
sarai il Mio amore
e ciò che darai a ogni Mio atomo
Ci apparterrà per sempre,
figlio, figlia Mia.
Viola, CI


60.
Padre e Madre mia,
guardo il mattino nascere
dietro i monti,
il cielo che si rischiara,
l’aria fredda della notte
che lentamente si intiepidisce,
ed ecco che mi prende
un’emozione improvvisa:
sento che tutto mi parla di Te.

E vivo la mia giornata,
una giornata come tante,
con le mie speranze,
le mie delusioni, 
le mie illusioni, i miei trasporti,
e la sera,
guardando l’orizzonte
vedo il sole che si tuffa
nelle acque in un tripudio
di colori dalle mille sfumature;
in quel momento penso
che davvero tutto mi parla di te.
Anonimo

Figlio, Figlia mia,
sono pochi i momenti
in cui tutto ti parla di me!

Se tu sapessi
veramente cercare,
se tu avessi vera
attenzione verso ciò che Io Sono,
anche la donna
che all’angolo della strada
vende il suo corpo
ti parlerebbe di me,
anche il drogato
che in un vicolo oscuro
si cerca la vena
per compiere il suo destino,
anch’egli ti parlerebbe di me.

Se tu guardassi le tue mani,
ogni più piccola linea
del palmo di esse
ti parlerebbe di me,
perché io non sono, figlio mio,
soltanto nelle cose belle,
Io sono il Tutto che in Tutto esiste,
Io sono Colui che E’ e tutto,
veramente tutto
ti può parlare di me.
Anonimo, CI


61.
A te che mi chiedi
com’è possibile rendere migliore
il mondo in cui ti trovi
a condurre la tua esistenza,
non posso dire altro
che questo accadrà
quando tu diventerai
bastone per lo zoppo,
vista per chi è cieco,
suono per chi è sordo,
parola per chi è muto,
sorriso per chi piange,
allegria per chi è triste,
amore per chi odia.
Allora, il mondo cambierà.
Moti



62.
Per amare veramente gli altri,
devi riuscire ad amare
prima di tutto te stesso.
E tu mi chiedi:
«Come posso amarmi,
se io mi vedo meschino,
egoista, distante, disinteressato,
pronto a prendere,
poco disposto a dare?

C’è una sola via
perché tu possa amare te stesso
pur continuando a guardare
nelle tue profondità:
questo modo è osservare
tutti i tuoi possibili
e immaginabili difetti,
esserne consapevole
e accettarli.

Accettarli non significa
dire semplicemente «io sono così»
e girare l’attenzione da un’altra parte,
significa invece essere consapevoli
di come si è,
operando nel corso della giornata
per trasformare quel modo.

Questo significa
«amare se stessi»;
ovvero non restare
immobili in ciò che si è,
ma mutare di volta in volta
col mutare della propria interiorità.

Non restare attaccati
a ciò che si era ieri,
ma vivendo quello che si è
nell’attimo in cui
ci si sta osservando.

Essere consapevoli
che il momento dopo 
si sarà diversi:
il cammino va sempre avanti,
ciò che adesso ci appartiene,
domani sarà superato e migliore,
e nel momento in cui sarà superato
voi potrete veramente
amare voi stessi,
e amare se stessi
significa amare gli altri.
Scifo, CI


63.
Per poter muovere un appunto
a qualunque altro tuo fratello,
è necessario che tu sia in pace
con la tua coscienza.

Se nulla hai da rimproverarti,
se nulla hai da nascondere agli altri,
se nulla hai che ti possono imputare,
allora sì,
forse hai un piccolissimo diritto
di puntare il dito
su ciò che ti sembra
sbagliato nell’altro.

Altrimenti taci, 
osserva te stesso e ricorda
che comunque ognuna
di quelle persone
è un essere umano
e ha i suoi bisogni,
i suoi perché, le sue necessità,
che certamente non rendono
meno errati i suoi comportamenti,
ma tuttavia
ti devono mettere in grado
di far sì che tu, proprio tu intanto,
non faccia gli stessi errori
che imputi agli altri;
in quel momento non troverai
più nulla da ridire contro nessuno.
Moti, CI


64.
Le tue preghiere non hanno,
in fondo, alcun significato,
perché tutto ciò
che io posso fare per te,
tutto ciò che io posso darti,
io te lo darei comunque
senza bisogno che tu me lo chieda;
la tua preghiera è soltanto
una speranza del tuo Io
per essere esaudito
in ciò che egli vuole e nulla di più.

Se davvero vuoi rivolgere
una preghiera efficace,
una preghiera
che ottenga grandi risultati,
una preghiera che cambi la tua vita,
una preghiera che ti renda diverso,
una preghiera
che ti faccia modificare la tua realtà,
allora assapora consapevolmente
la tua vita.
Moti, CI


65.
C’è un tempo per vivere
e un tempo per morire,
c’è un tempo per gioire
e un tempo per piangere,
c’è un tempo per abbracciare
e un tempo per allontanare,
un tempo per stringere
e un tempo per lasciare,
c’è un tempo per tutto,
ma non lasciate che il tempo 
vi scivoli addosso
in modo tale che voi possiate
poi dire che il vostro tempo
è stato vissuto invano.
Florian, CI


66.
Figlio, figlia mia,
tu mi hai dato centinaia
di nomi diversi,
tu mi hai attribuito la capacità
e la possibilità di decidere
il bene o il male
per intere nazioni
facendomi un Dio
degli eserciti,
tu mi hai ricoperto di oro
e di offerte.

Tu hai fatto di me un’immagine 
che occhieggia la realtà
dell’umanità incarnata da quadri,
statue, palazzi marmorei,
chiese, basiliche.

Tu mi hai posto
in tutti i posti dove io, 
in realtà, meno sono.

Io esisto dentro di te
perché io sono te,
così come tu sei me
e mai potremo essere separati.
Scifo, CI


67.
Tu non stai attraversando onde,
tu non stai solcando mari,
tu non stai viaggiando
in posti sconosciuti
e attraverso realtà
che ti sfuggono
in continuazione.

Il tuo lungo percorso,
il tuo lungo peregrinare
attraverso ciò che da me proviene,
in realtà non è altro
che un continuo muoverti
all’interno di te stesso.

Ogni posto che vedi è il tuo posto.
Ogni affetto che hai è il tuo affetto.
Ogni vita che vivi è la tua vita
ed è il tuo modo di vivere.

Non hai bisogno
di cercare la tua isola,
non ti sei mai mosso
dal suo suolo.
Moti, CI


68.
Il Paradiso
non è là dove molti lo cercano:
esso non risiede nell’alto dei cieli,
né nelle grandi praterie
e tanto meno su un monte
così alto da sfidare le nuvole.

Esso è così a portata di mano
per chiunque voglia raggiungerlo,
sfugge all’attenzione del ricercatore,
non è un dove né un quando,
è una condizione interiore 
che già esiste,
nascosta e non riconosciuta 
nel più riposto anfratto
dell’anima di ogni uomo.

Io ti ho dato ogni cosa
per raggiungerlo
attraversando le molte porte
che ostacolano 
il tuo faticoso procedere,
e per ogni porta già
ti ho dato la chiave.

La paura della morte
sarà sconfitta dalla gioia di vivere,

il timore di guardarsi dentro
sarà superato dall’audacia
di scrutare se stessi,

l’egoismo dell’Io più incatenato
sarà dissolto da un solo atto
di vero altruismo,

l’avidità di possedere
sarà trasformata dal saper donare
metà di ciò che si possiede
a chi non ha nulla,

il senso del potere
verrà modificato
dall’uso giusto che del potere
può essere fatto,

la presunzione
potrà essere sconfitta
da ogni piccolo atto di umiltà,

l’odio potrà essere cancellato
da un unico attimo di vero amore,

il rimpianto per ciò che si è perso,
potrà essere rimpiazzato
dalla consapevolezza 
di ciò che si ha avuto,

la tristezza
potrà essere annullata
da un sorriso fatto con vera
partecipazione,

il dolore vedrà la sua sconfitta
non appena ne riconoscerai
e accetterai la necessarietà.

Ogni porta ti è stata svelata,
ogni chiave ti è stata data.
Devi solo trovare il coraggio
di aprire ogni soglia
e il Paradiso sarà tuo.
Per sempre.
Ananda, CI


69.
Se tu non fossi come sei,
io non avrei nulla da dirti
e mi ritirerei nella quiete
del mio stato perfezionando
con calma e pazienza
la più piccola assonanza
del mio essere.

Se tu non fossi così come sei,
potresti essere anche peggio
e allora non avrei nulla da dirti,
le mie parole suonerebbero
alle tue orecchie prive di senso
e, per questo, le rifiuteresti.

Se tu non fossi come sei,
magari saresti migliore,
forse così migliore da non avere
bisogno di me,
oppure migliore solo quel tanto 
da indurmi a ricercare
nuovi concetti, nuove idee,
nuove parole da regalarti.

Ma tu sei come sei,
e il tuo essere così
mi avvince a te
per sorreggerti,
infonderti iniziativa,
rinfocolare domande,
stimolare la tua fantasia
e le tue idee,
far gareggiare il tuo amore
e il tuo egoismo
nella speranza che, finalmente,
ti abbandoni al giusto vincitore
in modo definitivo.

Non puoi sfuggirmi
perché sono dentro di te,
non puoi ignorarmi
perché tutto ti riconduce a me,
non puoi tradirmi
perché non ho nulla da perdere,
non puoi odiarmi
perché non sai darmi un volto,
non puoi fare altro
che desiderarmi e cercarmi,
e, inconsapevolmente,
tendere a me
come il fiume verso i! mare.
Viola, CI


70.
Se anche ho posto 
sul tuo cammino lo sconforto,
se anche ho posto
sul tuo cammino la disperazione,
se anche ho posto
sul tuo cammino il dolore,
la sofferenza più esacerbante,
sta’ certo che se mi vorrai
ascoltare mi sentirai,
che se veramente mi vorrai
cercare mi troverai,
ovunque e sempre, 
purché tu riesca a imparare
ad avere fiducia in me.
Viola, CI


71.
Figlia, figlio mio,
ciò che io intendo
per ricerca è forse
più giustamente denominabile
come «riscoperta».

Riscoperta di te stesso,
del tuo vero «Sé»,
di ciò che dentro a te giace,
sepolto ma non silenzioso,
sommerso ma intransigente,
sfuggente eppure concreto
quanto e forse più
di ciò che le tue mani
ora stringono, ora afferrano,
ora percuotono, ora accarezzano.

I tuoi drammi e le tue felicità
sono sue conseguenze.
Le tue lacrime e i tuoi sorrisi
sono sue manifestazioni.

Arriva a Lui e tristezza e gioia
avranno un nuovo senso,
così che la tua vita avrà colori 
e forme nuove, più intensi,
più limpidi, più reali.

Non credere
a chi vuole importi l’idea 
che la materialità
è sinonimo di peccato,
o che la spiritualità
è sinonimo di paradiso,
perché ogni cosa che esiste,
esiste perché è necessaria 
ad aiutarti nel tuo cammino.

Così dì a colui
che cerca di costringerti 
a seguire le sue idee
monolitiche,
che materia e spirito
sono separate solo
per chi nulla ha ancora
compreso.

Se credi in un Dio,
pensa che l’espressione
«Tutto mi parla di Te»
è vera fino alle sue estreme
conseguenze.

Se non credi in Dio,
sii fiero di te stesso
e certo di essere nel giusto
se conduci la tua vita
amando te stesso e gli altri
perché così senti di fare,
e non per obblighi morali,
sociali o di tradizione.

E sappi, infine,
che non ha importanza
che tu sia convinto
di stare ricercando:
prima o poi, e comunque,
nell’ombra qualcosa troverai
che ti trasformerà,
perché sarai pronto
a essere diverso.

E allora saprai,
senza ombra di dubbio,
che la tua ricerca
sarà arrivata alla fine.
Moti, CI


72.
Ti osservo nel corso
della tua ricerca,
ti vedo fermarti
nelle tue giornate e cercare
insistentemente un perché,
cercare in te i motivi,
le cause di ciò che stai vivendo,
di ciò che ti succede,
di ciò che ti colpisce, 
che ti addolora, che ti frantuma,
che ti rattrista in continuazione.

Ti vedo volgere gli occhi
intorno a te
e chiederti perché
quella persona non ti ama,
perché non ti aiuta,
perché si rifiuta
di tenderti una mano,
perché non ti sente suo fratello.

Ti vedo ascoltare
ciò che gli altri dicono,
e soffrire perché nelle loro parole
non riesci ad avvertire
ciò che vorresti:
amore, tenerezza, dolcezza.

Poi osservo la tua mente
e osservo te,
all’interno della tua mente,
allorché esamini attentamente
le azioni degli altri,
le esamini e ti erigi a giudice,
a critico,
ti erigi a scopritore
della realtà altrui,
pensando di trovare così
dei motivi in loro che possano
scusare ciò che tu hai compiuto,
che possano permetterti di dire:
«Io ho fatto il mio possibile,
ma la verità è che sono gli altri
a sbagliare».

Figlio, figlia mia,
chiudi i tuoi occhi,
tappati le orecchie,
fa’ tacere la mente rivolta all’esterno
e osserva te stesso:
se davvero vuoi trovare la Verità
non cercarla al di fuori di te,
perché io là non l’ho posta.

Là vi sono le verità altrui,
ma le verità altrui
per te sono irraggiungibili,
non sono altro che proiezioni
dei tuoi bisogni, 
dei tuoi desideri,
dei tuoi pensieri,
delle tue passioni.

Ciò che invece per te
è raggiungibile,
osservabile, conoscibile,
comprensibile,
assimilabile, verificabile
è la tua realtà interiore,
ed è lì che io ho posto
la Verità che tu puoi scoprire.

Non aver timore di te stesso
e osservati fino in fondo:
se davvero è la Verità
quella che vai cercando,
nel tuo più profondo essere,
senza dubbio, la troverai.
Scifo, CI


73.
Io sono la purezza cristallina
del miele
e il ronzio delle api.

Io sono il palpitare di vita
delle lucciole
e lo stormire delle fronde.

Io sono il gioco di un bimbo
e la mano tremante di un vecchio.

Io sono il vostro lavoro,
la vostra casa e i vostri cari.

Io sono la primavera, l’estate,
l’autunno e l’inverno.

Io sono la vita che è in voi,
le parole degli uomini
e quelle dei maestri,
sono la preghiera accorata
e il silenzio misterioso,
sono l’azione improvvisa
e il sentirsi ostacolati,
sono il raggio di Sole
e l’ombra della notte,
sono la vita e sono la morte.

Io sono il dolore,
che vi fa agognare la gioia.

Io sono la malattia,
che vi fa apprezzare 
la cura di voi stessi.

Io sono l’odio,
che vi aiuta a comprendere 
che è l’Amore
ciò che andate cercando.

Io sono l’avversità,
che vi insegna
a essere forti in voi stessi.

Io sono il contrasto,
che vi induce
a cercare la serenità interiore.

Io sono la paura,
che vi spinge a trovare il coraggio
per affrontare voi e gli altri.

Io sono la noia,
che vi fa desiderare 
di non ristagnare.

Io sono la rabbia,
che vi costringe
a mostrare i vostri veri sentimenti.

E sono il rifiuto,
che vi fa capire
come ci si sente a essere rifiutati,

e sono l‘Amore,
che continuamente vi chiama
e vi ricorda che è l‘Amore 
che governa il Creato,

e sono anche la passione
che incendia i vostri sensi,
sono la delusione
che sferza il vostro orgoglio,
sono la menzogna e la sincerità,
la violenza e la dolcezza,
l’avidità e la generosità,
l’egoismo e l’altruismo.

Io sono il canto
che tutto pervade e fa vibrare,
perché Io sono la voce
instancabile del Tutto
che canta la sua armonia
senza interruzione e senza posa,
forte nella sua certezza che,
prima o poi,
sarete capaci di udirla
e di unirvi al suo canto.
Viola, CI


74.
Se vedi un tuo fratello
che sbaglia,
aiutalo a non sbagliare più 
offrendogli il tuo amore.

Se il tuo amore verrà rifiutato,
non accada mai che tu lo getti via,
ma conservalo dentro di te
nella speranza che chi
l’ha rifiutato oggi
sia capace domani
di richiedertelo.
Moti, CI


75.
Siate come la terra.
Umili come la terra
che si lascia
continuamente calpestare
dai piedi degli uomini,
eppure, continuamente,
offre loro erbe, frutti,
e tutto ciò che può loro offrire,
senza rifiutarsi di dare 
quello che può
solo perché viene umiliata
dai piedi e dalle azioni
dell’umanità intera.
Moti, CI


76.
Qual è la via dell’umiltà
figlia che compi la tua ricerca?

Se un tuo fratello ride di te
non ti offendere,
ma guarda te stessa
e il tuo modo d’essere:
senza dubbio troverai un motivo
valido per unirti alla sua risata.

Se una tua sorella
dimostra freddezza
nei tuoi confronti,
non ti stupire di questo,
ma cerca invece in te il motivo
per cui susciti in lei indifferenza
invece che amore.

Se un tuo fratello
ti giudica stupida, non risentirti:
se ti osserverai attentamente
troverai di certo qualche tuo atto
che tu stessa definiresti stupido.

Se una tua sorella
ti ritiene ignorante,
non inalberarti,
perché sai benissimo
che per ogni cosa che conosci,
ve ne sono almeno altre mille
di cui non sai assolutamente nulla.

Se un tuo fratello piange per te
non deriderlo, non compatirlo,
non soffrire assieme a lui,
ma cerca invece di mutare in te
quel qualcosa che gli permette
di attribuire a te l’origine di lacrime
che sono solamente sue.

Fa tutto questo sinceramente,
e non avrai più necessità
di fare sforzi per essere umile:
avrai trovato, finalmente,
la strada dell’umiltà.
Viola, CI


77.
Tu che hai lignaggio elevato,
blasone e onori, 
va’ in umiltà.

Tu che hai il tuo sapere
come solo patrimonio personale,
va’ in umiltà.

Tu che possiedi beni terreni
e ori e ricchezze, 
va’ in umiltà.

Tu che hai un nome insigne
all’interno degli uomini insigni,
va’ in umiltà.

Tu che hai una mano magica
che ritrae l’immaginazione
e dipinge la realtà,
va’ in umiltà.

Tu che hai il dono della fantasia
che ti fa creare fatti
e idee dal tuo intimo,
va’ in umiltà.

Tu che hai capacità arcane
e possibilità rare, 
va’ in umiltà.

Tu che hai in te la fede profonda
raggiunta con la tua mente,
va’ in umiltà.

Tutto quello che hai,
che conosci, che crei, che credi,
che trovi in te,
non ti appartiene più di quanto
ti appartenga il corpo che ti riveste,
più di quanto ti appartengano
le parole che usi,
gli onori che ti vengono tributati,
le immagini che riproduci o interpreti,
l’occulto che sfiori e il Dio in cui credi.

Va’ in umiltà,
perché tu sei l’uomo e sei lo spirito,
sei il naturale e il sovrannaturale,
ma tutto ciò che sei non è tuo:
è un dono dell’Altissimo 
che ti concede di essere ciò che sei
e di disporne come meglio credi.

Il modo migliore in cui puoi disporne
è quello di farlo con una profonda, 
sincera umiltà.
Moti, CI


78.
È il momento di cambiare qualcosa,
è il momento d’imparare
a camminare veramente
senza più essere tenuto per mano.

È il momento del ripensamento, 
della riflessione,
della meditazione per comprendere
che tu non sei qua per godere
delle cose della materia,
per godere degli ori, dei brillanti,
degli oggetti più o meno belli
che la mente umana ha creato

È il momento
per incominciare a credere
che c’è qualcosa di più
che giace al tuo interno,
qualcosa che ti unisce,
inevitabilmente, a tutti gli altri,
anche a quelli meno simpatici,
anche a quei figli che, in cuor tuo,
eviteresti d’incontrare,
anche a quei fratelli a cui,
spesso e volentieri,
per una ragione sciocca e banale,
volti le spalle.

È il momento
in cui devi cercare di capire
che soltanto aprendoti agli altri,
soltanto essendo disponibile
nei confronti di tutti gli altri,
riuscirai veramente a togliere
il velo dai tuoi occhi,
quel velo che ti rende solo
e triste.
Viola, CI


79.
Vorrei vedere le mie creature felici,
vorrei che i miei figli avessero,
nel corso delle loro esistenze,
attimi di vera unione con me
e vorrei che riuscissero a sentire
veramente la mia presenza.

Vorrei che fossero liberi,
liberi da ogni costrizione
che loro stessi si creano,
liberi dal dolore 
nel quale molto spesso
si crogiolano.

Vorrei vederli liberi
e sicuri nel loro camminare
perché io non dimentico nessuno,
e anche se la mia voce
non sempre giunge,
vorrei che i miei figli
avessero la certezza
che io sono sempre
accanto a loro,
anzi, sono dentro di loro,
e quindi è impossibile
il poterli abbandonare.

Vorrei vederli andare
incontro alla vita
con la certezza di poter fare
tanto per dare aiuto
a tutti gli altri fratelli,
ricordandosi dell’amore
con cui li amo,
ricordando che sono uguali,
identici,
per nulla differenti dai loro fratelli,
che non si può attuare una selezione,
non si può scegliere il migliore
o dire qual è il peggiore,
non vi può essere comparazione:
le mie creature
sono veramente tutte uguali,
poiché io sono dentro di loro.
Michel, CI


80.
Quando avrai compreso 
che le parole che io mando a te
non devono restare soltanto 
delle semplici parole.

Quando avrai compreso 
che nelle parole che io mando a te
non v’è soltanto un significato, 
ma migliaia di significati
che tu potrai scoprire.

Quando avrai compreso
tutto questo, 
potrai finalmente alzare gli occhi 
e cercarmi,
e potrai pure star certo 
che allora mi troverai!
Florian, CI


81.
Sarò Maestro per te, figlio, figlia mia.
Tu mi starai accanto e io ti starò accanto,
tu desidererai e io vedrò i tuoi desideri,
tu amerai e io gioirò del tuo amore,
tu soffrirai e io cercherò di lenire
la tua sofferenza
allorquando mi sarà possibile farlo.

Tu chiederai
e io – se potrò – ti darò,
tu pretenderai
e io – se potrò – ti darò,
tu implorerai
e io – se potrò – ti darò,
tu ti aspetterai
da me sempre dolcezza
e io – se potrò – dolcezza
e amore ti darò,
ma non aspettarti
ciò che io non posso darti.

Se io sono qua per esserti Maestro,
e tu sei qua per essermi discepolo,
spesso inconsapevole,
non attenderti che io risolva
i tuoi affanni,
poiché, se così facessi,
non sarei un buon Maestro.

Non attenderti che io ti indichi
una sola direzione in cui andare,
perché altrimenti costringerei
la tua strada in una sola via
mentre tu hai il diritto di vedere
davanti a te dispiegarsi l’intera realtà.

Non aspettarti che io sorrida sempre:
il sorriso può essere utile e bello quando,
dentro di te, a sua volta splende un sorriso;
ma nel momento in cui tu il tuo sorriso 
lo tieni nascosto e stretto in un pugno, 
in quel momento io, come Maestro,
non potrò far altro che mostrarti
a mia volta il pugno,
affinché tu impari dalla mia mano 
come le mani si possono
e si debbono aprire.

Non aspettarti
che io faccia per te cose meravigliose:
la cosa più meravigliosa che io posso fare
è quella d’insegnarti ad affrontare la vita,
ad accettarla, a viverla
e a portare avanti il tuo cammino
accorgendoti che non esisti tu solo,
ma che vivi e fai esperienza
insieme a tanti fratelli come te.

Non aspettarti
da me nulla di ciò
che non ti aspetteresti
da chiunque altro.

Se è vero che la mia evoluzione 
è maggiore della tua
(come potrei esserti Maestro?),
tu non puoi veramente comprendermi,
tu non puoi sapere
il perché del mio comportamento,
tu non puoi capire perché, magari,
quando ti aspetti dolcezza
io ti porgo indifferenza,
quando ti aspetti ira 
io ti do affetto.


Il fatto è, figlio, figlia mia,
che mentre tu non sai
ancora ciò di cui hai
veramente bisogno,
i tuoi bisogni sono per me,
la cosa più importante
che nell’universo esista,
la cosa intorno alla quale
ruota tutta la Realtà
che ci vede uniti, tu e io,
in questa danza dolcissima
che cerca di portarci
al compimento della tua opera,
piccolo tassello di quel mosaico
che l’Assoluto ha dipinto
nell’Eternità.
Moti, CI


82.
Se tu la felicità, la vera felicità,
non riesci ancora a sentirla, 
a raggiungerla, cosa fare allora,
per non essere infelice,
ché l’infelicità quella sì, ahimè,
così spesso tu prendi tra le mani
e te la tieni a fianco?

Cerca di osservare i tuoi momenti
di felicità transitoria
e di farli diventare preziosi;

cerca di conservarli dentro di te
e di farli diventare dei semi
dai quali farne sbocciare molti altri;

cerca di non dimenticarti
di questi semi
che in gran quantità
l’esistenza ti regala;

cerca di tenerli dentro di te
e di far sì che essi si uniscano, alla fine,
in un concerto meraviglioso
che soltanto tu,
con la tua sensibilità,
con la tua comprensione,
puoi veramente riuscire a dirigere.
Moti, CI


83.
Ti ho posto nel mondo
affinché tu potessi andare
incontro a te stesso,
e, nel fare questo,
muoverti verso di me.

Distratto dalle lusinghe della vita,
tu cerchi di percorrere strade
sulle quali trovi ostacoli,
e vai incontro alla sofferenza.

Allora, in quei momenti,
ti ricordi di me,
chiedi il mio aiuto
per cambiare la qualità
della tua vita.

Ma io non posso farlo,
non più di quanto già lo abbia fatto
nel momento in cui ti ho posto
sulla strada l’ostacolo
che ti ha procurato sofferenza.

È perché ti amo,
che ho disseminato
tutte le tue strade di ostacoli.

Non è stato per fermare
il tuo cammino,
per rendere più difficile
il tuo procedere,
è stato affinché ogni ostacolo:

ti facesse comprendere
che tu hai la forza di superare
qualsiasi cosa;

ti facesse comprendere
che non esiste un dolore
così grande che non possa essere
da te trasformato
in qualcosa di positivo
per te stesso e per gli altri;

ti facesse comprendere
che, se vuoi veramente raggiungermi,
niente e nessuno riuscirà
mai a fermare il tuo cammino.
Moti, CI


84.
Tu che insegui la Verità,
scolpisci nel tuo cuore queste parole
affinché essa non ti sfugga tra le dita,
inafferrabile come l’acqua del mare 
o il soffio del vento:

sia la tua vista
sempre acuta e attenta,
mai abbagliata dal lampo
o distratta dal tuono;

sia il tuo desiderio 
sempre giusto,
affinché ti sia da sprone
e non da catena;

sia la tua mente
sempre pronta
a cogliere la differenza
tra il lupo e il cane;

sia la tua anima
sempre disposta
a trasformare se stessa
nell’assaporare la vita.

Sarà così che non dovrai
più rincorrere la Verità,
ma sarà la Verità stessa
a venirti incontro.
Baba, CI

A te che aneli alla verità (testo musicato e cantato da Marco D.)

85.
Non è la tua capacità
di produrre meraviglie 
che ti rende grande;

non è la tua capacità di stupire
che ti rende importante;

non è la tua capacità
di essere portavoce della verità
che ti rende unico.

La tua grandezza,
la tua importanza, 
la tua unicità
risiedono nella tua capacità
di saper uscire indenne
dal giardino degli incanti,
mantenendo intatto
il tuo senso della realtà,
preservando il tuo saper donare
compassione e partecipazione
agli altri,
conservando la tua umanità 
come un dono prezioso da offrire.
Baba, CI


86.
Creatura, chi sei?
Sei ciò che provi a dare agli altri.

Sei la compassione
che sai donare 
a chi sta soffrendo.

Sei la dolcezza
che trasmetti
a chi è amareggiato.

Sei il sorriso
che porgi a chi è infelice.

Da solo, non sei nulla, creatura.
Sei gli altri, oltre che te stesso.

Sei in me, figlio, figlia mia.
Scifo, CI


87.
Ti amo per le tue paure.
Ti amo per il tuo pianto egoistico.
Ti amo anche quando ti vedo
incapace nel prendere
delle decisioni importanti
per te e per chi ti sta accanto.

Ti amo quando vedo che soffri
e sembri fare della sofferenza
l’unica ragione della tua vita.

Ti amo quando ti vedo vacillare
sotto le sferzate della vita
e non riesci a trovare in te
la forza per fronteggiarle,
pur sapendo di possedere 
questa forza.

Amo le tue difficoltà,
amo quando ti senti sola,
e vorrei farti capire che non lo sei,
e vorrei poterti dire:
«Tu non sarai mai sola»
così come mai solo sarà
un qualsiasi individuo.

Ti amo
quando non vuoi ascoltarmi.
Ti amo
quando sei così ostinato
da voler continuare
a perseverare nei tuoi errori.

Ti amo
quando sembri aver compreso
che è inutile dibattersi
come un pesce all’amo,
perché la vita è così
e va affrontata,
giorno dopo giorno,
accettando quello che porta
ma, soprattutto,
cercando di capire
cosa può avere insegnato,
cosa può insegnare
ciò che ha portato.
Michel, CI


88.
Fai per l’altro 
senza aspettarti nulla in cambio.

Non dare per ricevere.

Sia il tuo interesse per l’altro
qualcosa che da solo basta
per la tua felicità.

Se davvero lo ami,
sii vicino all’altro
qualunque cosa pensi o faccia,
perché il vero amore 
non ha bisogno
di essere corrisposto
e, quando tu ti aspetti
di ricevere qualcosa,
allora stai attento
a quello che pensi,
perché già lì potresti
trovarti in faccia
al tuo egoismo
mascherato d’amore.
Scifo, CI


89.
La tua vita avrà un senso
quando riuscirai a tendere
un filo continuo
che collegherà la tua coscienza
e la tua vita.

La tua vita avrà un senso
quando non subirai
quello che stai vivendo,
ma quello che stai vivendo
ti servirà come stimolo
per cercare di comprendere
quello che veramente vuoi.

La tua vita avrà un senso
quando riuscirai
a trasformare la sofferenza
in una fonte di comprensione 
e, quindi, di felicità.

La tua vita avrà un senso
quando proverai rispetto
anche verso chi
non sa rispettarti.

La tua vita avrà un senso
quando saprai essere giusto
giudice di te stesso
e saprai non condannarti
senza remissione.

La tua vita avrà un senso
quando ciò che è del mondo
sarà per te
un mezzo e non un fine.

La tua vita avrà un senso
quando dirai di amare qualcuno
e non saranno le tue stesse azioni
a dimostrare il contrario.

La tua vita avrà un senso
quando, accorgendoti
di essere egoista,
non fingerai davanti a te e al mondo
di essere l’uomo più altruista
della Terra.

La tua vita avrà un senso
non quando piangerai la morte
di un lontano sconosciuto,
ma quando ti renderai conto
dell’insensibilità che hai regalato 
a chi ti era più vicino
e cercherai di non commettere
più lo stesso errore.

La tua vita avrà un senso
quando farai parte
della società del mondo,
ma seguirai non le sue regole
ma quelle della tua coscienza.

La tua vita avrà un senso
quando non ci sarà più bisogno
delle parole di una fonte
esterna a te,
per comprendere ciò che è giusto
e ciò che non lo è.

La tua vita avrà un senso
quando non avrai più bisogno
di un Dio per dare credibilità
e senso alla tua vita.
Moti, CI


90.
Io sono il quadro e il pittore,
sono il pennello e la vernice
che si deposita sul quadro.

Sono colui che dà gioia
ma dà anche sofferenza,
sono colui che ti mostra la via
per allontanarti da te stesso
e, contemporaneamente,
ti indica la strada maestra
per arrivare da me.

Sono colui che porta in una mano
il petalo di un fiore
e nell’altra il seme di un dolore.

È vero, senza ombra di dubbio,
che ogni pennellata che io ho dato
deve essere per forza di cose
là dove l’ho posta.

In questo apparente, rigido schema,
vi è qualcosa che tu non hai
ancora compreso bene:
quel qualcosa che ti rende libero
pur essendo prigioniero
delle mille catene che io ho creato.

Allorché ti renderai conto
che il personaggio che è nel quadro
che in questo momento rappresenti,
non sei tu;

allorché ti renderai conto
che chi ti sta accanto
è un altro personaggio,
ma non è detto che egli, ora,
stia veramente soffrendo;

allorché ti renderai conto
che soltanto uscendo dal quadro
per rientrarvi in un altro modo,
diverso e migliore, tu crescerai.

Fino a quel momento
tu ti sentirai costretto,
condizionato, impotente, adirato,
ma da quel momento in poi
capirai veramente la grandezza
del Disegno e ti inserirai in esso
senza più alcun tormento,
poiché anche tu scoprirai di essere
non soltanto un creato,
ma anche un creatore.
Moti, CI


91.
Tu sarai in armonia con gli altri
quando riuscirai a comprendere
che gli altri non sono altri
che te stesso.

Quando finalmente riuscirai a sentire
che il problema, l’errore, la tristezza,
la gioia di colui che ti sta accanto
non esiste soltanto per quella persona
ma esiste lì, in quell’attimo della tua vita,
perché è anche a te che deve servire.

Quel dolore e quella tristezza,
quella gioia, quella confusione
e quel tormento
hanno il duplice scopo
di costruire un ponte tra di voi
affinché l’esperienza di uno
possa essere frutto di esperienza
anche per l’altro.


92.
Tu avrai raggiunto,
toccato, l’armonia
allorché quelli che percepisci
come «difetti» negli altri
saranno da te accettati,
rendendoti conto che gli altri,
a loro volta,
hanno il gravoso compito
di accettare quelli che sono
i «tuoi» difetti.

Se uno dei due non incomincia
a muovere il primo passo
per essere più magnanimo verso l’altro,
ben difficilmente si arriverà a trovare
quel punto di equilibrio
che abbiamo definito «armonia».

Esso non è fatto di staticità,
non è restare fermi
sulle proprie posizioni:
è fatto di comprensione
per i bisogni degli altri,
senza tacere dei propri.

È fatto di cercare di soddisfare
le proprie esigenze evolutive,
tenendo conto che anche quelle
degli altri hanno le loro precedenze,
le loro priorità.

Non si tratta di uniformarvi agli altri,
ma di diventare complementari agli altri,
in modo tale che ogni vostro legame
con coloro che vi circondano
diventi un fattore di armonia
all’interno del Grande Disegno che,
in se stesso,
per il fatto stesso che è in perfetta
armonia e in equilibrio con se stesso,
è la grande prima armonia
dell’intero esistente.
Moti, CI


93.
Chi vuole troppo e subito
senza saper gioire del poco nel tempo,
è come l’avaro che accumula ricchezze
di cui, poi, non saprà che fare.

Chi presume di aver compreso tutto
mentre il Tutto si dipana,
non ha quanto meno compreso
che il tutto che ha osservato
è solo una porzione
infinitesima della Verità,
e che se non ha compreso l’Umiltà 
difficilmente comprenderà l’Amore.

Chi non ferma il suo procedere
per tendere la mano
a chi non ha il suo passo,
è come se lasciasse indietro
una parte di se stesso,
e chi è diviso interiormente,
per quanto velocemente corra,
non riuscirà mai a lasciare indietro
le sue cose irrisolte.

Chi giudica la capacità
di comprensione degli altri,
dimostra di aver compreso ben poco
se non è capace di mettere
la sua comprensione a disposizione
di chi può non aver compreso.

Chi ha fretta di comprendere
nuoce alla sua possibilità
di comprensione,
perché il comprendere
non è questione
di lotta contro il tempo,
bensì di raggiungimento
di quell’unico, preciso momento
in cui si è in grado di comprendere.
Niente e nessuno
lo può far arrivare prima
che il tempo giusto sia maturo.
Scifo, CI


94.
Se il coniglio si fermasse a chiedersi
perché l’aquila che sta volteggiando
sopra di lui lo spaventa,
la sua vita sarebbe lunga
come un battito d’ali.

Se l’uomo si fermasse a chiedersi
perché sta piangendo o sta ridendo,
fermerebbe le sue lacrime,
o interromperebbe la propria risata,
e avrebbe perso l’occasione
per ridere o piangere fino in fondo.

La struttura dell’esistenza
dà al coniglio la paura per arrivare
a non essere più un coniglio,
e all’uomo il pianto o il riso
per arrivare alla fine
del suo essere uomo.

Per questo motivo, coniglio,
devi vivere la tua paura.
Per questo motivo, uomo,
devi ridere o piangere.
Rodolfo, CI


95.
Ti ho collocato nel Disegno
affinché tu seguissi le linee
che ho tracciato per te;

queste linee ti possono apparire
delle catene che non si possono
spezzare;

possono apparire come dei binari
che costringono il tuo modo di essere
su percorsi che, magari,
tu non percorreresti così volentieri.

Eppure,
nel creare questo Grande Disegno,
in esso io ho messo tutto ciò
che tu sei:

ho messo la tua passione,
le tue paure,
i tuoi momenti di generosità,
i tuoi attimi di tensione,
le tue incertezze,
i tuoi dubbi, i tuoi perché,
il tuo sentirti solo,
il tuo sentirti portato
ad aiutare gli altri,
il tuo desiderare amore,
il tuo desiderare di ricevere amore.

Ti auguro di riuscire veramente
a sentire il Disegno
che ho creato apposta per te.
Moti, CI


96.
La mia Verità appartiene a tutti coloro
che la sanno riconoscere ma,
nel fluire del tempo, 
appartiene a tutti coloro
che da me sono sgorgati.

Che padre sarei se ciò che ho e che so
lo nascondessi per condividerlo
soltanto con i figli
che più mi si sono avvicinati?

Ogni volta che il primo raggio di sole
sorge nel più recondito
angolo del mondo,
una creatura viene iniziata
della più grande iniziazione,
quella che le schiude la porta
che conduce verso di me.

Ogni volta che l’ultimo raggio di sole
del giorno si spegne
oltre il frastagliato orizzonte,
tutto ciò che sparisce
sembra divenire occulto
per chi non sa che la legge naturale
compie un ciclico cammino,
e che ciò che oggi appare occulto
domani rivivrà con rinnovato splendore.

La mia magia non ha sosta
e ogni essere mi aiuta
a operarla vivendo,
procreando, sperando, amando,
perché non vi è nulla
che non sia magico
in ciò che io ho creato.

Porgi al tuo fratello
tutta la Verità che conosci,
perché essa non ti appartiene
ma esiste per essere condivisa,
dona al tuo fratello una piccola,
incommensurabile magia:
la tua disponibilità.
Anonimo, CI


97.
Non dimenticate
che non è la vostra mente,
non sono i concetti della filosofia
che attraversano le vostre teste,
quello che guida la vostra esistenza.

Ciò che guida la vostra esistenza
è ciò che è nella vostra coscienza,
e questo va al di là
dei concetti filosofici.

Non accadrà mai
che voi vediate un vostro fratello
che sta piangendo e che quel pianto,
malgrado qualunque filosofia
possa essere arrivata alle vostre menti,
non vi susciti una reazione.

Ricordate
che anche l’apparente disinteresse
è una reazione, e se,
in un momento di tristezza
di una creatura che vi sta a fianco
voi dimostrate indifferenza,
essa rivelerà alla vostra coscienza
cosa non avete ancora compreso,
fornendole dei frutti tali per cui,
alla successiva occasione,
quando voi vi troverete accanto
un fratello che soffre,
non sarete più capaci
di non interagire
e condividere con lui,
cercando di alleviare una parte
della sua sofferenza.

Se così non fosse,
nulla di quanto io ho creato
avrebbe un senso
e in me non esiste nulla
che non abbia il senso più vero
e pieno che possa esistere.
Moti, CI


98.
Quand’è
che avrete compreso la vita,
quand’è
che avrete compreso l’Amore?

Sarà quando sarete accanto
a chi piange,
e riuscirete a sorridere.

Sarà quando sarete accanto
a chi è illogico,
e gli darete logicità.

Sarà quando sarete accanto
a chi sta soffrendo,
e gli darete disponibilità.

Sarà quando sarete accanto
a chi vi rifiuta,
e vi mostrerete pronti a donare.

Sarà quando gli altri vi toglieranno,
e voi lascerete che tolgano.

Tutto questo
non per far sì che gli altri
siano come voi pensate 
che essi debbano essere,
ma per testimoniare loro
che il contrario
di ciò che essi sono esiste,
e potrebbe anche essere 
la soluzione giusta per loro.

In quel momento,
senza altri secondi fini,
voi avrete compreso la vita 
e avrete compreso I’Amore.
Anonimo, CI


99.
Tu avrai capito la vita
non quando farai il tuo dovere
in mezzo agli uomini,
ma quando lo farai nella solitudine.

Non quando,
pur raggiunta la notorietà,
potrai avere una condotta esemplare
agli occhi degli uomini,
ma quando l’avrai e nessuno lo saprà,
neppure tu stesso.

Non quando tu farai il bene
e ne vedrai gli effetti,
ma quando lo farai
e non ti interesserà avere gratitudine,
né conoscere l’esito del tuo operato.

Non quando tu potrai aiutare
efficacemente e disinteressatamente,
ma quando aiuterai pur sapendo
che il tuo aiuto a nessuno serve,
neppure a te stesso.

Non quando ti sentirai responsabile
di tutto ciò che fanno i tuoi simili,
ma quando conserverai intatto
il senso della tua responsabilità,
pur sapendo d’essere l’unico uomo
al mondo.

Non quando tu avrai compreso
che tutti gli esseri
hanno gli stessi tuoi diritti,
ma quando tratterai l’essere
più umile della terra
come se fosse colui
che ha nelle sue mani le tue sorti.

Non quando tu amerai i tuoi simili,
ma quando tu stesso
sarai i tuoi simili e l’amore.
Kempis, CF77


100.
Vieni con la luce
e ti sarà data la chiave
che farà conoscere a te,
anziano,
l’anziano degli anziani,
l’anziano dei giorni,
l’inconoscibile.

Se giusta è la tua vittoria,
piano sarà il tuo sentiero
e i divini attributi della forza
saranno in te.

Tale è la legge dal principio alla fine.

Di poi il grande riposo,
riposo che si estende a tutto il creato,
il riposo del Redentore.
Kempis, CF77


101.
Ti conosco Signore,
Dio dei Santi!
Tu eri prima che ogni cosa fosse,
Tu sei ciò che sopravvive,
perché sei Colui che È.

Tutto Tu sei:
Uno dai mille volti.

Sei il raro gesto pietoso
del sanguinario
e il dubbio maligno
dell’illuminato.

Sei la naturale provvida difesa
e l’esterna maligna infiltrazione.

Sei l’endogena forza che edifica
e l’erosione che leviga.

Sei oltre ogni umana parola,
ogni umano congetturare
che muta nel tempo e nello spazio,
perché sei l’immutabile.

Sì, Ti conosco, Signore!
Tu sei l’Anziano degli Anziani.
Tu eri prima che ogni cosa fosse,
Tu sei ciò che sopravvive,
perché sei colui che è.
Kempis, CF77

Io ti conosco (testo musicato e cantato da Marco D.)

102.
Padre nostro che sei,
sia santificato il Tuo nome,
venga il Tuo regno,
sia fatta la Tua volontà
come in cielo così in terra,
poiché Tuo è il Regno,
la giustizia e la misericordia
ora e nei cicli generatori
in sempiterna secula.
Amen.
Kempis, CF77


103.
Sperate!
Sperate in un domani migliore,
nella virtù trionfante,
nel buon senso che prevale,
nella coscienza che si desta,
nella volontà di creare
un mondo più bello,
nella speranza che ritorna.

Perché sperare è carezzare,
è concepire il bene,
è cullare,
è infondere fiducia,
è nutrire,
è pascere,
è rinverdire,
è dare forza,
sperare è creare!
Che la speranza sia con voi.
Kempis, CF77


104.
Se l’opinione del gregge comune
non sarà la tua regola di condotta,

se sarai tollerante con gli altri quanto
lo sei con te stesso,

se saprai comandare più a te stesso
che agli altri,

se sarai giusto più che buono,
indulgente e comprensivo
specie con i deboli,

se lavorerai pazientemente,

se mai risponderai con un rifiuto
a una richiesta e a un’offerta,

se potrai avere ricchezze e onori,
ma non esserne schiavo,

se potrai godere della solitudine,
ma non avrai paura della compagnia
degli uomini e viceversa,

se saprai essere povero
e parsimonioso,

se potrai sopportare
di buon grado l’oblio
e l’ingratitudine degli uomini,

se saprai camminare
da solo senza grucce,
eccitanti e illusioni.

Se saprai essere infantile
con i fanciulli,
gioioso con i giovani,
pacato con gli anziani,
paziente con i pazzi,
felice coi saggi,

se saprai sorridere
con chi sorride,
piangere con chi soffre,

e saprai amare 
senza essere riamato,

allora figlio, figlia mia,
chi potrà contestarti il diritto
di esigere una società migliore?
Nessuno, perché tu stesso/a,
con le tue mani,
l’avrai creata!
Kempis, CF77


105.
Ho conosciuto
l’amore degli uomini,
ed era possessivo.

Ho conosciuto
la loro amicizia,
ed era sfruttamento.

Ho conosciuto
il loro aiuto,
ed era umiliazione.

Ho conosciuto
la pietà degli uomini,
ed era degnazione.

La loro protezione,
ma aveva un secondo fine.

Ho conosciuto
la giustizia degli uomini,
ma era parziale.

La loro forza,
ma era brutalità.

La loro onestà,
ma era apparenza.

Ho conosciuto
la fede degli uomini,
ma era una prigione.

La loro filosofia,
ed era cenere.

La loro scienza,
ed era cecità.

Ho conosciuto
la compagnia degli uomini,
ma non mi riempiva.

Tutto questo ho conosciuto
e assaporato e,
restandone turbato,
ho compreso di non essere morto
a me stesso.
Dali, CF77


106.
Se Il vostro amore
non conosce condizioni,
dubbi, tiepidezze;

se amate senza essere riamati,

se quell’amore
vi rende costantemente felici,
paghi;

se ininterrottamente
vi dà la pienezza,

se trovate la felicità 
solo nella felicità degli amati,

se date
prima ancora che vi sia richiesto,

e se l’amare è il solo compenso
che gioiosamente vi ripaga
di ogni fatica, di ogni sacrificio
per gli amati,

voi siete fra quelli che possono
lontanamente immaginare
cosa sia l’amore divino,
quell’amore che a ognuno
così parla:

Figlio, figlia mia,
più che amare e suscitare l’amore,
voglio che tu sia l’amore stesso.

Così, se è l’amore materno
che può avviare un tale miracolo,
ti farò madre ed  sarò tuo figlio.

Se è l’amore sensuale,
allora non mi scandalizzerò
a esserti amante.

Se sarà l’amicizia a potere tanto,
io sarà il tuo fedele amico.

Ma se sarà l’amore agli altri,
anonimi,
allora in ognuno di essi mi vedrai
quale veramente io sono
e comprenderai, essendolo tu stesso,
l’essenza del vero amore.

Dali, CF77


107.
Oh Padre e Madre nostra,
fa che noi andiamo
là dove siamo attesi,
che mai siamo strumenti consapevoli
o inconsapevoli di interessi egoistici.

Fa che risvegliamo le qualità migliori
di coloro che avviciniamo
e che possiamo donare
l’equilibrio sanatore a coloro 
che ci avvicinano.

Fa che sappiamo destare
la comprensione degli uomini
e che possiamo essere canali di bene.

Per tutto questo,
oh Padre e Madre nostra,
fa che mai ci manchi l’aiuto
del Tuo potere.
Amen.
Dali, CF77


108.
Oh Altissimo Signore,
poiché tutto,
per una Tua sublime legge
di armonia,
è attratto e si avvia verso
l’ambiente adatto a noi,
fa che la nostra paura
e la nostra ribellione
non si oppongano al compimento
di questo divino principio.

Fa che mai ci sentiamo soli
ove dovremo andare,
ma che ognuno Ti senta vicino a sé
poiché Tu sei ovunque.

Fa che la Tua volontà sia la nostra,
che ogni nostro simile
non sia un estraneo per noi,
ma un fratello.

Aiutaci ad amarlo
come Tu l’ami.

Se alcuno di noi sarà provato, 
fa, oh Altissimo,
che egli abbracci il dolore 
comprendendone l’intimo significato,
affinché il suo cuore non si inaridisca.

Fa che nessuna cosa,
di questo mondo d’illusioni,
ci leghi a sé;

che quella sicurezza,
spesso cercata nelle creature
e nelle cose,
sia trovata nell’intimo nostro,
poiché solo quella è reale
e duratura;

e quando amareggiati
dalla delusione
chiniamo la testa,
fa, oh Signore,
che la vita ci apparisca
quello che realmente è:
il Tuo più grande dono.
Dali, CF77


109.
Vieni a noi,
tu che sei deluso e smarrito,
che invano hai sperato
nell’aiuto dei tuoi simili.

Vieni a noi,
tu che sei amareggiato e solo,
che inutilmente hai creduto
alle promesse dell’uomo.

Vieni a noi,
tu che sei incompreso e rifiutato
che, tradito,
vorresti rinunciare alla vita.
Perché vuoi punirti
per le colpe degli altri?

Ma interrogati!
Veramente degli altri
è la ragione del tuo dolore?

Ti diciamo: vieni a noi,
eppure noi abbiamo da darti
solo quello che tu sei disposto
a darci.

Possiamo per te
solo quello che tu vuoi 
che possiamo;
siamo per te
solo quello che tu permetti
che siamo.

Da noi stessi
non abbiamo da donarti
quello che ti manca
e che vorresti.

Noi possiamo consolarti,
non vogliamo fare per te;
siamo solo una voce senza corpo,
un’identità senza nome,
una dottrina senza autorità,
un messaggio scritto sulla sabbia 
di un deserto ventoso.

La nostra voce dice:
Oh tu che sei preda
dello sconforto e della delusione,
perché vuoi addebitare
le tue colpe agli altri?

Non devi cercare nei tuoi simili 
quello che tu devi avere.

Non devi attendere
che gli altri facciano
quello che tu devi fare.

Non puoi pretendere
che gli altri siano
quello che tu devi essere.

Tu non devi delegare,
non devi attendere,
non devi rinunciare.

Abbi fiducia in te stesso!
Tu hai. Tu puoi!
Basta che tu lo voglia.

E quando avrai compreso
che non hai alcun diritto
di sentirti sfiduciato
se tu stesso non sei la fiducia,

deluso se tu stesso
non sei la speranza,

amareggiato se tu stesso
non sei il conforto dei tuoi simili,

sentirti solo se tu stesso rifiuti,

tradito e abbandonato
se tu stesso non dai.

Quando tale sarà il tuo “sentire”,
allora tu stesso sarai la nostra voce,
il nostro vivente messaggio,
la testimonianza del nostro potere.
Dali, CF77


110.
Altissimo Signore,
di cui tutti siamo espressione,
fa che comprendiamo
qual è il posto che Tu
ci hai assegnato.

Dacci la comprensione
della Tua volontà
e la capacità di adempierla.

Fa che comprendiamo
cosa la sofferenza vuole insegnarci.

Fa che siamo consapevoli
dei nostri limiti
e delle nostre capacità
e, in questa consapevolezza,
come sia nostro dovere
operare con la trasformazione.

Fa che comprendiamo
di non sfruttare gli altri.

Dacci la forza
di bastare a noi stessi 
e la generosità di aiutare gli altri.

L’uomo viene in questo mondo
e da esso se ne va nudo:
è perfettamente inutile
che egli accumuli beni per se stesso.

Riempici tanto di Te
da colmare la nostra pochezza
che di tutto ci rende mancanti.
Amen.
Teresa, CF77


111.
Altissimo Signore,
non puoi averci generato
perché ci perdessimo,
e non puoi aver sottoposto
la nostra salvezza
alla nostra debolezza,
nascosto il nostro vero bene
con la nostra incapacità
di comprendere.

Noi siamo confusi,
incerti, dominati dall’egoismo,
limitati.
Non può essere che Tu
abbia subordinato 
la nostra eterna beatitudine,
alla padronanza di virtù
che non possiamo avere,
al possesso di una natura
che non è di tutti
e che non sempre è nostra.

Tu sei amore
e il Tuo amore
non può essere condizionato
dalle nostre azioni,
dalla nostra incoscienza.

Il Tuo amore
non può cessare,
arrendersi di fronte
ai nostri errori,
per quanto grandi siano.

Il Tuo amore
non può essere impotente
di fronte alla nostra cecità
e al nostro rifiuto,
perché è amore divino
e come tale è illimitato;
nulla e nessuno può escludere.

Fa che siamo consapevoli
della grandezza del Tuo amore!

Allora comprenderemo
che quanto ci accade
per la nostra incoscienza,
per il nostro egoismo,
per la nostra crudeltà,
per la nostra cecità,
per il nostro rifiuto, 
Tu lo permetti
per il nostro vero bene.

Fa che troviamo in noi
questa sicurezza
e allora ci sarà più facile
accettare quanto ci accade.

Fa che comprendiamo
che stiamo nascendo
alla vita dello spirito,
e quanto sia importante
vivere consapevolmente
per trovare la comprensione
che ci disvela quanto ci ami.
Amen.
Teresa, CF77


112.
Tu sei il Dio della pace,
della misericordia,
della verità,
dell’amore.

Fa che quella pace,
quella misericordia,
quella bontà,
quell’amore ci uniscano
e siano con noi
tutti i giorni della nostra vita.

Tu sei il Dio dell’unione,
fa che lo spirito
ci unisca consapevolmente
gli uni agli altri
in un sol corpo
con la comunione dell’amore,
con la comprensione
di una sola verità.

Signore,
Dio del Tutto,
rendici degni
del miracolo che stiamo vivendo.
Amen Amen Amen
Teresa, CI


113.
La pace sia con voi,
con coloro che vi amano,
con coloro che vi odiano.

La pace sia
con gli oppressi,
con gli oppressori,
con chi fa il bene,
con chi ha ricevuto il bene;

sia con chi soffre,
con chi combatte,
con chi uccide,
con chi è ucciso.

La pace discenda
sugli accecati dalle passioni,
su chi giudica,
su chi non crede,
sull’egoista.

La pace sia con tutti,
affinché chi ama
ami con amore puro,
chi odia plachi l’odio,
chi è oppresso sia sollevato,
chi fa il bene
nella pace sia ricompensato,
chi ha ricevuto il bene
sia in grado di rendere il bene,
chi soffre 
abbia dolce la sofferenza,
chi combatte
cessi di combattere,
chi uccide
pianga l’atto commesso,
chi è ucciso
non abbia moto di ribellione
contro l’uccisore.

La pace
discenda su tutti,
affinché l’accecato
dalle passioni plachi
il tormento interiore,
il giudice giudichi
con discernimento,
chi non crede trovi Dio,
chi ama se stesso abbia luce.

Tutto ciò perché
nella pace riceviamo
gli influssi della Scintilla Divina,
nella pace ritroviamo noi stessi,
nella pace siamo buoni.
La pace sia dunque con tutti.
Teresa, CF77


114.
Rivolgo la mia attenzione
alla profondità del mio essere
che si effonde oltre
la mia attuale consapevolezza.

Il mio io è prodotto
dalle contingenti limitazioni,
e dall’errata convinzione
che il mio essere
sia in esse contenuto.

I conseguenti:
egoismo, avidità,
paura, senso di ostilità
per ciò che credo
non sia me stesso,
mi impediscono di aprirmi
alla vita dell’illimitato essere
che è in ogni uomo
e che fonde
in pura unione d’amore
tutte le forme di vita
esistenti in una sola.

La vera natura di ognuno,
come la mia,
sta oltre le contingenti
limitazioni e differenziazioni
che creano le personalità 
amate e avversate.

Al di là di ciò ch’io trovo
spregevole e detestabile
nei miei fratelli,
sta Colui
che è sommamente amabile
e sommamente ama
perché È Sommo Amore.

Dietro l’aspetto mutevole
e caduco di ogni uomo,
sta il vero Sé di ognuno,
l’Unico Essere
in cui tutti ci riconosceremo.

Desiderio e repulsione,
come gioia e pena,
vanno e vengono e,
come le forme di vita,
sbocciano e appassiscono;
ma il vero Sé Immutabile resta.

Non mi oppongo
al fluire in me dell’unica vita,
arrendevole mi abbandono
per seguire la Sua volontà.

Conducimi
dove è giusto che io sia,
guida ogni mia azione 
al che io la compia
non per goderne i frutti,
ma per la Tua gloria.

Fa che io sia strumento
consapevole
della Tua manifestazione.

Tu che sei
la sorgente di ogni vita,
Tu che sei
la coscienza senza limiti,
Tu che sei
fuori e dentro gli esseri
e da essi non sei diviso
e in essi non ti dividi,
Tu che tutto contieni,
di ognuno sei radice 
e nutrimento.

Tu che sei
la forma e la sostanza
di ogni essere,
la spiegazione
della Tua stessa esistenza;

Tu che sei
ragione di Te medesimo,
Tu che mai fosti,
mai nasci, mai muori,
pur essendo causa
e finalità del Tutto,
immergimi, cosciente,
nell’infinita profondità
del Tuo Essere,
ove va a completezza
tutto ciò che è incompleto,
ove si dissolve ogni separazione,
cade ogni limitazione,
ove passato e futuro
sono presente eterno.
Fratello orientale, CF77


115.
Io sono un centro di coscienza,
d’influenza e di potere,
di pensiero e di conoscenza,
di sensibilità e di espressione.

Attorno a me
si aggira il mio mondo
di cui io sono signore.

La mia mente
è strumento d’espressione
e io sono indipendente dal corpo,
dalle sensazioni, dalle emozioni,
dai desideri,
dalle facoltà intellettuali.

I miei veicoli
sono un’unica cosa
con la materia universale,
così la mia vita
con l’unica vita universale,
così il mio spirito
con gli altri, 
apparentemente divisi,
e con l’Unica
che li sovrasta
e abbraccia tutti.

Il dolore
dei miei fratelli
è il mio dolore,
la loro colpa è mia colpa;
con essi raggiungerò,
alla fine dei giorni,
la Gloria suprema.

lo sono
una manifestazione
della vita universale
che tutto plasma e anima;
essa vita è in me
come in ogni altro essere
o cosa;
io sono nel suo seno
ed essa mi sostiene,
niente può danneggiarmi
veramente.

Qualunque cosa
possa sorprendermi
non è che un cambiamento 
necessario alla mia evoluzione.

Non temo di perdermi,
né temo alcun male,
perché sono
una manifestazione della Realtà,
potenzialmente pieno
di Divino Amore,
di Divino Sapere,
di Divino Potere.

Rivolgo la mia attenzione
al mio Sé superiore,
lo spirito,
che mi guida nelle lunghe
peregrinazioni della carne,
affinché renda attivo in me
ciò che per natura
è allo stato latente.

Sono pronto ad andare
là dove posso essere di aiuto;
l’Universo è la mia patria,
l’umanità la mia famiglia,
il mio prossimo me stesso.
Fratello orientale, CF77


116.
Vadano queste parole
là dove sono attese,
e mai mente umana
possa servirsi di loro
per fine egoistico,
imperciocché esse rendano
gloria solo all’Esistente.

Là dove è discordia,
esse portino unione.

Là dove è incomprensione,
esse siano il nuovo idioma
per una perfetta,
reciproca intesa.

Chi le ha udite
ne è contagiato
e mai potrà dimenticarle.

Suoneranno come
un’accusa o come un plauso,
eppure la realtà che esse
esprimono non conosce
né premio, né castigo.

Passa l’uomo col tempo,
ma la Realtà eternamente rimane.

Muta l’uomo nello spazio,
ma la Realtà sempre,
e ovunque, vige.

Così queste parole,
indegna Sua veste,
son valide per ogni uomo
e per ogni tempo;
voi, fratelli,
che ne siete oggi depositari,
abbiate un ultimo insegnamento:

«Amatevi gli uni gli altri,
perché solo così gli uomini
comprenderanno che qua
non vi è sfruttamento.
Non vi sono né massimi,
né minimi».
I primi servono gli ultimi.
E a chi dirà:
– Io sono colui che ha detto
queste parole – non credete;
esse non sono di alcuno.
Erano prima che l’uomo fosse.
Kempis, CF77


117.
Io credo nell’amore 
di Dio per le sue creature,
e credo che un giorno
tutti gli uomini si ameranno
gli uni gli altri.

Credo che nessuna creatura
possa essere discacciata dal Padre,
ma che tutte un giorno
saranno coscientemente in Lui,
perché credo nella legge
di evoluzione spirituale cosmica,
mezzo e oggetto di essa “la Vita”,
supremo dono per la quale l’uomo,
che nulla è, diviene tutto.

Credo nella reincarnazione
o trasmigrazione della individualità,
in corpi capaci di esprimere
l’evoluzione conseguita,
allo scopo di conseguire evoluzione.

Credo nella legge di causa ed effetto,
per cui ognuno raccoglie i frutti
che ha seminato;
l’uomo, causa della sua infelicità,
rimane vittima di quello
che egli stesso ha determinato.

Credo che il bene e il male 
siano relativi a ogni individualità,
ma posso affermare
che sia giusto e buono
tutto quanto favorisce
il progresso dell’individuo,
e sia ingiusto e cattivo
ciò che danneggia
i miei fratelli e me stesso.

Credo nella causa di legge
e credo nella misericordia Divina.

Credo che la coscienza
esprima quanto di più elevato
l’individuo possa concepire,
ma non necessariamente
quanto di più elevato vi sia.

Credo il miracolo
della trasformazione Morte,
tanto bella quanto quello
della trasformazione Vita,
e credo che l’uomo
definisca bello o brutto,
attrattivo o repulsivo,
secondo l’impressione soggettiva.

Credo in un’Unica fonte del Tutto,
l’uomo parte di Essa;
come i raggi del sole
sono parte del sole,
pur non essendo il sole.

Credo che non vi sia vita
che non sia il riflesso
di un’Unica Vita,
così come ogni potere
è riflesso dell’Unico Potere,
espressione dell’Unica Vita.
Kempis, CF 77


118.
È supremo conforto per me
essere certo che per le creature
niente è male reale,
che niente muore,
perché nell’Universo
è Vita e Amore,
l’una esplicante
l’esterna natura di Dio,
l’altra l’interna.

Come spiegare
più chiaramente ciò, Padre,
questo Tuo essere tutti noi
che ci conduce
a riconoscerci in Te?

Come dirlo,
se nel momento che Ti chiamo,
o quando Ti penso,
non chiamo Te e non penso a Te,
perché Tu non sei quello
che riesco a pensare.

Le parole non servono
perché appartengono a un mondo
che si fonda su ciò che sembra
e Tu Sei.

La nostra mente
ci fa credere un “io”separato,
e Tu sei un Tutto-Uno-Assoluto.

Il nostro sentimento ci assoggetta
all’illusione del trascorrere,
e Tu sei la Realtà
che non conosce sequenza.

Come avvicinarci a questa Realtà,
se non abbiamo il coraggio
di rinunciare a credere
che l’io sopravvive?

Noi, quali ci sentiamo,
non siamo immortali,
la nostra consapevolezza 
finisce per lasciar posto
a un’altra più grande
consapevolezza,
fino a che sentiamo
che Tu solo esisti,
che Tu solo sei la Realtà.

Ma neppure questo
è l’ultimo sentire,
è l’ultimo dell’illusione.

Oltre è l’Eterna Realtà
del Tuo Essere,
di fronte alla quale
solo il silenzio
è giusta voce.
Pace a voi.
Kempis CF77    


119.
Chi è Dio?
Egli non è
il Dio di Abramo,
né di Confucio,
non è Brahama,
non è il Padre del Cristo,
né l’Allah di Maometto.

Non è né bene
né male,
non è amore
contrapposto all’odio,
non è giustizia,
ma non è parzialità,
non è misericordia,
ma non condanna.

Egli è al di là
del gioco dei contrari,
ma essendo
la “somma pienezza”
è tutto ciò
che vi manca:
amore per chi
non è amato,
beatitudine
per chi soffre,
tutto per chi nulla è.
Egli è l’Uno
che appare
come molteplice,
ma non è l’apparenza,
perché “È ciò che È”.

È Infinito
perché l’Unico,
Eterno
perché immutabile,
indivisibile
perché in realtà
è il solo che esiste.

Egli è completo,
perché è il Tutto
che Tutto comprende,
ma non è il Tutto,
perché il Tutto trascende.
Egli è Assoluto Sentire
ed Essere,
nostra reale condizione
di esistenza.

Invoco lo Spirito
che è in voi,
il solo capace di dare senso
al mio misero balbettare.
Kempis


120.
In verità
siamo nel seno di Dio,
costantemente con Lui
in contatto.

Da Lui alimentati,
ognuno esprimente
un grado di coscienza
e quindi con una propria
libertà e responsabilità,
nonostante che Dio
non sia una persona distinta
da tutto quanto esiste,
e nonostante che
la Realtà sia razionale.

Dio non parla agli uomini
alla maniera narrata
dalle Antiche Scritture,
non gioca con loro
a nascondersi
per farsi intravedere
di tanto in tanto
da qualcuno,
ma ininterrottamente
ci comunica l’esistenza
e indiscriminatamente
si rivela in ciascun essere
alimentandogli il sentire.

Il rapporto fra Dio
e l’uomo
non è quindi saltuario
e di pochi, ma intimo e totale.

È l’ora che vi stacchiate
dalle figurazioni immaginifiche
delle religioni
che vanno bene per l’uomo
mentalmente bambino,
altrimenti l’intelligenza
sarà solo dell’ateismo.

È l’ora che prendiate
coscienza del fatto
che la realtà materiale
e spirituale
sono una sola cosa
e soprattutto che questa
unica realtà
è assolutamente razionale.

È finito il tempo
in cui la morale
veniva imposta,
perché la Verità dello spirito
appartiene al fantasioso
mondo delle favole.

Una nuova era sorge
e l’uomo esce
dal confuso mondo
del fanciullo
per entrare
in quello più consapevole
dell’adulto.

Per voi è già l’alba
del nuovo giorno!
Pace a voi!
Kempis


121.
Figlio mio,
non ostinarti a cercare
la felicità dove
non l’ho posta.

Essa non è nel possesso
dei beni materiali,
nell’appagamento
dei sensi,
nell’esaltazione del tuo io
o nell’accondiscendenza
che tu puoi avere
nei riguardi dei tuoi simili.

Io solo sono
la vera beatitudine.

Il mondo dei fenomeni
in cui ti muovi e agisci
non deve essere
lo scopo della tua vita,
ma solo un mezzo
che ti conduce a Me,
perché io solo sono
la tua vera esistenza,
la tua vera essenza.

Per quanto tu sia debole,
insufficiente e misero,
per quanto abbietto
tu sia giudicato,
o tu sia, ricordati:
io ti amo,
perché io solo
sono il vero amore.

Cercami
e non sarai deluso,
trovami
e non conoscerai
mai più il dolore.
Pace a voi.
Kempis


122.
Rivolgiamoci a Colui
che è la Realtà del Tutto;
dischiudiamoci a Lui
che è reale dimensione
d’esistenza di ogni essere
e supereremo
le contingenti limitazioni.

Sì, Padre,
nell’esistenza di ognuno
c’è un giorno
in cui è udita la Tua voce.

Non sia che quel giorno
essa dica:
“Io non ti ha dato la vita
nel mondo perché tu
portassi la morte.

Non ti ha dato il desiderio
perché tu divenissi avido.

Non ti ho dato la mente
perché ti rendessi schiavo
dei suoi tranelli;
né ti ho dato
la tranquillità
perché tu vegetassi,
e il progresso
perché ti circondassi
di cose inutili
o perdessi la tua vita
nella ricerca di quelle.

Non ti ho dato
la grandezza perché tu
disprezzassi gli umili;
né ti ho dato
il potere perché tu
opprimessi
e operassi ingiustizie.

Non ti ho dato la pace
perché tu la distruggessi,
e se ho permesso
la guerra
è perché tu apprezzassi l’intesa.

Se ho permesso il dolore
che viene dall’egoismo
dei tuoi simili e dal tuo,
è perché tu comprendessi
lo splendore dell’altruismo.

Se ho permesso
l’intolleranza, l’offesa,
la schiavitù,
è perché tu perseguissi
le virtù contrarie.

E se ho permesso
che tu fossi umiliato,
sfruttato, incompreso,
è perché tu imparassi
a non umiliare,
a non sfruttare,
a comprendere,
in quanto una vita felice,
ma sterile,
non è tanto preziosa
quanto una tormentata
che doni comprensione.

Ma io ti ho dato la vita
nel mondo perché tu
lo rendessi più bello;
ti ho dato l’abbondanza
perché ti fosse
più facile donare;
ti ho dato il benessere
perché tu avessi pietà
di chi soffre;
ti ho dato la sapienza
perché tu creassi.

Ti ho dato il desiderio
perché tu desiderassi
il bene dei tuoi simili,
e la mente perché tu
comprendessi
che una sola cosa
è necessaria
e quella tu scegliessi:
quella cosa che ti conduce
al di là degli opposti,
là dove non v’è
separazione,
dove causa ed effetto
sono una sola Realtà.
Pace a voi.
Kempis


123.
Questa è la fonte preziosa 
di quell’acqua che disseta,
casta per purificare,
forte per trascinare,
umile per esaltare.

Se sei venuto per bere
attingi di quest’acqua
si rara nel deserto,
se non hai sete
fatti da una parte 
e cedi il posto.

Quest’acqua è aurea,
ma è più preziosa
ancora dell’oro;
conservala
dunque gelosamente
e non sprecarla
perché la via è lunga
e solatia.

Odi il dolce rumore
dello zampillo,
ma non esserne incantato,
non sia per te come sirena
per il navigante.

Guarda come cristallina
è la polla:
puoi specchiarti
e acconciarti l’abito,
ma non essere
novello Narciso;
immergi il tuo corpo
nella freschezza 
di quest’acqua,
ma sii pronto a uscirne 
come se fosse sterco.

Eppure essa è preziosa
più ancora del cibo
nella carestia;
prendi nell’abbondanza
per non essere povero
nella carestia,
e bada di non barattare
l’oro per l’orpello.

Leggi e intendi
che cosa è scritto
con caratteri di fuoco
sulla fonte:

“La voce risuona,
ma il tuo orecchio 
non l’ascolta;
la mano scrive
sulla sabbia del deserto,
ma se attendi domani
il vento avrà tutto cancellato
e non potrai più leggere;
la meteora attraversa il cielo,
alza su la testa subito
se vuoi vederla:
fra pochi istanti
sarà consumata 
nel suo stesso fulgore”.


Le Sue mani
sono protese nell’aiuto
innumerevoli volte,
perché immensa
è la sua pazienza poi,
improvvisamente
si ritraggono.

Allora ascolterai,
ma sarà silenzio;
cercherai di vedere,
ma la sabbia sarà muta 
e il cielo buio,
né il pianto,
né la tua grande disperazione
potranno richiamare
l’occasione perduta.
Kempis


124.
“Sì, Padre,
la mia presunzione
mi fa così cieco
della Tua grandezza
e della mia nullità che vorrei,
quale sono, essere eterno.
Penso di possedere
tante qualità da avere
il diritto di rimanere
intatto eternamente,
come simulacro
della perfezione umana.
L’essere diverso dagli altri
non mi spinge
a comprendere ciascuno,
come me, incompleto,
ma mi fa sentire
a loro superiore
e meritevole
della particolare
Tua attenzione.
Perciò rifiuto l’idea
di entrare in comunione
con loro.”

“Tutto questo, figlio mio,
perché non ami.
Quando, dopo aver imparato
a non uccidere,
a non rubare,
a non desiderare
la roba di altri,
a non rendere
falsa testimonianza,
a onorare il padre e la madre,
a non fornicare,
a non desiderare
la donna d’altri,
a santificare le feste,
a non nominare
il mio nome invano,
a non avere altro Dio
fuori di me,
e perciò a pormi
sopra ogni cosa,
tu, per amore,
dimenticherai tutto ciò,
allora amerai veramente
di quell’amore
che non conosce condizioni,
timori, riserve, e io ti dirò:
“Hai molto amato
e molto ti è perdonato!”

Amando veramente
tu comprenderai
che nulla più ti importa
di te stesso
e che la più grande felicità
è nella comunione
con l’oggetto del tuo amore,
scopo e coronamento finale
della tua esistenza.”
Pace a voi.
Kempis


125.
Signore,
la logica mi fa concludere
che il caso non può esistere,
e che una catena di cause 
e di effetti
mi indirizza nel mio vivere,
pur consentendomi
quella libertà che è ignota
agli esseri dalla coscienza
in potenza.

Signore,
posso riconoscere
il fine immediato
della vita naturale,
che è quello di perpetuare
sé stessa,
perciò ragionevolmente
posso credere
che tutto ciò abbia
un fine più ampio,
che sfugge
alla mia costatazione.

Se Tu sei capace
di trasformare
la materia insensibile
nella coscienza del santo,
allora, Signore, Tu sei amore!

E benché non abbia
la percezione di quanto Tu sei,
umilmente Ti ringrazio
con tutto l’amore
di cui sono capace
e che Tu giorno per giorno,
istante per istante alimenti,
nutrendo la mia stessa
esistenza.

Signore,
fa che il Tuo amore
riunisca tutti noi tuoi esseri,
e che non venga mai meno,
ma anzi sia sempre in noi,
giorno per giorno,
istante per istante.

Perché così Ti conosceremo
e nulla più ci sarà oscuro.
Pace a voi.
Kempis    


126.
Chi sei Tu,
essere assoluto
di cui noi siamo atomi?

Tu che trascendi
le nostre limitazioni
e il morire di ogni istante?

Tu che ci salvi
dall’immobilità
e ci fai evadere
dalle condizioni di limitatezza?

Tu che ci fai esistere
e non releghi
la nostra coscienza
a uno stato di incompletezza?

Tu che esisti
nel superamento
di ogni separatività,
nella comunione
di tutti gli esseri?
Chi sei?

“Io sono spirito e materia,
e nulla di tutto questo.


Sono maschio e femmina,

e nulla di tutto questo.

Non sono neppure un io,

perché in me
non esiste distinzione,
separazione, limitazione:
infatti comprendo il Tutto.


Comprendere il Tutto

significa non conoscere
esclusione alcuna,
privazione alcuna.


Non conoscere l’angoscia

che nasce dal desiderio
di avere o di essere
ciò che non si ha

o non si è.

Essere il Tutto

significa “essere”
e quindi avere
la pienezza assoluta.

Per te io sono

tutto quanto ti manca
per essere assoluto.

Tutto quanto sperimenti

ti conduce a me,
perché io sono
il tuo destino.

Apparisco nascosto

ai tuoi occhi,
eppure sono palese
a chi voglia trovarmi.

Non attribuirmi qualità

che hanno un contrario,
perché mi limiti.

Dunque io sono illimitato,

ma pure questa
è una qualità,
dunque io sono

indefinibile.

Sono il tuo essere

e il tuo non essere
in forza del quale
sei come sei,
in quanto ogni cosa

del mondo relativo esiste
perché esiste il suo contrario.

Ma io sono

la spiegazione dei contrari
perché li trascendo.

Sono Colui

che dalla materia bruta
trae la coscienza
in forza della quale

tutto esiste.

Se infatti ciò che è

non sentisse,
o non fosse sentito,
non esisterebbe.

Così il prodigio

dell’esistenza
è il prodigio
della coscienza.

Esistere

è sentire di esistere.
Io sono
l’esistenza assoluta.

Perciò sentire

di esistere è sentire me.

Ogni essere mi sente,

perché sente di esistere,
e in forza

della sua stessa esistenza
io sono presente
in ogni essere.

La semplice coscienza

di esistere
è la mia più velata

manifestazione negli esseri,
ma io sono anche ciò

che alimenta
la loro coscienza.

Perciò sono la gioia

che aneli
e il dolore che ti schianta;
sono l’ambizione

che ti spinge alla conquista
e il vuoto

che alla conquista subentra.

Per ampliare

la tua coscienza
non esito a edificare

una civiltà o a distruggerla.

Tutto io faccio

in funzione di te, 
del tuo vero bene.

Vedi coloro

che ti circondano?
Gioiscono, soffrono,

si muovono, vivono
e ciò che tu vedi di loro

avviene per te.

Vedi che accade nel mondo?
Accade per te!


Anche ciò di cui hai avuto

solo una scarna notizia,
sentito un lontano eco,

è avvenuto per te, figlio mio.

Il sole sorge e tramonta,
le stagioni si susseguono,
i pianeti percorrono

le loro orbite,
gli universi nascono

e periscono
e tutto ciò io lo faccio

accadere per te, figlio mio!

Dunque io sono

la sostanza che ti costituisce
e lo spirito che ti anima,
poiché tu sei in me

ed lo sono in te, figlio mio.

Ma non mi fermo

solo a questo,
perché rendo partecipe

di me stesso ogni essere
e a ciascuno mi dono

interamente senza riserve,
fino al punto che ogni

distinzione “io e te”,
ogni separazione,
sono solo illusorie

e lo sono solo quel tanto
necessario a farti esistere,
a donare all’essere

la coscienza assoluta.
Questo io sono.
Pace a voi.

Kempis


127.
Sì è vero,
tu non sei quel Dio lontano
nella sua immensità,
che misura
la sua onnipotenza
con la fragilità dell’uomo,
che ci beffa dandoci
la mente per nascondersi
dietro l’assurdo dogma
e quindi confonderci.

Tu non sei quel Dio
che fa dei nostri errori
colpe meritevoli
di eterna pena,
che nega la sua grazia
a chi non lo riconosce.

E come possiamo
riconoscerti
se è vero
che non potremmo
mai comprenderti?

Tu non sei quel Dio
che ha bisogno
di essere pregato,
lusingato
per poi assecondare taluno
ma non si sa chi e perché.

Quel Dio sono abituato
a pregare.
Ma se mi si toglie un Dio
così enigmatico e despota,
debbo necessariamente
rimanere smarrito?
Impedito
nel senso mistico?

E quale può essere
la mia preghiera,
se ancora ha un senso
pregare?

Come posso
rivolgermi a te, Padre,
se tu non sei una persona?

Come posso pregarti
per chiederti qualcosa,
quando già tutto
tu mi dai prima
che lo chieda?

Come posso pensare
di capire qual è il mio bene
e quello domandare,
quando il mio sguardo
non va oltre le mie limitazioni
e il mio giudizio,
di conseguenza,
è così parziale?

Posso pregare
solo di scusare
la mia presunzione,
di sostituirmi a te
nel sapere che cosa
mi è necessario
senza considerare
che solamente il vero bene
è la vera mia necessità,
non quella che credo tale.

La mia preghiera
non può essere
che un ringraziamento.

Debbo ringraziarti
perché non mi ascolti,
perché non fai
la mia volontà,
ma la tua.

La mia preghiera
non può essere
un contatto con te,
perché già io sono
nel tuo seno
in modo indivisibile,
nonostante
la mia incoscienza,
e mai,
per nessuna cosa
che io faccia o senta,
tu mi ripudi,
mai l’esistenza
che mi comunichi viene meno.

Padre,
se ciò a cui vado incontro
lo debbo subire
per il mio bene,
fa che trovi la forza 
per subirlo
anche se non ho
la consapevolezza
della sua necessità,
ma se deve accadermi
per stimolarmi
a lottare e reagire
perché non accada,
fa che trovi la volontà
e la determinazione
che mi sono necessarie.

La mia preghiera
può essere solo
quella di rivolgermi a te,
Padre,
per trovare, io o altri,
la consapevolezza
di una simile verità,
perché in tale
consapevolezza
si spegne ogni affanno,
ogni paura,
ogni smarrimento,
ogni solitudine
e si trova ogni serenità,
ogni certezza,
ogni conforto,
ogni pienezza.
Io sono in te, Padre,
parte della Tua esistenza.
Kempis


128.
Libertà
non è la possibilità
di fare ciò che si desidera.

Ciò che si desidera
è sempre conseguenza
di una necessità,
frutto di incompletezza
e di limitazione.

Libertà è la possibilità
di sottrarsi a uno stato
di limitazione,
ed è un attributo 
crescente dell’evoluzione.

È assolutamente libero
chi non è soggetto 
ad alcuna limitazione.
CF77


129.
Come il movimento
è una successione di punti,
il tempo ne è una di attimi,
in ciascuno dei quali
vi è una particolare disposizione
degli oggetti nell’universo.

La vostra mente,
passando da un attimo all’altro,
secondo una successione
convenzionale, con il ricordo,
crea l’illusione del movimento,
del cambiamento, del tempo.

Il mondo fisico,
che cade sotto i vostri occhi
e che appare come perenne
divenire,
è in realtà un eterno “essere”.
CF77


130.
Il problema dell’individuo
non è quello di divenire,
ma quello di essere.

Non è quello di conoscere,
ma quello di comprendere.

Non è quello di sapere,
ma quello di sperimentare.

Nell’individuo la volontà
è la base della potenza.

La comprensione
quella dell’amore.
La consapevolezza
quella della saggezza.
CF77


131.
Il mondo che voi osservate
è un mondo che sembra
in continuo divenire,
ma la verità è che voi avete
la visione dinamica
di un mondo statico.

La realtà non è “una”
che diviene,
ma “una” costituita
da molte che “sono”.

Il selvaggio
non diviene santo,
ma l’uno e l’altro
fanno parte di un “essere”
che ha molteplici fasi
di esistenza.

Evolvere, quindi,
non significa “divenire”,
ma è il manifestarsi
in successione
di differenti “sentire”
corrispondenti
a tanti stati d’essere. 
CF77      


132.
Tu consideri la realtà
in continuo divenire
perché la frazioni,
perché nel tuo concetto 
essa è limitata nel tempo
e nello spazio.

È quella che riesci
a percepire;
quindi la limiti
in senso spaziale.

È quella che è ora,
nel momento attuale;
quindi la limiti
nel senso temporale.

Ma il tempo e lo spazio
sono illusioni
che scaturiscono
dal considerare
la realtà in modo frazionato
e non, invece, quale essa è:
Un-Sol-Tutto-Inscindibile. 
CF77         


133.
Tutto è soggettivo.
Quello che esiste
oggettivamente
è solo una sostanza
indiversificata che,
captata attraverso
dei sensi limitati,
appare come mondo fisico,
astrale o mentale.

La conseguenza
della percezione limitata
è la visione-creazione
dei mondi tratti dal percepire
parzialmente la divina sostanza,
in sé omogenea e indiversificata.
Solo Dio è Realtà. 
CF77         


134.
L’io non trova riscontro
nella realtà costituzionale
dell’individuo.

Non esiste l’io che sente;
esiste il “sentire”.

L’individuo non è colui
che sente: 
è sentire individuale.

Così come Dio
non è colui che ama: 
è amore.

Nel “sentire”
non si conosce una verità,
ma si è quella verità. 
CF77         


135.
La nostra consapevolezza,
come unità,
risulta dalla confluenza
di tanti piccoli atti istintivi
della mente,
così diversi che potrebbero
essere prodotti da tante menti
diverse da quella consapevole.

Nella sequenzialità
appare diverso e molteplice
ciò che, in realtà, è uno.

E come i singoli atti
del processo
della consapevolezza
risultano riassorbiti
dalla sintesi finale,
così noi, in realtà,
siamo un solo essere
al di là di ogni apparenza. 
CF77     


136.
Ho conosciuto
l’amore degli uomini,
ed era possessivo.

Ho conosciuto
la loro amicizia,
ed era sfruttamento.

Ho conosciuto
il loro aiuto,
ed era umiliazione.

Ho conosciuto
la pietà degli uomini,
ed era degnazione.

La loro protezione,
ma aveva un secondo fine.

Ho conosciuto
la giustizia degli uomini,
ma era parziale.

La loro forza,
ma era brutalità.

La loro onestà,
ma era apparenza.

Ho conosciuto
la fede degli uomini,
ma era una prigione.

La loro filosofia,
ed era cenere.

La loro scienza,
ed era cecità.

Ho conosciuto
la compagnia degli uomini,
ma non mi riempiva.

Tutto questo ho conosciuto
e assaporato e,
restandone turbato,
ho compreso di non essere
morto a me stesso. 
CF77         


  

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