L’oratio continua, la relazione interiore, la contemplazione

Ai termini “oratio” e “preghiera”, preferisco quello di “relazione interiore” molto meno connotato in senso discorsivo, meno legato alla parola e al parlare.
L’oratio continua, la relazione interiore permanente, è l’orizzonte del monaco dalla notte del tempo e, ad oggi, è l’esperienza di chi lascia emergere la vastissima area dell’esistere oltre sé.
Non emerge una parola, non solo e non necessariamente, comunque: emerge un sentire, uno stato d’essere, una connessione, una fusione, un risiedere.
Emerge come silenzio carico d’Essere.
A. Louf usa l’espressione “Lo Spirito prega in noi”, intendendo con questo l’esperienza di una dinamica interiore che ci trascende e avviene al di là del nostro controllo e della nostra volontà.
E’ un’espressione efficace, ma solo parzialmente rimanda all’esperienza reale: il sentire non è parola evidentemente, la precede, è uno stato d’essere.
Diviene parola e pensiero là dove ad essi si è legati come veicoli d’espressione del non-dicibile, ma non tutti hanno quel legame: nella nostra esperienza, noi lasciamo il sentire al suo essere silenzio, potenza inarticolata nell’umano, realtà non declinata, stato d’essere non ridotto dalla mente.
È l’esperienza della contemplazione che vede morire la trasduzione continua del sentire in divenire: il sentire rimane sentire, perché il mezzo del divenire è scomparso nella centralità che si attribuisce.
Esiste il divenire fino a quando qualcuno si interpreta come soggetto di e in una realtà: quando quel soggetto scompare, ciò che sorge è l’esperienza dell’essere-che-non-diviene.
La relazione interiore diviene permanente, non soggetta al tempo o, se preferite, che lo attraversa non condizionata da esso: l’oratio è continua, il sentire affiora senza sosta e senza tempo.
Il termine stesso “relazione” è fuorviante perché sottende l’esistenza di più soggetti, quando invece non ne esiste alcuno e solo il sentire, che soggetto non è, pervade la scena.
A questo punto si può parlare solo di contemplazione.
La contemplazione che nasce dalla tensione/relazione tra sentire e soggetto e che vede quest’ultimo lasciare la scena.


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