Dal sentire all’azione: coerenza, autoindulgenza, umiltà

La coerenza è la corrispondenza tra sentire/pensiero/azione.
Il compreso trova manifestazione in ciò che pensiamo, proviamo affettivamente ed emotivamente e in ciò che agiamo quotidianamente.
La questione della coerenza non si pone quando una comprensione è completamente acquisita e strutturata: si pone prima di allora, quando ancora mancano dei tasselli al suo pieno dispiegamento.
Quando un determinato aspetto del vivere e dell’essere è stato compreso, non c’è scelta: prima di allora c’è spazio per l’interferenza della cultura, dell’identità, della morale.

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Torto, ragione, umiltà

d-30x30Torto, ragione, umiltà. Dizionario del

Una delle cose più difficili per il nostro Io (e, di conseguenza, per noi stessi) è quella di ammettere di essere dalla parte del torto. Impostare un rapporto sulla dicotomia «torto e ragione» è un errore non da poco – ci dicono le Guide – perché pone già in partenza la presenza di una conflittualità che finirà col manifestarsi impedendo ai contendenti di essere obiettivi e di mantenere quell’elasticità e quell’obiettività che, sole, possono garantire la creazione di una situazione di scambio.
Spesso manca l’umiltà, spesso ci si dimentica che la ragione o il torto non stanno mai sempre da una sola parte ma che nelle situazioni di conflitto le responsabilità appartengono a tutti i partecipanti al conflitto.
Questo non significa certo rinunciare a portare avanti le proprie idee o a dichiarare le le personali convinzioni ma soltanto che può essere fatto, e con migliori risultati per la comprensione reciproca, senza mettere in essere atti di forza controproducenti.
Questo si vede nel corso delle discussioni: un conto è spiegare le proprie idee e cercare di far capire all’altro se e perché sono giuste, un altro conto è difenderle a spada tratta come se fossero verità assoluta e pretendere che l’altro le accetti incondizionatamente. Quanti rapporti, nella nostra vita, siamo riusciti a rovinare attuando questo tipo di comportamento, finendo col causare attriti, rivalse, rancori, ripicche che, alla lunga, deteriorano qualsiasi possibilità di utile scambio? Se siamo sinceri con noi stessi non possiamo che ammettere che sono stati molti e che, a posteriori, quello che abbiamo perso è stato molto di più di quello che abbiamo guadagnato.

Messaggio esemplificativo (1)

Quante volte, fratelli e sorelle, vi ascolto dire: «Quella persona sta sbagliando e quell’altra, invece, ha ragione» o – peggio ancora – «Io ho ragione e tu hai torto».
Quant’è triste udire queste parole persino da uomini che, pure hanno ogni conoscenza necessaria per non commettere questo tipo di errore così comune, sia tra chi vive della sola materialità che tra chi segue, o cerca di seguire, o dice di voler seguire la via spirituale.
E proprio a questi ultimi, a coloro che seguono la via dello spirito, che voglio rivolgermi, miei cari, quindi a tutti voi, presi uno per uno – con l’accoratezza di una madre che cerca di far comprendere ai propri figli i loro errori.
Dire: «Io ho ragione e tu hai torto!» – figli nostri – significa fare mostra di presunzione, significa credersi più avanti dell’interlocutore, osservarlo dall’alto in basso con superiorità, o con degnazione o – peggio  ancora – con compatimento.
Ma se fosse davvero così, se uno avesse ragione e l’altro torto, allora dovrebbe essere proprio colui che ha ragione a fare atto di umiltà verso chi ha torto, perché chi sbaglia non va crocifisso, bensì aiutato.
Non commettete l’errore di confondere la conoscenza e la cultura che qualcuno può possedere, con la sua comprensione e la sua evoluzione, poiché non è detto che l’uomo che conosce l’intero vocabolario a memoria sappia poi scrivere un libro in forma corretta e sensata; e quante volte accade che un uomo sappia citare tutti e quattro i vangeli e intanto dimostri con le parole e con le azioni di non aver compreso neanche il più semplice insegnamento di Gesù!
Quante volte vi ascolto – e con rammarico – definire il comportamento di un vostro simile sbagliato e non voler esaminare invece la parte di responsabilità che voi stessi possedete per questo suo comportamento! Quante volte vi sento dire che un insegnamento è infantile, senza rendervi conto che state dicendo qualcosa di inconcepibile poiché non può esistere che «l’insegnamento», e classificarlo in qualche maniera significa solamente dimostrarsi incapaci di capire quello che sta dietro alle parole e alla forma, significa dimostrare che è inutile voler affrontare temi difficili e complessi quando quelli semplici e – in apparenza – puerili, non sono stati ancora, evidentemente, da voi compresi a fondo. Conoscenza non è comprensione – miei cari – così come dialettica non è superiorità, e così come intelligenza non è evoluzione. Ognuno esprime se stesso in un modo particolare ma tutti i modi di esprimere se stessi sono equivalenti, dalle disquisizioni filosofiche al pianto accorato, perché ognuno di essi è il modo di essere di un individuo.
E quante volte – miei cari – il mio rammarico viene trasformato in sorriso nel sentirvi cercare una definizione dell’amore, nel volerlo inquadrare in parole inadatte quando non riuscite a percepirne che un pallidissimo riflesso, un’idea egoistica che è solo l’immagine sfocata di una realtà che voi percepite – attualmente – in modo sommario e largamente soggettivo! A tutti voi che siete con noi io dico: se siete tra di noi per apprendere delle nozioni o delle verità assolute, o delle cognizioni mentali, state sciupando un’occasione perché non godete che di un’infinitesima parte di ciò che andiamo costruendo per voi; perché, anche se spesso le nostre parole parlano all’intelletto, sempre – invece – esse parlano al cuore di chi sa ascoltarle e far vibrare il proprio essere non al suono delle belle frasi o delle teorie complesse, ma alle vibrazioni ben più profonde e trasformatrici dei sentimenti,  dei trasporti, degli abbandoni.
Fratelli, sorelle, chiedetevi perché siete qui con noi e, se la vostra risposta sarà che siete qui per conoscere cose nuove, me ne dorrò per voi; così come mi rattristerà sentirvi rispondere che siete qui per conoscere la spiritualità e dimenticare la materialità.
Perché vedete, fratelli, non dimenticatelo, sorelle, materia e spirito non si oppongono ma si completano, l’aldilà non è sacro e il mondo fisico non è profano, i problemi materiali non possono essere staccati da quelli spirituali, altrimenti come potete affermare di crederci e di capire allorché vi diciamo che Tutto È Uno?
E se «Tutto È Uno», fratelli, se «Uno È Tutto», sorelle, giudicare gli altri significa mettersi in condizione di essere giudicati, agire sugli altri significa lasciare che gli altri agiscano su noi, aiutare gli altri significa farsi aiutare dagli altri, essere accettati significa accettare gli altri, essere compresi significa comprendere gli altri, evolversi significa aiutare gli altri ad evolversi, essere amati significa saper amare a un punto tale da diventare l’Amore stesso. Viola

1  Sussurri nel vento, pag. 69 e segg.

Dal volume del , Dall’Uno all’Uno, Volume secondo, parte seconda, Edizione privata

Indice del Dizionario del Cerchio Ifior

Umiltà e conoscenza di sé

d-30x30Umiltà. Dizionario del

L’umiltà – ci dicono le Guide – è uno dei requisiti essenziali per riuscire a procedere nella conoscenza di se stessi.
Essere umili non significa vivere passivamente ritenendosi al di sotto degli altri, bensì essere consapevoli che si ha sempre molto da imparare e che quello che si conosce veramente è solo una piccolissima parte di quella che è la Realtà.
Se si riesce a tenere sempre presente questo fatto, l’individuo mantiene intatta la sua obiettività e la sua elasticità verso i cambiamenti, accettando che tutto quello che oggi crede vero, domani, con l’allargarsi della sua coscienza, potrebbe acquisire nuove sfumature che ne modificano, anche totalmente, il significato. In questa maniera si bandisce da se stessi la presunzione di sapere e di essere al di sopra degli altri, risultato certamente non di poco conto.

Messaggio esemplificativo (1)

Spesso noi chiediamo a voi tutti di essere umili, ma è molto difficile per l’uomo, nella vita di tutti i giorni, essere veramente umile e allora, per spiegarvi ciò che noi intendiamo per umiltà, vi dico:
Siate come la terra, umili come la terra che si lascia continuamente calpestare dai piedi degli uomini eppure, continuamente, offre loro erbe, frutti, e tutto ciò che può loro offrire, senza rifiutarsi di dare quello che può dare solo perché viene umiliata dai piedi e dalle azioni dell’umanità intera. Moti

Ricavate l’umiltà dagli errori che sono stati vostri nel passato, cercate in voi l’universo che è nel vostro futuro e che – pur se non ne siete consapevoli – già vi appartiene.
Ma il passato è un ricordo e le ambizioni future sono solo sogni lontani… che fare, allora, uomo in bilico tra grandi sogni superbi e ricordi fuggenti?
Sii te stesso ora, lavora nell’ora, sia il presente la tua argilla, il tuo marmo, la materia con cui muterai i tuoi ricordi plasmando su di essi i tuoi sogni.
Ciò che sei stato non è più se non come traccia; ciò che sarai puoi solo sperarlo o immaginarlo ma senza una vera certezza, se non nella fede.
Ma ricorda sempre che è ciò che sei, che nasce dall’ieri e crea il domani, nel momento in cui lo vivi porta la tua essenza di uomo dagli angusti confini del tuo essere individuale, separato dall’Assoluto, allo sconfinato universo di cui sei invece parte integrante non ancora consapevole.
Qual è la via dell’umiltà, figlio che compi la tua ricerca? Labrys

Se un tuo fratello ride di te non ti offendere, ma guarda te stesso e il tuo modo d’essere: senza dubbio troverai un motivo valido per unirti alla sua risata.
Se un tuo fratello dimostra freddezza nei tuoi confronti non ti stupire di questo, ma cerca invece in te il motivo per cui susciti in lui indifferenza invece che amore.
Se un tuo fratello ti giudica stupido non risentirti: se ti osserverai attentamente troverai di certo qualche tuo atto che tu stesso definiresti stupido.
Se un tuo fratello ti ritiene ignorante non inalberarti, perché sai benissimo che per ogni cosa che conosci ve ne sono almeno altre mille di cui non sai assolutamente nulla.
Se un tuo fratello piange per te non deriderlo, non compatirlo, non soffrire assieme a lui, ma cerca invece di mutare in te quel qualcosa che gli permette di attribuire a te l’origine di lacrime che sono solamente sue.
Fa tutto questo sinceramente, fratello, riesci a fare tutto questo sentitamente, sorella, e non avrai più necessità di fare sforzi per essere umile, e avrai trovato, finalmente, la strada dell’umiltà. Viola

 1  Sussurri nel vento, pag. 68 e segg.

Dal volume del , Dall’Uno all’Uno, Volume secondo, parte prima. Edizione privata.

Indice del Dizionario del Cerchio Ifior

Il lungo cammino incontro a sé

Ogni volte che c’è un gruppo, ho l’occasione di vedere lo stato dell’arte dei processi di comprensione che avvengono nelle persone.
Ogni volta che qualcuno viene, oppure va, si dischiudono orizzonti, resistenze, chiusure, disponibilità.
Il cammino incontro a sé è lungo e il neofita, se non è dotato di un buon grado di umiltà, di questo non si rende conto e si racconta cose che non hanno fondamento.
Il cammino è lungo anche per la persona che lo percorre da tempo e, per questa, il dono dell’umiltà è ancora più necessario.
1- Cambiare il paradigma in uso e attraverso il quale si interpreta la realtà personale e quella sociale, richiede tempo, studio, esercizio, frequentazione di persone che il nuovo paradigma usano ferialmente.

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L’umiltà

Ci divengono comprensibili scampoli di realtà, in frammenti di specchi si rifrange una comprensione.
Ci sembra di poter parlare dell’Assoluto e non avvertiamo il frastuono del raglio che si leva.
Forse dovremmo solo occuparci di come togliere veli dagli occhi, rimuovere escrementi dal sentiero garantendoci un passo stabile nella precarietà delle ore che passano.
L’umiltà è la piena consapevolezza del raglio, lo splendore del non sapere e del non aver compreso, lo stupore di non avere bisogno alcuno.
L’esperienza dell’umiltà ci consegna nelle mani dell’irrilevanza, del non poterci prendere sul serio, del non riuscire a calcare la scena con la convinzione necessaria all’attore.
Se l’attore non crede alla propria parte, cosa accade di lui? Può solo fare un passo indietro e confondersi nella vita.

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Il narcisismo, la discrezione, la riservatezza

Che bisogno aveva la Comunità monastica di Bose di promuovere, per il settantesimo compleanno del suo fondatore, Enzo Bianchi, un volume di 760 pagine contenente gli omaggi di 130 autori?
Non lo so. Che bisogno hanno di mostrare nel loro sito le immagini di tutti gli ospiti illustri che visitano la loro comunità?
La leggera brezza del narcisismo attraversa Bose? Non lo so e, in fondo, non mi riguarda.
Potrei allargare lo sguardo sulle magnificenze delle liturgie cattoliche così narranti sé, non certo il divino, o il rapporto con esso.
Ma anche questo, in fondo, non mi interessa.
Allora perché ne parlo? Per evidenziare il valore della discrezione, della riservatezza, del nascondimento anche.
Per interrogarmi sul quando e sul dove, forse, anche noi indugiamo nel mostrare, piuttosto che nell’essere.
Fare un passo indietro, tacere, osservare, ascoltare, servire nel silenzio di sé, pregare nella discrezione protetti dallo sguardo di chi ad altro è intento, meditare nella propria stanza quando ancora gli altri dormono.
Il rapporto con l’Assoluto è rapporto feriale e intimo, sia per la persona che per la comunità, ed ha bisogno di un sguardo interiore non preoccupato del mondano, dell’effimero, di tutto ciò che è vanità delle menti.

Immagine da http://goo.gl/VsVi5X

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