La consapevolezza simultanea di stati apparentemente opposti, ma realmente compresenti potrebbe essere una definizione di “asana”, la posizione. Metafora incarnata, suggerimento del superamento delle apparenze. Forma e sostanza impastate…
stare
La pausa: da fatto occasionale a ritmo del vivere
Dal post Nella pausa c’è l’irrompere della vita dentro il quotidiano: Nella pausa c’è l’irrompere della vita dentro il quotidiano, quello stesso che l’uomo fa parlare essenzialmente di lui: dei suoi sentimenti, dei suoi pensieri, dei suoi progetti, delle sue piccole beghe o grossi ‘problemi’, delle sue etichette e delle sue relazioni.
Un momento e niente altro (Appunti)
Questo momento, questo accadere, questi fotogrammi, pochi, sempre pochissimi, e niente altro.
Stabilità, ancoraggio, essenza, Essere.
La pratica meditativa, l’ascolto e il silenzio di sé, la comprensione
Ci sono passaggi complessi nella vita, come ci sono stagioni in cui si può stare a mani basse.
Ci sono fatti semplici e fatti complessi, esperienze facilmente accessibili e altre che richiedono un bagaglio di conoscenze e comprensioni più vasto per poter essere afferrate.
Come dicevo nel post Accompagnarvi nel quotidiano, nei due siti che seguiamo, questo e Cerchio Ifior, sviluppiamo accenti differenti di tematiche simili: la funzione di Cerchio Ifior è di fornire le basi della conoscenza e della consapevolezza; quella di questo sito è di entrare nel ventre dell’esperienza meditativa, contemplativa ed unitaria.
La capacità di risiedere quando tutto perde senso
Risiedere dove? In sé? Nel presente? In entrambi, o meglio nel presente fatto di consapevolezza della sensazione, dell’emozione, del pensiero, del sentire: questo è il presente di sé.
Dunque risiedere in quel flusso che ci attraversa e in quello stato immobile che lo sostiene e lo rende possibile: flusso di minute informazioni che salgono dai sensi e dall’insieme dei corpi; stato di immobilità che precede il flusso e che è come la roccia su cui è edificata la giostra del divenire..
Ci sono giorni e stagioni intere della vita che sono costituite solo di questi minuti e insignificanti flussi e di quelle arie immobili.
Sul recitare, sul fare, sullo stare e sulla propria irrilevanza
Scrive un fratello nel cammino: Il bisogno di recitare un ruolo si sta affievolendo giorno dopo giorno, non perché ora sia più sicuro o spavaldo rispetto a prima; avverto piuttosto una maggiore consapevolezza e sto imparando a non essere troppo identificato nei fatti che arrivano. Ora mi basta lavorare giorno dopo giorno sulle piccole cose, accettando di cadere quando sbaglio, per poi rialzarmi e provare a fare meglio di prima.
Recitare: stanchi della parte, della veste di attore, del ridurre l’altro a spettatore di dinamiche nostre infine proviamo a lasciar andare.
Ci arriviamo per stanchezza, per nausea, per disagio esistenziale non più sostenibile, per conflitto che avvertiamo debba essere affrontato.
La neutralità è il frutto del sentire e la radice di ogni realizzazione
Dice Sandra commentando il post Rimanere, senza fine, in ascolto del sentire: C’è un punto in cui non ti fidi più del recitato della mente ma il sentire non fluisce ancora bene, credo sia il deserto o qualcosa di simile, comunque un passaggio che per molti viaggiatori arriva.
Una terra di nessuno. Ma non è una fase, una stagione, è uno stato costitutivo pressoché permanente. Mi spiego.
Quando l’identificazione molla la presa e viene erosa dalla pratica della conoscenza, della consapevolezza, della disidentificazione e della disconnessione, si viene a creare una disposizione interiore nuova e costitutiva di un nuovo equilibrio e di un nuovo ordine.
Questo nuovo equilibrio è caratterizzato da:
– il ridimensionamento della spinta egocentrica;
Perché è importante il logoramento nella pratica meditativa?
Perché solo quando la mente è logorata dal tempo che non passa, dalla noia, dal non avere agganci e sollazzi, dal dolore fisico della postura, magari, dal disturbo dei pensieri che non vogliono mollare la presa, dal senso di fallimento per la pessima pratica che si sta attuando, solo quando la mente coglie la totale inutilità di quella pratica, stiamo entrando nella pratica vera ed autentica.
Non si pratica una forma qualsiasi di meditazione per divenire migliori, mossi da uno scopo: se lo si fa, si è dei perfetti asini.
La meditazione è pratica di gratuità: è specchio dell’essere che accade e del divenire che scorre senza coerenza e senza essere più tenuto assieme dalla volontà di un soggetto.