In zazen si abbandona il non essere

In zazen si sceglie di non essere mente: in virtù di questa scelta che diviene atto di disconnessione ripetuto, il praticante È, la realtà È, ogni fatto È.
Questo solo perché è stato scelto di non identificarsi con il processo mentale ed emotivo.

Questo significa che la Realtà sempre è presente, totalmente presente ma, nel divenire, dunque nell’illusione, affinché essa sia è necessario che il centro di coscienza compia una scelta, scelga la Realtà e non l’illusione.

Non si può scegliere di Essere, lo siamo già: si può scegliere di non essere identificati e se non si compie questa scelta l’Essere non affiora.

La rinuncia al non essere è fatto minuto, feriale, ripetuto mille volte, molto spesso conscio e altrettante, a un certo punto, inconscio, una sorta di meccanismo automatico quando si è oramai nelle mani di un sentire evoluto.

Questo abbandono del non essere porta subitaneamente in primo piano la realtà nostra costitutiva, realtà d’Essere: ecco perché si dice che zazen è illuminazione.
Cos’altro è l’illuminazione se non vivere consapevolmente l’Essere?
Essere l’Essere.

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8 commenti su “In zazen si abbandona il non essere”

  1. Nella pratica dello zaren, sperimento la volontà di andare oltre la logica del divenire.
    Pratica che plasma ogni corpo ed ci aiuta a smantellare certi struttura.

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    • A Elena
      Alla fine un praticante non fa più differenza tra quando siede davanti al muro e quando opera nel quotidiano, l’atteggiamento di fondo è identico…

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  2. Vivere l’essere significa confermare costantemente la chiamata a ritornare in quello stato ,ad ogni istante scegliamo di aderire all’essere

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  3. Durante la pratica zz si fa esperienza
    concreta delle due dimensioni e..
    quando l’ Essere si affaccia , pervade
    tutto il resto scompare.

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  4. Quello che scrivi salda in uno l’atteggiamento meditativo, che è un atto volitivo non del soggetto ma che sorge da un’intezione consapevole di sé, e la disposizione contemplativa, che viene “da altro” e si manifesta come esperienza dell’Essere.

    Quando deliberatamente scegliamo di sedere in zazen è l’atto volitivo che è centrale ma tale atto è in verità un “deporre le armi”, abbandonarsi all’Essere e, dunque, apertua alla disposizione contemplativa.

    È interessante notare come la volontà, l’intenzione, la scelta e, quindi, la disciplina e la perseveranza siano al centro dell’esperienza dell’Essere.

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