Il capitolo 58 della regola ci dice come bisogna accogliere coloro che chiedono di entrare in monastero. Si tratta di un vero e proprio psicodramma. II candidato è accolto male; non gli si accorda una «entrata facile», lo si fa attendere alla porta per «4 o 5 giorni», lo si ricopre d’ingiurie (bisogna credere che le vocazioni non erano rare all’epoca e che esse erano solide).
voto
Se c’è il voto, qualsiasi cosa mi capiti è la mia vita [Antai-ji15]
Kōshō Uchiyama rōshi. Discorso d’addio ad Antai-ji.
Penso che lo stesso sia accaduto anche nel caso di Bodhidharma. Giunto dall’India in Cina, incontra l’imperatore Wu di Liang ma non si capiscono: allora se ne va a Shaolin, accigliato. In due parole è andata proprio così.
Voto e pentimento, ‘me originario’ e ‘io’ [Antai-ji11]
Kōshō Uchiyama rōshi. Discorso d’addio ad Antai-ji.
[…] Fintantoché siamo vivi, che ci pensiamo oppure no, siamo il me originario ma, nello stesso tempo, abbiamo il karma di produrre molteplici illusioni, ed è un fatto reale che non ci possiamo separare dall’idea che abbiamo di noi come io che esiste di per sé, come ente autonomo.