Vi propongo per la meditazione e la contemplazione queste parole di Lc 12,32-48, senza commento alcuno perché, così chiare e nude, per persone della Via sono più che eloquenti e giungono al cuore della disposizione personale e del lavoro esistenziale di ogni giorno.
dedizione
Lo zazen, la presenza, la prontezza, la reattività nella Via del monaco [vdm11]
Il monaco è colui che risponde, non è colui che prende l’iniziativa, non almeno sulla questione più rilevante che lo coinvolge: il vivere l’adesso.
Qui non ci occupiamo di tutto l’ambito in cui è necessario prendere l’iniziativa, della vita pratica di tutti i giorni per evitare di rimanere senza pane, o senza carburante per l’auto.
Il mondo e la dedizione alla propria vocazione
Antonella, sorella nel cammino, pone la questione della differenza tra resa e rinuncia.
A questi temi vorrei legare quello della dedizione nella via spirituale, già trattato in Cosa chiedo ai miei fratelli e sorelle nel cammino.
La dedizione radicale del monaco alla via di unificazione
Un monaco – colui che ricerca e realizza in sé l’unità – non è un lavoratore dell’interiore, la sua dedizione non è a tempo e non va in ferie dalla sua disposizione interiore.
Un monaco è monaco sempre, ad ogni respiro e finché respiro c’è, fino a quando è attraversato da quella corrente che soffia dalla sua radice.
Certo, può smarrire quella connessione di fondo, e può ritrovarla in un ritmo che lo incalza a stabilizzarsi; come può perderla, definitivamente.
Ad ogni respiro dunque l’archetipo lo crea e lo costituisce come colui-che-si-forma-nell’Uno, nell’indifferenziato Essere.
Senza pratica meditativa il cammino spirituale è fragile
Intendo per cammino spirituale il percorso esistenziale consapevole che da ego ci conduce ad amore, di comprensione in comprensione.
Intendo per pratica un complesso di disposizioni, attitudini e attuazioni:
1- calare nel proprio quotidiano il paradigma che si va seguendo e perseguendo e di questo, in particolare, il superamento della disposizione della vittima;
2- divenire artefici consapevoli e responsabili di ogni aspetto della propria vita;
3- cercare la coerenza possibile a sé, che è sempre in divenire, tra il sentire, il pensare, il provare e l’agire evitando accuratamente di dire e professare quanto non si è in grado di applicare;
Le buone abitudini nella via spirituale
Le buone abitudini si inscrivono nell’interiore.
La coltivazione della consapevolezza diviene un’attitudine e un’abitudine.
La disconnessione diviene un’abitudine.
L’interrogarsi sul tasso di egoismo che ci attraversa, diviene un’abitudine.
Il considerare se ti ho ferito, danneggiato, usato diviene un’abitudine.
La ricerca esistenziale e la sua responsabilità
Una ricerca esistenziale sorge da una duplice spinta:
– quella della coscienza che ha bisogno di dati, di comprensioni;
– quella dell’identità che avverte una mancanza, una frustrazione, una alienazione.
La ricerca può essere consapevole o inconsapevole. Non c’è essere umano che non persegua la via della conoscenza: tutto il vivente sviluppa la consapevolezza di sé e della scomparsa di sé, che lo voglia o no, che ne sia consapevole o no.
Perseverare
E’ possibile perseverare solo nella luce della consapevolezza: avendo chiara allo sguardo l’identificazione e la possibilità di disconnetterla tornando senza sosta all’essenziale.
Le radici della perseveranza affondano lì, nella condizione d’essere e d’esistere che non alimenta altro che non sia l’osservare, l’ascoltare, l’accogliere ciò che la vita presenta come possibilità.
Rivolto a te, non a tutti
Il seminatore per lungo tempo ha seminato a spaglio poi, quando gli è sembrato che il tempo fosse giunto, ha dismesso il gesto ampio e generalizzato, lo spargere il seme, per rivolgersi al singolo gesto, al singolo seme colto e trattato nella sua unicità.
La parola diviene rivolta a te, non a voi; l’azione interpella te, non voi.