L’unificazione spirituale prassi quotidiana

La vita spirituale della nostra comunità è alimentata: dalla pratica mattutina dello zazen, dalle letture, dal confronto quotidiano che avviene attraverso lo strumento delle chat di Telegram; dagli incontri mensili di Via del monaco; dagli intensivi trimestrali.

La sola pratica dello zazen avviene in solitudine, tutte le altre sono frutto di una relazione con le sorelle e i fratelli, o con il maestro.
Lo zazen crea la piattaforma di neutralità e di Essere su cui danza la relazione e con essa l’esperienza, la presa di consapevolezza e infine la comprensione.

Nelle letture quotidiane, nelle discussioni, nelle esperienze, nelle relazioni tra monaci e con il maestro, l’unificazione spirituale è sempre l’orizzonte e il passo che si sta compiendo, quel che è e quello verso cui si tende. L’intero nostro essere tende a realizzare nelle azioni, nelle emozioni, nel pensiero, nel sentire l’unità spirituale di tutti i piani, di tutti i corpi, con tutte le creature.

Una prassi così alta deve avere piedi ben appoggiati a terra, deve concretizzarsi in mille coerenze, alcune così piccole e irrilevanti da sembrare insignificanti, eppure senza di esse si ode solo il raglio dell’asino. Coerenze che solo chi le vive conosce, cadute che nessuno vede oltre a chi cade.
Eppure, nella vita comunitaria, si portano entrambe e sono inequivocabili perché compongono l’atmosfera vibrazionale propria a ciascuno.

Chi è addestrato a sentire, difficilmente si inganna quando una sorella o un fratello affermano qualcosa che non è sostenuto dalla loro atmosfera vibratoria: qui nascono i veri e unici problemi di una comunità spirituale, problemi di coerenza, di fiducia, di affidabilità.
Non abbiamo, nel Sentiero, un problema di fiducia e di affidabilità dei nostri monaci e postulanti, ma un problema di coerenza.

Cosa si intende con il sostantivo “coerenza”? La capacità in ogni momento del quotidiano di mettere a terra l’intenzione unificatrice. Se l’intenzione non diviene gesto, nulla di tutto il resto ha valore e il monaco diviene un contenitore vuoto, la via di unificazione una chiacchiera.

Come si incarna la coerenza, come l’intenzione diviene fatto?
Attraverso l’offerta di sé: in ogni momento ho presente la mia centralità e il suo superamento, vedo la necessità di aprire all’altra creatura superando la divisione illusoria, offro il mio tempo, la mia intelligenza, l’amore che mi attraversa per l’opera di unificazione che dai molti realizza l’Uno.

È in ogni attimo che avviene una scelta, quella tra me e lo scomparire di me. Non è la scelta tra la Via e il mondo, ma tra me e lo scomparire. Se questo è chiaro, allora ogni gesto è gesto unitario, ogni intenzione diviene gesto unificante e quello io divengo, quello è sostanza di tutto l’essere che chiamo mio e che è testimoniato dalla mia essenza vibratoria, l’essenza più vera e autentica, quella che non mente e non è soggetta a interpretazione perché è decodificata dal sentire.

Ecco allora che i mille micro segnali che io emetto nella relazione con l’altro, parlano inequivocabilmente di me, segnali che sono l’espressione di come vibro nel sentire e nei corpi.
Ecco che si pone il tema dei temi: questo mio modo di essere e sentire, come alimenta la comunità spirituale nella quale sono immerso, e cosa porta alla comunità umana dove lavoro e ho gli affetti?

Offro me? La creatività, la possibilità di essere interlocutore credibile? Offro l’energia che l’altro offre a me per realizzare un equilibrio sano e durevole? O prendo e non mi curo?
Offro apertura accogliente e gesto attivo, fattivo, propositivo? O sono portato e mi lascio portare?
Mi limito a reagire? Sono consapevole del danno che produce chi si limita a questo?

È nella circolarità che l’unità spiritale diviene carne, ossa e midollo, qualcosa di sano che sta tra Essere e divenire, tra cielo e terra e che non teme lo spiritualismo né l’identificazione con il divenire.

Print Friendly, PDF & Email

6 commenti su “L’unificazione spirituale prassi quotidiana”

  1. “È in ogni attimo che avviene una scelta, quella tra me e lo scomparire di me. Non è la scelta tra la Via e il mondo, ma tra me e lo scomparire. Se questo è chiaro, allora ogni gesto è gesto unitario.”

    Sembra chiaro, eppure le parole faticano
    ad uscire,

    Rispondi
  2. La circolarità non può essere il frutto di una volontà mentale.

    È qualcosa che accade perché il Sentire ci spinge.

    Quel Sentire lo abbiamo alimentato con lo ZZ, con le letture, con l’introspezione, con i dialoghi in chat, con gli intensivi e per chi ne ha possibilità anche VDM.

    Se si toglie circolarità si toglie nutrimento alla comunità

    Rispondi
  3. Sì, chi persegue una pratica unitaria accetta di vivere tante grandi o piccole incombenze.
    Non posso lasciare ad altri fratelli o al maestro, quello che compete a me.
    E la prima coerenza in una Via come la nostra, l’ha bene sottolineato Nadia, è la circolarità. Se qualcuno tende una mano verso di te e tu la ignori o tardi a porgerla non stai nella relazione e non fai fluire energia.

    Rispondi
  4. Va sottolineato l’aspetto deleterio relativo alla mancanza di circolarità, perché crea scompenso energetico. Se quella vibrazione iniziale non fluisce attraverso un circolo, quella spinta sarà accusata da colui che l’attiva. Alla lunga questo processo è sfiancante

    Rispondi
  5. Più chiaro di così si muore. Eppure ancora una volta ho tentennato, confuso.

    Il lavoro di unificazione è l’unico possibile per il monaco.
    Riconosco nella relazione e nello scacco, la grande opportunità per superare i propri empasse.

    Rispondi

Lascia un commento