Il cammino dalla protesta e dalla ribellione, alla compassione

Una sorella nel cammino scrive: E poi ti sale una rabbia spaventosa, inutile, nociva, gli altri da noi non vogliono rabbia, vogliono sorrisi e assertività.
E sale il mostro, un mostro rosso che rivendica diritti, peraltro tutti giusti.
Ma perché non taci? Fai buon viso a cattivo gioco. Ti conviene. E invece no, lui esce come una vampata di un drago, un lanciafiamme. Rivendica giustizia, denuncia, dice.
Perché non taci? Guarda, osserva la miseria dell’uomo e non ti curare.

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Agire nel mondo mossi dalla compassione, non dalla protesta

Scrive Melania: La lotta alle ingiustizie, quando fermarsi, quando riconoscere che è l’identità che sbraita invece di convincersi di esser mossi dal giusto sentire? […]
Cioè, tutto ci interpella, ma se incontri una vecchina caduta in terra la aiuti a rialzarsi? Ovvio! Se sparano a un nero per il colore della sua pelle manifesti l’assurdità di questo gesto, se convocano in tribunale un minore straniero non accompagnato senza motivo ne chiedi le ragioni, se accusano una freelance per un falso ma il suo capo era connivente, pretendi che lei non sia la sola a pagare: ma quanto ci riguarda davvero tutto questo e in che termini? […]

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Ti interroghi sulla tua compassione

All’alba di una domenica d’agosto, cammini su di un tappeto di foglie secche abbandonate da alberi che non hanno più la forza di trattenerle, stremati da una sete che non perdona e non si placa.
Sorge in te una ribellione profonda per il Demente che di questa sofferenza della natura porta la responsabilità, e ti interroghi sulla compassione di cui tanto spesso parli, sulla tua compassione.
Si, tu compatisci il Demente e, nonostante il danno che esso provoca devasti il mondo, non riesci a puntare il dito, ma un dolore profondo ti invade e una distanza si aggiunge, una lontananza dovuta ad una estraneità: estraneo nei modi, nel sentire, nella capacità di rispondere alle responsabilità.

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