Una voce: Il mondo che si affaccia e che incontrate ogni giorno non è, come voi pensate, stretto intorno al vostro centro di individualità, ma è fatto del quotidiano delle piccole cose, dei semplici gesti, degli incontri che nascono e si perdono e della fugacità dei pensieri e delle emozioni nel qui e ora e nel [loro] nascere e scomparire.
Osservarlo così com’è significa sentirsi parte della vita; e, benché l’uomo viva immerso nella realtà, lo è nell’inconsapevolezza. Il quotidiano delle piccole cose può sembrarvi estremamente noioso e ripetitivo nel presentare e ripresentare, giorno dopo giorno, fatti, presenze e comportamenti, ma solo perché non sapete osservare il variare con cui la vita sfila davanti a voi. E anche se qualcosa può sembrare simile a ciò che è capitato il giorno prima, non è mai una ripetizione, perché la sola ripetitività in ciò che si presenta è nel suo nascere e scomparire e nell’essere sempre nuovo e irripetibile.
Dentro e fuori di voi tutto è disconnessione, perché il quotidiano delle piccole cose e dei piccoli momenti è il susseguirsi di frattura dopo frattura, così come lo sono pensieri ed emozioni che vi attraversano. Ogni cosa nasce, si svolge e poi si esaurisce, cioè si apre e si chiude, però voi avete bisogno di ricreare una continuità nella disconnessione che vi permetta di affermare: “Io ci sono come unitarietà, perché sono la mia storia, e ci sono nelle scommesse e nei progetti futuri”; è questo che vi dà il senso di una vostra continuità.
Avere consapevolezza della frattura che disconnette il momento presente dal momento successivo, significa riconoscere che ogni singolo fatto, ogni incontro e ogni presenza sono nuovi e che nessuna conseguenza è attribuibile a ciò che accade prima e accade dopo. Perché la realtà nega il modo con cui vi spiegate sia la motivazione, che il significato e che la conseguenza di ogni accadimento, introducendo altri fatti e operando continue connessioni fra di loro in base al principio di causa-effetto che applicate anche al mistero dell’accadere e al mistero del vostro essere vita dentro lo scorrere indifferenziato della vita.
Voi siete perseveranza nel trascinamento di oggetti mentali, di meccanismi automatici e di comportamenti ripetitivi, e vi occultate la continuità del frammento dopo frammento e della frattura dopo frattura, poiché non è possibile applicare loro il vostro sistema d’ordine; il frammento è un fatto concluso in sé, non accade “per voi” e nemmeno secondo le vostre regole.
Un partecipante: Ma come può, allora, un uomo affrontare i problemi e le difficoltà, ed esaminare quello che gli succede, valutando contemporaneamente il passato e le ripercussioni sul futuro?
Una voce: Non è esclusa la possibilità, ad esempio, di valutare un’insolita richiesta da parte di un figlio; questo è il quotidiano delle piccole cose. Basta essere consapevoli che, nel momento in cui si fa strada quella sollecitazione da parte del figlio, essa è di fatto disconnessa dal resto. Perché è ciò che è nuovo a essere presente in quella richiesta, e pertanto essa va accolta come disconnessa da ciò che l’ha preceduta: non è trascinamento dal passato. Quando lo sguardo è posato sul frammento e sulla frattura, che mostrano la compiutezza che nasce e muore, non c’è spazio per le vostre misure e per le comparazioni che si portano dietro un passato che più non-è.
Quand’è che per voi finisce un fatto? Mai, se lo trascinate nei pensieri e nelle emozioni, condizionando anche il futuro. Ad esempio, se il vostro corpo è stato per un po’ effervescente, e poi ha smesso, allora quell’effervescenza è già conclusa. Con l’attenzione posata sulla frattura appare un altro presente, disconnesso dal passato e nuovo da vivere. Un fatto, un pensiero o un’emozione sono davvero conclusi quando l’attenzione è posata sulla frattura che li disconnette da ciò che segue, e allora diventa naturale non immedesimarsi in quella breve presenza che è lì davanti, e già si conclude. Perché un fatto trova la sua fine se viene lasciato esprimersi nella sua non appartenenza a voi che lo vivete, pur essendone investiti, altrimenti mai finirà dentro di voi, e potrete ritrovarvelo dopo anni che ancora bussa e vi assilla, non come fatto ma come trascinamento di un pesante ricordo.
L’accadere non è la conseguenza “di”, e non è connesso “a”. Ma per voi ciò che accade è raramente completo perché, anche se passa e va, non esaurisce aspettative, progetti e scommesse che gli caricate sopra, e quindi ne sottolineate le inadeguatezze e le vostre difficoltà ad affrontarlo. I fatti si trascinano non risolti dentro di voi perché puntate lo sguardo sulle loro conseguenze, e ciò che si apre continua a rimanere aperto, portandovi quelle pesantezze che ben conoscete.
Partecipante: Quindi, un fatto non completo porta sempre con sé un’emozione?
Una voce: No, porta un attaccamento a un’emozione, perché anche l’emozione è un fatto che sorge e tramonta, ma voi ve la trascinate dietro. Creare paragoni fra un fatto e l’altro vi nasconde la sua compiutezza che è nascita e scomparsa. L’attenzione alla frattura cancella i paragoni fra ciò che si sta vivendo e ciò che “dovrebbe essere”, ma anche con ciò che è stato.
Partecipante: Quindi, finché resta nella memoria, un fatto non è mai chiuso?
Una voce: Mai è chiuso, non se resta solo un ricordo, ma per tutto il tempo in cui siete identificati nel suo ricordo. Questo dimostra che “vivere il momento presente” – come spesso vi dite – non vi è possibile. Noi vi diciamo che il fascino di ogni fatto sta nel mostrare la sua naturale labilità, che è impermanenza, perché si presenta, si sviluppa e si conclude, senza aggiunte; il suo fascino è nell’essere completo, unico e irripetibile. Qualcosa appare, poi scompare e altro appare; in questo si nasconde il segreto della vita. I fatti tramontano perché sono nati e si sono sviluppati. Non cercate una ragione che vi sembri logica: l’unica è l’impermanenza. La compiutezza di ogni fatto sta nell’esaurirsi, perché è impermanente ed effimero, e nulla si può aggiungere. Siete voi che aggiungete quello che “avrebbero dovuto essere”.
Partecipante: Voi dite che un fatto nasce e scompare. Vi chiedo se una lunga malattia è composta da tanti fatti che nascono e muoiono, o è un fatto solo che nasce e si prolunga fino alla morte?
Una voce: L’uomo parla della malattia come contesto, dentro cui pone la continuità di un essere umano. Ma la malattia è una realtà dentro la quale si sviluppano tanti piccoli accadimenti in tanti piccoli momenti. L’uomo si impunta sulla malattia per trovarne il senso; però, ad esempio, in una malattia permanente che rappresenta una condizione invalidante, strutturatasi, dopo un po’ si scopre che la vita concreta non si esaurisce in quella malattia, ma è ciò che momento dopo momento si apre e si chiude dentro un qualunque contesto che sia lì a condizionare pesantemente le proprie potenzialità sia fisiche che psiche. Dipende dalle situazioni: ad esempio si può parlare anche delle segregazioni o dei plagi.
- Ryokan e altri contemplativi, canale Telegram
- Eremo dal silenzio, tutti i post dei siti
- Link a contenuti importanti e inediti del Sentiero contemplativo
- Un nuovo monachesimo per i senza religione del terzo millennio
- Libro: ‘Il Sentiero contemplativo a dorso di somaro’
- Libro l’Essenziale, revisione 2023, capitoli 1, 2, 3 fino a Meditazione, PDF ed EPUB
- Libro: ‘Come la coscienza genera la realtà personale‘
Partecipante: Quindi la malattia non è un fatto, ma è un contesto?
Una voce: Quando parlate di malattia permanente, per voi è un contesto, perché caratterizza la vita di chi la vive, anche se poi può sfociare in aspetti diversi; difatti si articola in tanti momenti che possono essere vissuti in modi differenti da persona a persona. Quando improvvisamente si presenta una malattia invalidante, l’uomo ne cerca le ragioni e sempre constata che quello stato gli ha mutato il suo modo di vivere. Eppure, passati i primi tempi in cui è ingabbiato in quel nuovo stato, non potrà che riscoprire, giorno dopo giorno, il quotidiano pur dentro i limiti che quella malattia gli impone.
Ciclo gratuità della Via della conoscenza
Per ogni informazione sulla Vdc scrivere a questo indirizzo
“Riconoscere che ogni singolo fatto, ogni incontro e ogni presenza sono nuovi e che nessuna conseguenza è attribuibile a ciò che accade prima e accade dopo.”
Se nasce un condizionamento esso non è frutto del passato ma del sentire che si muove sempre nel presente.
“I fatti si trascinano non risolti dentro di voi perché puntate lo sguardo sulle loro conseguenze, e ciò che si apre continua a rimanere aperto, portandovi quelle pesantezze che ben conoscete.”
Quando ne sei travolto e fai difficoltà a disconnettere.,
Non legare i fatti.
Vivere l’attimo unico e irripetibile.
Non rimanere attaccata al ricordo.
Un fatto nasce, vive e muore.
Un altro fatto nasce, vive e muore.
Nella pausa dell’inspiro e dell’espiro, posso cogliere un senso di libertà.
Dopo anni di conoscenza di questo insegnamento, ora finalmente comincio a vedere la fattibilità di considerare un fatto solo un fatto, senza attaccarsi al ricordo, al legare i fatti tra loro, perché è vero che un accadimento è sempre nuovo.
Gratitudine per l”elaborazione di questo testo che va sedimentato
Il ripresentarsi dei fatti rimanendo attaccati alle emozioni, agli oggetti mentali.
Parole che descrivono la mia interpretazione ripetitiva e ossessiva della realtà.