Tenzo Kyokun: “Proteggi i beni della comunità, sono le pupille degli occhi” [3]

3.  Dunque, percorrendo l’intera giornata di quel ruolo [a partire dalla] sera, prima di tutto finito il pasto di mezzogiorno, [1] fa visita alle stanze del priore [2] e del vice direttore [3] per approvvigionarsi degli ingredienti per i pasti di mezzogiorno e del mattino [4] del giorno dopo: vale a dire, riso, verdure e il necessario.

Una volta terminato l’approvvigionamento [degli ingredienti], proteggili con parsimonia, come le pupille dei tuoi occhi. Ha detto Renyong di Baoning [5]: “Proteggi con parsimonia i beni che si trovano abitualmente [nella comunità], sono le pupille degli occhi”.
Trattali con rispetto come faresti col cibo per l’imperatore. Questo modo di fare vale sia per i cibi crudi che per i cibi cotti.

Quindi, i responsabili dei vari ruoli [6] si incontrano nei locali deposito per discutere “domani quali gusti apprestare, quali verdure mangiare, quale purea di riso [7] preparare”.
Nel Chanyuan qinggui è detto “Al fine di determinare i materiali e i gusti e le quantità del pasto di mezzogiorno e del mattino, in precedenza innanzitutto discutine con i responsabili amministratori”.

Enumerandoli, sono tsūsu [priore], kansu [amministratore], fūsu [vice-amministratore], ino [rettore dei monaci], tenzo [cuciniere], shissui [responsabile dei lavori della manutenzione e riparazione]. [8] Terminato di accordarsi sui gusti e le quantità, [il menu] viene scritto sull’apposita lavagna appesa di fronte al quartiere dell’abate e alla sala studio dei monaci.
Poi inizia la preparazione della purea di riso per la colazione del giorno dopo.
(Versione letterale dal giapponese inedita di J.Forzani. Scarica il testo con le note)


3.   Diciamo ora in cosa consistono i compiti del tenzo nell’arco di una giornata. [1] Intanto, terminato il pranzo meridiano, si reca dallo tsusu (l’amministratore generale del monastero) e dal kansu (il conduttore comunitario) per prendere i materiali e gli ingredienti per la zuppa di riso (kayu) dell’indomani: cioè il riso, i vegetali e tutto il necessario.

Come li ha tra le mani, li tratta e li protegge come le pupille dei suoi stessi occhi.
Il maestro Yuzen di Honei [2] disse: «Custodisci i beni del posto dove risiedi come le pupille dei tuoi occhi». Li rispetta quindi molto seriamente come gli ingredienti del pasto dell’imperatore. Tanto il cibo crudo che quello cotto li tratta con la stessa cura.

Poi tutti i responsabili dei vari ruoli si riuniscono in consulta nell’aula della dispensa. Si tratta di decidere il sapore del menù dell’indomani, quali verdure e quale tipo di riso. Nel Zennen Shinghi è detto: «Come la quantità di riso bollito e i suoi sapori sono stati decisi, verifica poi il tutto con il kusu (il responsabile della dispensa)».

I responsabili del monastero sono: lo tsusu (l’amministratore generale), il kansu (il conduttore comunitario), il fusu (l’amministratore economo), l’ino (il direttore della pratica), il tenzo (il cuoco), lo shissui (l’amministratore degli edifici) [3]. Una volta decisi i gusti e la quantità, il menù deve essere scritto sulla lavagna di fronte alla stanza dell’abate e di fronte alla sala di studio dei monaci [4]. Solo dopo ciò deve iniziare la preparazione del cibo per la mattina seguente.

Esegue la selezione del riso e la preparazione delle verdure con le sue mani, osservando ogni elemento con affetto. Lavora con diligenza, riversandovi il cuore. Neanche per un momento allenta l’attenzione distraendosi; non si lascia prendere solo da un aspetto, perdendo così di vista l’altro. Nel mezzo dell’oceano della virtù, non sperpera neppure una singola goccia. Sulla cima della montagna che è fonte del bene deve aggiungere il suo granello di polvere.

Nel Zennen Shinghi è scritto: “Se manca il vigore dei sei sapori e scarseggiano le tre virtù [5], il cuoco non ha compiuto il suo servizio verso i membri della comunità”.

Come prima cosa, mentre seleziona il riso sta attento a ogni granello di rena; mentre vaglia i granelli di rena, osserva ogni chicco di riso. Se non interrompe questa osservazione minuziosa e non si distrae, con naturalezza le tre virtù diventano perfette e si originano i sei sapori.
(Versione del volume “E. Dogen, La cucina scuola della via, EDB, 1998”)

[1] Un’intera giornata viene calcolata a partire da mezzogiorno fino al mezzogiorno successivo, per due motivi. Il primo, specificatamente relativo alla preparazione dei pasti, dipende dal fatto che anticamente (e ancor oggi in alcune tradizioni buddiste) nei monasteri si avevano due pasti, al mattino e a mezzogiorno, e i monaci non potevano nutrirsi dopo l’ora meridiana. Per cui la giornata del tenzo iniziava con la fine del pranzo di mezzogiorno, cioè con la preparazione della colazione dell’indomani L’altro motivo per cui si calcola l’inizio della giornata a partire da mezzogiorno è che il riposo (il sonno notturno) è considerato parte integrante della giornata di pratica, non la fine in cui tutto precipita nell’oblio: la notte sta in mezzo fra due periodi di luce diurna.

[2] Honei Ninyu (Pao ning Jen yung) date precise di nascita e morte sconosciute, vissuto a cavallo dell’anno 1000.

[3] Nella regola antica di cui alla nota 1 i primi tre ruoli erano raggruppati in un unico ruolo, kannin, una sorta di priore con compiti di direttore dell’andamento della vita comunitaria: anche oggi è così in molti monasteri del Giappone. L’ino era il responsabile della pratica religiosa, funzione che oggi è riservata ad altri incaricati (godo e tanto) mentre l’ino è l’insegnante della recitazione dei testi sacri. Shissui si occupava del mantenimento e dell’ampliamento delle costruzioni che formavano il monastero e dei lavori fisici in genere (campi, legna ecc).

[4] L’abate o maestro non è inserito nella lista dei ruli. Lo shuryo (sala di studio) è una sala comune in cui si studia e si recitano alcune letture. Doghen ha scritto un testo, Kisshozan Eiheiji Shuryo Shinghi, che tratta delle regole di comportamento in questa sala. Il testo fa parte dell’Eihei Shinghi.

[5] I sei sapori sono: amaro, aspro, dolce, salato, forte e leggero. Le tre virtù sono: 1) leggerezza e morbidezza (kyotan) – la proprietà di essere leggero e non contratto; 2) pulizia e trasparenza  (joketsu) – la proprietà dell’acqua chiara; 3) fatto così come deve essere (nyohosaku) – la proprietà di corrispondere al meraviglioso modo di essere (nyoho), cioè al modo autentico originario.


3.   Il compito del tenzo dura ventiquattro ore. Quando uno è tenzo lo è sempre, non solo per il periodo in cui è fisicamente in cucina.

La Via è tutt’uno con la vita: il ruolo che una persona svolge nel luogo della Via, è la parte che gli compete e che lo coinvolge completamente, è lui stesso.
In questo senso il ruolo è la persona: non c’è un tempo in cui il tenzo smette di essere tenzo. Ciò non significa che non si tratti anche di una funzione specifica, con ambiti precisi, correlata alle altre funzioni.

Il tenzo usa i materiali che gli vengono dati da chi ha il compito di darglieli. Ciò che riceve è proprietà comune, è di tutti e di nessuno, per cui non va trattata come un bene privato. I beni comunitari sono strumenti esattamente come le parti del nostro corpo:  e le parti del corpo sono la casa della Via.

Il rispetto che meritano non è formale ma sostanziale: senza di essi non c’è la possibilità del cammino. Ogni ingrediente è unico nel suo genere è va trattato come fosse il più importante, e non secondo altre scale di valori.

Per decidere il menù dell’indomani e il gusto appropriato alla condizione attuale, è necessario che si riuniscano tutti i responsabili dei vari ruoli. In questa decisione devono confluire tutte le sensibilità di chi conosce la situazione attuale della comunità.

La regola dice: «Una volta stabiliti gusti e quantità appropriati, verifica con il dispensiere che non vi siano ostacoli alla preparazione di quel menù (per esempio cibi da usare subito perché vanno a male ecc.)». Tutti i responsabili partecipano alla decisione del menù, che deve essere reso pubblico anticipatamente, in modo che nessuno sia all’oscuro di ciò che avviene in cucina. Questa è la base del lavoro: solo dopo comincia la preparazione dei cibi.

Il tenzo deve seguire tutte le fasi della preparazione personalmente. Egli è il responsabile del lavoro nel suo insieme e in ogni particolare: deve occuparsi di ogni aspetto e non perdere la visione d’insieme: deve concentrarsi sul particolare senza scordare il risultato finale. Non deve fermarsi un istante a compiacersi con se stesso per le sue capacità, o per l’alto ruolo che riveste, ma utilizzare il proprio talento e la propria abilità perché fruttino nel modo migliore.

Sa di essere solo un’infinitesima particella dell’infinitamente grande: ma sa anche che la montagna è fatta di microscopici granellini. Aggiungere il granellino che siamo vuol dire edificare la montagna, e dalla cima di questa opera individuale e collettiva sgorga la sorgente del bene che bagna e disseta tutti gli esseri, come dall’alto della montagna sgorga la sorgente di acqua pura che si riversa a valle.

Dice la regola antica: «Neppure uno dei sapori che formano l’insieme dell’armonia del tutto deve mancare; le caratteristiche che rendono ogni cosa quella che è devono essere tutte presenti: se il cuoco in base a suoi criteri soggettivi elimina uno dei sapori, fosse pure quello amaro, o se altera la natura di qualcosa per mascherarla, non è un vero tenzo, un cuoco della vita. Non rende alla comunità il servizio che deve, che è quello di dare in nutrimento le cose come sono, traendo da esse la loro forza originaria, non di mascherarle con intingoli dal gusto artefatto».

Per questo mentre scarta ciò che va scartato, e mantiene ciò che va mantenuto, sa che quest’opera di distinzione e di separazione è nuova ogni volta e non si può fare una volta per tutte. Il riso prodotto dai campi, col lavoro dei monaci, nel suo insieme contiene anche parti non commestibili che vanno scartate.

Se quando c’è da fare questo lavoro di cernita lui si dedica a questo lavoro senza pensare ad altro e non si distrae, in quel momento lì si manifesta l’armonia dell’essere al proprio posto facendo la cosa giusta e da lì si sprigiona quell’atteggiamento che produce i sapori giusti e gli effetti appropriati. 
(Ristesura in forma libera e commentata di Jiso Forzani: dal volume citato)  


Indice

Introduzione a “La cucina scuola della Via
1A Tenzo Kyokun: riveriti monaci dello spirito del risveglio
2 Tenzo Kyokun: mettere in circolazione lo spirito del risveglio


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9 commenti su “Tenzo Kyokun: “Proteggi i beni della comunità, sono le pupille degli occhi” [3]”

  1. Questo testo mi riporta ai valori che oramai si sono perduti.
    Comprendere il valore di ogni gesto, di ogni cosa, può liberarci dall’illusione.

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  2. “Nel mezzo dell’oceano della virtù, non sperpera neppure una singola goccia. Sulla cima della montagna che è fonte del bene deve aggiungere il suo granello di polvere.”

    Ogni nostra capacità occorre che non sia sciupata ma impiegata affinché si compi l’opera comune.

    Noi pensiamo che poco conti il nostro minuto lavoro, non visto e non retribuito da riconoscenza, invece è proprio nel “buio” che ognuno di noi aggiunge quel granello senza di cui la montagna non sarebbe tale.

    Responsabilità, solerzia, discernimento.

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  3. Non nego che sia sorta un po di insofferenza leggendo la prima parte del testo.
    Poi, man mano, il gesto descritto, attento, discreto, preciso, è diventato gesto a cui tendere.
    Ho osservato quanto ancora, per me, ci sia materiale da smussare.

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  4. “La Via è tutt’uno con la vita: il ruolo che una persona svolge nel luogo della Via, è la parte che gli compete e che lo coinvolge completamente, è lui stesso.
    In questo senso il ruolo è la persona: non c’è un tempo in cui il tenzo smette di essere tenzo. Ciò non significa che non si tratti anche di una funzione specifica, con ambiti precisi, correlata alle altre funzioni.”

    Esprimere il se in ogni momento e in ogni funzione che svolgiamo.
    Nel leggere sono tornate alla mente scene di vita di mia zia mentre svolgeva comuni funzioni casalinghe, come ad esempio lo stirare o il cucinare, la dedizione che traspariva in quel fare.
    Ora arriva la consapevolezza di quell’esperienza!

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  5. Tutto il testo è un insegnamento all’attenzione, alla cura, alla disciplina, al rispetto dei confratelli. Mi ha colpito in particolare l’atteggiamento che tiene il tenzo quando pulisce il riso. Guarda simultaneamente sia il chicco da conservare, che il sassolino da lasciare. Niente sfugge alla sua attenzione.

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  6. Disciplina Amore Dedizione Competenze e contestuale capacità di Farsi da parte.
    Non serve un solo ingrediente ma tutto concorre.
    Così si nutre la Comunità.

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