Da questo sogno si può uscire quando se ne è compresa la natura

Fino a quando per noi il”sogno” ha un senso, a esso rimaniamo vincolati.
Quando alle scene del “sogno” nulla più ci lega, allora lo vediamo, lo decodifichiamo nella sua reale natura.

Vedendolo, comprendendolo, non lo aderiamo più, né lo alimentiamo: non è più credibile alla nostra comprensione. È il momento del risveglio all’Essere e del crollo dell’appartenenza al divenire.

In quel momento-periodo-processo, l’insieme unitario che chiamiamo noi fiorisce alla nuova consapevolezza: questa si è andata manifestando pian piano, tessera del puzzle dopo tessera, e il quadro non reale del divenire ha perso consistenza e corpo di fronte a questa visione nuova e più vasta che è divenuta percepibile, fruibile.

Per poter vedere-sentire-vivere questo, abbiamo avuto bisogno che la consapevolezza fosse permeata dai dati di altri sensi, quelli del corpo akasico, che abbracciasse le loro risultanze e ne ricavasse una impressione complessiva e unitaria nuova, totalmente altra rispetto a quella che scaturisce dall’identificazione con i dati forniti in prevalenza dal divenire e dalla loro asfittica interpretazione.

La consapevolezza unitaria* ha avuto, “a un certo punto”, la consistenza e la qualità per sentire in modo più completo il Reale che andava sperimentando, ed ecco che è stato più nitidamente sentito cosa è Reale e cosa non lo è, ecco il dischiudersi della dimensione dell’Essere e l’appannarsi di quella del divenire.

*Cos’è l’esperienza della consapevolezza unitaria? Sempre c’è consapevolezza unitaria, in tutti, ma questa comunemente non viene sperimentata dai corpi transitori, dal soggetto. Parliamo di piena consapevolezza unitaria quando anche nella dimensione transitoria e soggettiva questa viene, almeno parzialmente, sperimentata.


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