La relazione che ci svela

Mi capita, con regolarità, di avvertire nella mente la “pressione” mentale di singoli o gruppi, per questioni che mi riguardano e nelle quali sono coinvolto, ma anche per questioni altre.
Credo sia una forma di telepatia, ma non so dire di più perché non coltivo questa conoscenza.

Da tempo penso che le odierne forme di comunicazione, le chat come Whatsapp, per intenderci, siano un surrogato della telepatia che non ci permettiamo di coltivare.
Di conseguenza penso che quegli strumenti, se usati con grande misura, siano ottimi non solo per dirsi cose pratiche, ma per mettere in relazione mondi interiori.
Questo, naturalmente, se si è capaci di leggere i simboli che in ogni comunicazione affiorano copiosi, e di cogliere il senso profondo delle parole scritte e di quelle omesse.

Ciò premesso, questi strumenti sono fonte anche di colossali equivoci perché appoggiano quasi esclusivamente sul solo supporto cognitivo, e, come sappiamo, le menti equivocano, dividono, frammentano, e se le identità confidano eccessivamente in esse, le porte dei problemi si spalancano.

Cionondiméno, in una comunicazione avanzata che integri il sentire, si può partire dal dato cognitivo, depurarlo dalle unilateralità della mente, dalle reazioni dell’identità e lasciar affiorare l’intenzione dei dialoganti.
Riconosco però che non è operazione comune e alla portata di tutti.

La comunicazione integrale rimane quella di persona, dove la vibrazione del sentire, la comunicazione cognitiva, l’atmosfera astrale e la il linguaggio corporeo si presentano e dispiegano simultaneamente.

Questo vale innanzitutto e prima di tutto in ambito spirituale, relativamente alla pratica dell’accompagnamento spirituale.
La consapevolezza di una domanda che preme, e la disponibilità ad accogliere una risposta, rendono i dialoganti simili a vasi comunicanti:
– chi chiede, supera il muro di sé e lascia che l’altro lo possa vedere;
– chi risponde, lascia che l’altro gli estragga la risposta dal più profondo del proprio sentire.

Se l’interrogante ha timore di mostrarsi sinceramente, il processo nemmeno inizia.
Se il rispondente non si lascia attraversare dalla risposta, ma l’attinge dalla sua mente/identità, il risultato sarà magari dignitoso, ma non esistenzialmente esauriente.

In particolare, nella relazione Maestro/discepolo – dunque all’interno di quel rapporto spirituale che coinvolge due individui che si riconoscono nella via del superamento di sé –
questa relazione, di questa qualità, è essenziale.
Fatto salvo che tutti ci svelano, figli e partner per primi, è indiscutibilmente vero che solo chi ci accompagna spiritualmente ha gli strumenti consci e lucidamente consapevoli per aiutarci ad individuare alcuni dei nodi nei quali ci aggrovigliamo, e che ci confinano nella gabbia dell’immanenza e della relatività della nostra identità.


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5 commenti su “La relazione che ci svela”

  1. L’intenzione e lo svelarsi sono elementi essenziali per avere una relazione sincera e proficua che possa permettere a chi ci presta ascolto di darci spunti di riflessione.

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  2. In ambito spirituale la comunicazione deve per forza avvenire come tu dici, ma credo che questo debba avvenire sempre , le chat bisognerebbe lasciarle per comunicazioni pratiche, non profonde.

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  3. Mi viene da dire “l’onestà della relazione” è quella che ci svela.
    Ma il cruccio personale a tutt’oggi è la grande difficoltà a leggere i simboli nonostante gli sforzi che alimentano forse circuiti mentali per non vedere….non a caso i disturbi agli occhi si presentano metodicamente. Sono forse circuiti che salvaguardano l’io?
    Quando le paranoie mentali raggiungono livelli troppo alti allora disconnetto e mi radico nell’essere che salva.

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  4. Se osservo alcuni passaggi della mia vita, riconosco che le relazioni che più mi hanno procurato dolore, al loro inizio hanno sempre fatto scattare un campanello d’allarme. Qualcosa mi diceva che non era una cosa buona, un’intuizione che si manifestava come una sensazione fisica a volte, altre volte come disagio. Totalmente in preda alle emozioni, non ho quasi mai dato ascolto a quella fioca vocina. Ora riconosco che l’intuizione è sempre stata giusta, ma non avevo strumenti per decodificare. Al punto che a volte mi pareva di essere due persone in una. Questa dicotomia nel tempo si è molto ridimensionata. Il processo di conoscenza di me, mi porta ad avere meno filtri nel sentire l’altro.

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  5. Da tempo sto cercando di analizzare un aspetto legato a questi argomenti.
    Ho osservato che quando una persona si apre sul suo mondo interiore, spesso giungono delle informazioni a riguardo da quello che interpreto come un canale intuitivo, che travarica il razionale, anche se da esso veicolato.
    Questo canale non si attiva allo stesso modo quando l’oggetto dell’indagine sono io.
    Quando provo a penetrare le dinamiche che condizionano il mio agire nessuna intuizione appare all’orizzonte.
    La relazione che ci svela continua quindi ad essere un tema centrale, un lavoro che passando da aspetti piu grossolani si sposta sui dettagli; non supportato dall’intuizione, debbo svelarmi attraverso sfumature e dettagli che fino a ieri passavano inosservati e, per certo, altri mille dettagli passeranno inosservati oggi

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