L’agente globale e l’agente concreto [scomparire4]

Ora parliamo del processo dello scomparire dell’agente. Ma chi è l’agente?
Un partecipante: È quello che connette tutte le azioni che fa.

Una voce: Quindi, per voi l’agente è sinonimo di “io” e vi riconoscete come agente non per una sola azione, ma perché vi attribuite l’intera gamma delle azioni: le avete fatte voi. È la stessa cosa con i pensieri: tutti i pensieri che vi passano per la testa li avete creati voi. Quindi, voi ritenete che ogni azione abbia un agente, e che, nel processo del morire, muoia quell’entità che raggruppa in sé tutte quante le azioni, i pensieri e le emozioni, attribuendoseli. La logica conseguenza di questa vostra convinzione è che il morire dell’agente sia la scomparsa di questo agente nella sua globalità. Ma è davvero così?

Un partecipante: No, parla del morire delle connessioni, cioè di questo filo logico che unisce un’azione a un’altra azione o a un pensiero, creando un agente.

Una voce: Voi intendete l’agente in base a due concetti che non si escludono a vicenda, e lo fate istintivamente. C’è l’agente globale e l’agente che si concretizza in ogni azione. L’agente globale è il vostro “io”, che è il centro dell’intero contenuto mentale, dentro il quale si assomma tutto quello che avete compiuto, poi trattenuto nella memoria, e che infine vi attribuite. E poi c’è la figura dell’agente concreto, giorno dopo giorno, che compie un’azione e poi ne compie un’altra, e poi ne compie un’altra ancora. Ne compie tante.

Quindi è necessario stabilire che cosa muore progressivamente, e bisogna anche capire che cosa accade nel processo del morire, in tutti i meandri dell’agente, non la sua morte globale. Affronteremo insieme una tematica che voi non amate proprio, cioè la disconnessione.

Ora mettiamoci di fronte a questo agente globale, cioè di fronte a un “io”. Nel processo di morte, questo “io”globale scompare pian piano. Voi ritenete di essere composti da un agente per l’azione A, uno per l’azione B e uno per l’azione C, e poi raggruppate tutto questo agire, fatto da un agente, poi un agente, poi un agente, in un unico grande agente, che siete sempre voi: siete voi gli agenti nell’azione A, nell’azione B e nell’azione C.

Però, quando agite nell’azione A non pensate a quel grande agente globale, state agendo lì, e siete voi ad agire in quel luogo e in quel momento. Ad esempio, colui che si arrabbia, per voi non è lo stesso di colui che accarezza. Questo discorso vi porta a comprendere che, azione per azione, avete in testa quel solo agente, ma poi fate la somma di tutto questo – processo di connessione – che vi dà come risultato il vostro essere quell’agente che ha le sue radici piantate nel medesimo passato: il vostro. E questo lo precisiamo, perché se per voi il morire dell’agente è il morire tout court di un “io”, allora non state guardando al processo, ma al risultato finale. Mentre, guardando al processo, vi trovate di fronte alla morte di tanti aspetti che, da voi sommati, definiscono un ‘chi[1]. Voi dite anche un qualcuno.

[1] Il Chi è una delle figure retoriche che la Via della Conoscenza utilizza per far comprendere come per l’uomo ogni azione sia sempre attribuibile a un “chi”; questo significa identificare sempre un qualcuno che compie l’azione o al quale l’azione va attribuita.

Tratto da: Scomparire a se stessi (Il morire a se stessi è il morire dell’agente, Download libero)
Scomparire a se stessi, tutti i post del ciclo

Via della conoscenza. Questo è un viaggio a ritroso dentro noi stessi. Un viaggio in cui incontreremo delle strettoie create dalla via della Conoscenza e fatte di radicalità, di provocazioni, di negazioni, di paradossi e di metafore. L’agente siamo tutti noi che ci attribuiamo la paternità delle azioni che si compiono attraverso di noi, ma delle quali siamo i semplici portatori. Saranno messi in luce, e ci si presenteranno davanti, strada facendo, i nostri meccanismi, i nostri concetti e le nostre strutture mentali, e la voce che ci guiderà terrà la barra dritta, impedendoci di deviare.
La via della Conoscenza è una non-via e un non-insegnamento, perché è un contro-processo dei processi della mente. Non suggerisce pratiche e non dà mete, ma è la negazione delle pratiche e delle mete. Non porta alla conoscenza, ma svuota da tutte le conoscenze costruite sul cammino interiore intorno a un “io,” distinto, che cerca una propria evoluzione non capendo che tutto è già unità.
Per ogni informazione e chiarimento: vocedellaquiete.vaiano@gmail.com


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Nadia

Non trattandosi di figure distinte ma direi di una semplificazione didattica, é chiaro che le due figure non possono essere distinte e che il processo dell’una è processo dell’altra figura.

Samuele Deias

Per conferma lettura

Catia Belacchi

Leggo per la prima volta la distinzione che Soggetto fa tra agente globale e agente concreto. Quindi con la disconnessione scompare l’agente globale, l’io, non l’agente concreto, che di volta in volta agisce, senza connessioni col passato e senza attese per il futuro.

Leonardo P.

È vero, sono il passato e dunque la memoria i grandi contenitori o gli elementi fondanti dell’agente globale. Ma il processo del venire meno dell’agente globale è un processo che giorno dopo giorno, attraverso il disconnettere l’agente concreto, si fa.

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