In merito ai fatti disconnessi tra loro

L’ultimo post della Via della Conoscenza, I fatti sono disconnessi gli uni dagli altri [40G], ha sollevato alcune perplessità e difficoltà interpretative: affronterò la questione nella consapevolezza della complessità dell’argomento.

Il passaggio in questione è il seguente:
«Il contro-processo (della via della Conoscenza, ndr) nega il vostro principio di consequenzialità e di causalità con cui interpretate il mondo intorno a voi. E vi dice che i fatti, le azioni, i comportamenti, i pensieri e le emozioni si susseguono, disconnessi gli uni dagli altri e da quel che li precede e li segue».

È difficile approcciare questo concetto se non si conosce la natura della realtà oltre il tempo e l’illusione di cui è portatore, o se non si è scesi in profondità nell’esperienza meditativa e contemplativa.

Il tema è stato affrontato nel Cerchio Firenze 77 da una delle guide più autorevoli, Kempis.
L’approccio di Kempis è filosofico; da quel che mi risulta la fisica quantistica sta arrivando alle stesse conclusioni, ma ignoro la materia.

L’incapacità di molti di comprendere la realtà oltre il suo apparire come divenire, è dovuta a un deficit di preparazione, alla mancanza di un paradigma interpretativo idoneo, e a una carenza di esperienza della dimensione contemplativa della vita.

L’invito che vi rivolgo è di studiare il materiale del Cerchio Firenze 77, senza disperdevi in altre mille teorie, approfondendo ciò che Kempis spiega con logica e chiarezza ineccepibili.
Allo stesso modo vi invito a praticare con assiduità la disposizione meditativa e contemplativa, essendo questa una via non cognitiva, ma diretta ed esperienziale per arrivare alle stesse conclusioni, alla stessa comprensione.

Mi rendo conto di parlare da lunghissimi anni di Essere e di divenire e vedo che le persone che mi frequentano fanno difficoltà a comprendere la natura dell’Essere: in alcuni casi la capiscono ma ancora non la sentono. Questo dipende da innumerevoli fattori, il primo dei quali è l’ostacolo frapposto da menti logico deduttive poco aperte alle correnti intuitive, indispensabili per approcciare una simile rarefatta materia.

Prima di incontrare il CF77 e Kempis, mi sono formato nello Zen di E. Dōgen: se leggete il Ghenjokoan (che pubblicherò il prossimo anno in questo sito) o Busshō, vi trovate le stesse cose che dice ‘Soggetto’ nella Via della Conoscenza, o Kempis nelle sue comunicazioni.
Dōgen, e il Chán prima di lui, conosce la natura dell’Essere per esperienza diretta, per esperienza può dire che ‘la legna che arde non diviene cenere’.

La pratica assidua e lo studio della realtà, hanno portato Dōgen non alle logiche ineccepibili di un Kempis – possibili solo a un disincarnato di alta evoluzione che comunica con l’umano attraverso un mezzo neutrale – ma a forgiare un linguaggio ricco di immagini e metafore che traduce il senso ultimo di un’esperienza provata, e, in fondo, feriale.

Chi scrive è giunto per la stessa via di Dōgen a quell’esperienza: via d’esperienza e d’intuizione, via di dedizione profonda.
Della via di Kempis allego di seguito alcuni abbozzi utilizzati rispondendo a Mariella; posso dire che l’esperienza diretta unita alle logiche di Kempis, hanno illuminato di sentire e di logica l’interiore, quindi le due vie assieme sono particolarmente feconde.

Risposta a Mariella che commenta lo stesso post e si chiede cosa voglia dire l’autore:
«Vuol dire che la legna che arde non diviene cenere.
Puoi capirlo
[con la mente] solo se applichi il paradigma dei fotogrammi, del film fatto da tanti fotogrammi.
Nell’Eterno Presente non esiste il film che scorre, esistono i singoli fotogrammi di tutta la bobina: è la percezione dei nostri sensi che crea il senso dello scorrere.
Nel proiettore cinematografico, quando si usava la pellicola, i fotogrammi li vedevamo in movimento perché la pellicola scorreva tra la lampada e l’obiettivo.
Nella nostra realtà vediamo una realtà statica in movimento in virtù della permanenza delle immagini nella retina e della funzione della memoria
».

In altri termini: la realtà prima di divenire nel tempo, È; il tempo esiste in certe dimensioni, in certi piani, ma non su tutti piani è uguale e, soprattutto, sul piano dell’Eterno Presente non c’è tempo.
Questo significa che tutte le scene passate, presenti e future sono presenti simultaneamente.
Come fanno dei fotogrammi di scene immobili senza tempo a divenire, ad assumere sequenzialità?
Sono sentiti dalla coscienza, e in virtù di questo essere sentiti inizia lo scorrere del film.

‘Soggetto’, nella Via della Conoscenza, parte dalle sue comprensioni ma non spiega mai perché non c’è sequenzialità tra i fatti: propone la questione come un paradosso per mandare in corto circuito le menti.
Una mente che va in tilt, lì dovrebbe rimanere, almeno per un po’, per sperimentare che quello che è spiegabile dalle menti e alle menti, è solo la superficie dell’esistenza: la sua natura profonda non è spiegabile, si può sentire con un corpo che non è il corpo mentale, con un processo completamente altro e che non ha bisogno della mente.

A chi legge tutto questo e si confonde e non riesce a sentire il nucleo della questione, posso solo dire che nessuno può sentire al posto tuo, né tu puoi sentire quello che sentono altri: se vuoi comprendere questa dimensione del reale, scegli una delle vie suggerite e applicati con tutto te stesso.

(Molte altre cose potrebbero essere dette, ad esempio basandosi sull’effimera natura di emozioni e pensieri e sull’esperienza tangibile e concreta di quella realtà solida, vasta e incomunicabile che il contemplativo sperimenta oltre essi, ma vi porterei su di un terreno molto rarefatto senza potervi dare strumenti per sperimentare in prima persona)

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8 commenti su “In merito ai fatti disconnessi tra loro”

  1. Quando parliamo di Sentire, la possibilità che si vada in un terreno scivoloso, di possibili illusioni o immaginazioni credo sia alta.
    Come fare per non perdersi nelle fascinazioni delle menti?
    Praticando la disconnessione, il dubbio.
    Utile è la pratica meditativa che per sua natura porta ad un grado di logoramento della mente che ne incrina la potenza.
    Possiamo così percepire con maggior nitidezza la nota che viene dal profondo e verificare quanto sia coerente con i nostri pensieri e azioni.
    Scoprire quanto la straordinarietà della vita sia qualcosa di ordinario e feriale.

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  2. Credo di conoscere abbastanza bene i concetti contenuti in questo post..
    Sicuramente, per quanto mi riguarda c’è un deficit di esperienza nel sentire i singoli fatti separati.
    Se il collegarli come in una pellicola, nel divenire, ci serve per acquisire comprensione e solo così possiamo acquisirla, è bene che ci avviciniamo alla consapevolezza che ogni fatto, in effetti è già nell eterno presente, e solo la coscienza li collega.
    Ben venga la acquisizione intuitiva ed esperienziale di questa realtà. Sono due tipi di comprensioni che procedono su piani diversi ma interconnessi.
    Quello dell’ Essere e quello del divenire.
    Se sei focalizzato sulle comprensioni prevarrà il secondo, se sei pacificato emergerà con più o meno consapevolezza il primo, anche se sempre presente nel profondo.
    Ho a ritto troppo go getto, spero di essere riuscita ad essere chiara.

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  3. Vorrei sottolineare che, al di là della modalità d’accesso alla comprensione dell’affermazione la “realtà È”, l’organo con cui si accede ad essa non è né il pensiero, né l’emozione, né, in generale, nessuno degli organi dei corpi transitori.
    Oltre i corpi transitori si pone la coscienza e il sentiere, la coscienza in quanto corpo ha dei sensi e una sua propria percezione, del sentiere appunto.
    Lo sviluppo di tale percezione accresce l’ascolto del sentire.

    Il sentire è ciò che ci fa “sentire” ( non si riesce a non ripetersi in questo caso) l’unità del Reale, forse proprio perché è il sentiere relativo a generare la realtà come divenire.

    E il sentire come si manifesta?

    Principalmente come vibrazione. In realtà tutto è vibrazione, ma accade che ciò che è percepito dai corpi transitori diventi facilmente immagine o, comunque sia, simbolo.
    La vibrazione del sentire sfugge a questa possibilità e se vogliamo “sentirla” dobbiamo “allenarci” a cogliere questo basso di sottofondo che accompagna ogni scena del divenire ma che non si fa mai immagine o simbolo.

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  4. le vie sono tante ma la strada e’ una soltanto…
    impegnamoci nella strada che sentiamo essere la piu’ vicina al nostro sentire…

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  5. La realtà È.
    Il divenire non è altro che l’interpretazione/visione della realtà attraverso i corpi costituenti l’individuo.

    In modo molto semplicistico rispetto al ba, la personale esperienza dell’essere, o che ritengo tale, è quella di vuoto mentale in cui avverti di essere inglobato da ciò con cui sei a contatto.
    È la sensazione di scomparire dentro l’ambiente in cui ti trovi e per un attimo sentire di essere l’ambiente stesso. Forse una sorta di capacità di modellamento, di essere plasmato, di adesione alle vibrazioni che ci circondano…

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