L’archetipo vivente dell’Essere Figlio di Dio nella carne e nel sangue

Giovanni 6,26-58
26 Gesù rispose loro: «In verità, in verità vi dico che voi mi cercate, non perché avete visto dei segni miracolosi, ma perché avete mangiato dei pani e siete stati saziati. 27 Adoperatevi non per il cibo che perisce, ma per il cibo che dura in vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà; poiché su di lui il Padre, cioè Dio, ha apposto il proprio sigillo».

28 Essi dunque gli dissero: «Che dobbiamo fare per compiere le opere di Dio?» 29 Gesù rispose loro: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato». 30 Allora essi gli dissero: «Quale segno miracoloso fai, dunque, perché lo vediamo e ti crediamo? Che operi? 31 I nostri padri mangiarono la manna nel deserto, come è scritto:
“Egli diede loro da mangiare del pane venuto dal cielo”».
32 Gesù disse loro: «In verità, in verità vi dico che non Mosè vi ha dato il pane che viene dal cielo, ma il Padre mio vi dà il vero pane che viene dal cielo. 33 Poiché il pane di Dio è quello che scende dal cielo, e dà vita al mondo».
34 Essi quindi gli dissero: «Signore, dacci sempre di questo pane».
35 Gesù disse loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà mai più sete. 36 Ma io ve l’ho detto: “Voi mi avete visto, eppure non credete!” 37 Tutti quelli che il Padre mi dà verranno a me; e colui che viene a me, non lo caccerò fuori; 38 perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. 39 Questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nessuno di quelli che egli mi ha dati, ma che li risusciti nell’ultimo giorno. 40 Poiché questa è la volontà del Padre mio: che chiunque contempla il Figlio e crede in lui, abbia vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno».
41 Perciò i Giudei mormoravano di lui perché aveva detto: «Io sono il pane che è disceso dal cielo». 42 Dicevano: «Non è costui Gesù, il figlio di Giuseppe, del quale conosciamo il padre e la madre? Come mai ora dice: “Io sono disceso dal cielo”?»
43 Gesù rispose loro: «Non mormorate tra di voi. 44 Nessuno può venire a me se non lo attira il Padre, che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. 45 È scritto nei profeti:
“Saranno tutti istruiti da Dio”.
Chiunque ha udito il Padre e ha imparato da lui, viene a me. 46 Perché nessuno ha visto il Padre, se non colui che è da Dio; egli ha visto il Padre. 47 In verità, in verità vi dico: chi crede in me ha vita eterna. 48 Io sono il pane della vita. 49 I vostri padri mangiarono la manna nel deserto e morirono. 50 Questo è il pane che discende dal cielo, affinché chi ne mangia non muoia. 51 Io sono il pane vivente, che è disceso dal cielo; se uno mangia di questo pane vivrà in eterno; e il pane che io darò per la vita del mondo è la mia carne».
52 I Giudei dunque discutevano tra di loro, dicendo: «Come può costui darci da mangiare la sua carne?»
53 Perciò Gesù disse loro: «In verità, in verità vi dico che se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete vita in voi. 54 Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. 55 Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue è vera bevanda. 56 Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me, e io in lui. 57 Come il Padre vivente mi ha mandato e io vivo a motivo del Padre, così chi mi mangia vivrà anch’egli a motivo di me. 58 Questo è il pane che è disceso dal cielo; non come quello che i padri mangiarono e morirono; chi mangia di questo pane vivrà in eterno».

Nel post: La realtà è l’Uno/Assoluto mascherato da relativo il Cerchio Ifior afferma:
Ricordate che, comunque sia, voi siete sul vostro pianeta per comprendere la Realtà e, poiché la Realtà che voi potete osservare non è altro che l’Uno, mascherato da… «relativo», ecco che cercare, comunque, di avvicinarvi alla comprensione del Tutto rientra in un vostro preciso dovere evolutivo.

Giovanni, basandosi sulla sua esperienza e comprensione, afferma:
Io sono il pane vivente, che è disceso dal cielo; se uno mangia di questo pane vivrà in eterno; e il pane che io darò per la vita del mondo è la mia carne.
L’evangelista si muove in una logica duale: C’è Dio, c’è ciò che discende da Dio, c’è l’umano.
Il pane vivente è disceso dal cielo: non era già pane vivente nelle sembianze umane, non siamo tutti pane vivente, a prescindere; c’è stato un principio, un inizio, un archetipo venuto da Dio come dono all’umanità.
Questo sente Giovanni intimamente legato all’esperienza e al sentire del figlio del falegname.

Noi leggiamo i fatti alla luce di una comprensione diversa: il pane vivente, sceso dal cielo, vibrazione prima di Dio, impronta il creato e ogni suo aspetto: “la Realtà che voi potete osservare non è altro che l’Uno mascherato da relativo“.

Il figlio del falegname è uno dei tanti che svelano questa natura autentica, archetipale, dell’umano: la rivela attraverso la testimonianza di vita e l’insegnamento.

Io sono il pane della vita: la mia vita, il mio messaggio sono ciò che nutre le vostre vite, aldilà del tempo, nel divenire e nel sentire; attraverso me, vita e insegnamento, voi potrete leggere le vostre vite nella relazione con il Padre, con ciò che le costituisce nel sentire e le conduce a compimento nel divenire.

La mia comprensione del Padre, il mio essere Figlio, ha un significato preciso: sono carne della Sua carne, sangue del Suo sangue, parola della Sua parola; si manifesta in me l’Essere di Dio che da sempre costituisce ogni vivente; attraverso me si mostra l’archetipo di ogni vivente.
Non sono io l’archetipo, sono la sua rivelazione. da sempre e per sempre l’umano è quello che testimonio, non inizia con me questa natura autentica.

Mi offro a voi come testimonianza dell’archetipo umano del Dio vivente, Padre e Figlio inseparabili, mai divenuti due.
Vi offro i miei giorni, le mie fatiche e le mie gioie, il mio temperamento, i miei umori, il donarmi integralmente a voi portandovi non la sola parola, ma il mio sudore, la mia vicinanza umana, il pulsare della vita che mi attraversa: vita di sangue/spirito, di carne/relazione/testimonianza/quotidiano.

Mangiare la carne del Figlio: quel pane, la natura di Dio, è divenuto carne e sangue, ha preso la forma e l’essenza del quotidiano, del divenire, dell’agire, del pensare, dello stare, ed è nel divenire che voi potete “mangiare quella carne e bere quel sangue”, nutrirvi dei gesti, delle parole, dei silenzi, degli esempi, degli errori, degli slanci, delle paure.
Mangiate la carne del figlio del falegname, come la carne dei vostri partner, dei vostri figli, dei vostri maestri e dei vostri discepoli.

Nutrirvi, questo è il termine chiave: viventi in relazione con il Vivente, che mangiano il Vivente, non limitandosi all’ascolto, all’imitazione quando va bene, ma comprendendo come Lui ha compreso.

Nutrirsi significa comprendere attraverso il processo del divenire: mi nutro, innanzitutto, di ciò che pulsa in Te, di ciò che Ti costituisce.
Mi nutro del Tuo esempio e del Tuo insegnamento, questi fanno riverberare il Dio-in-me, rivelano il Figlio in me, mia natura autentica: attraverso Te, scopro me, non essendo Tu altro che la manifestazione dell’archetipo di ciò che sono da sempre.
Stimolato, provocato, liberato dalla relazione con Te, conosco me stesso, divengo consapevole, comprendo la mia vita e il mio essere Figlio-di Dio.

Il richiamo di Te, non è una fascinazione esercitata sulla mia mente, è il sangue che chiama il sangue, la carne che chiama la carne, la Parola che genera la parola.
Sono Tua natura, a questa consapevolezza mi riporti attraverso la carne e il sangue dei tanti “figli di falegname” che hai messo sulla mia strada.

Non mi nutro delle parole di un maestro, mi nutro della sua vita, altezze e cadute assieme, mai le une separate dalle altre.
La carne è il divenire nel limite, il sangue è l’archetipo dell’Essere Figlio operante nella carne.
Mi nutro del Dio-che-è, non ideale, non proiezione: carne e sangue.
Fatica e gratuità. Processo ed eternità. Esperienza nel divenire e contemplazione dell’Essere.


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16 commenti su “L’archetipo vivente dell’Essere Figlio di Dio nella carne e nel sangue”

  1. Se sono in grado di vedere con questi occhi, tutto diviene benedizione per il cammino evolutivo, scompare ogni protesta e tutto è dono.
    A volte c’è ancora bisogno di ricordarlo

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  2. Mi nutro del Dio-che-é, fatica e gratuità . esperienza nel divenire e contemplazione nell’ essere. con naturalezza scende nell’intimo ma la mente mette i dubbi.

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  3. Non di facile e immediata comprensione tutto il post, la mente non trova subito un percorso logico. Mi risuona invece questa frase tratta dalla risposta di Robi ad un commento: “La meraviglia del vivere è che lo svelamento della natura di Dio è quanto di più semplice e naturale”

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  4. Dire:” Tutto ci porta a Lui” , a volte può indurre ad un adagiarsi. Perché impegnarmi, se tanto, prima o poi lì dovrò arrivare? Eppure nel tempo è cresciuto in me la necessità di coltivare il percorso di conoscenza interiore. Quello che noto, come cambiamento, è vedere come tante cose a cui prima davo molta importanza, sono passate in second’ordine. Il valore che attribuivo a persone, impegni o cose si è via via equiparato, riconoscendo che tutto è in funzione della nostra evoluzione e che tutti di lì passiamo. Ogni forma di ostentamento mi irrita, pur sapendo che per qualcuno è importante manifestarlo e pur riconoscendo che anche io cado, nella tentazione di farlo. Allora mi osservo nel mentre metto la maschera e poi la faccio cadere. Questo apre la via alla compassione dell’altro.

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  5. Ieri ho partecipato ad una Messa per il 25 esimo di matrimonio di mio fratello . La cerimonia si è svolta presso un monastero di clausura . A presiedere la cerimonia un anziano ex parroco di 91 anni che aveva unito in matrimonio mio fratello e mia cognata.
    Mi risuona forte la frase “La realtà che osserviamo non è altro che L’Uno mascherato da relativo “ . Che tutto vibrasse all’unisono durante la funzione religiosa era palpabile e la commozione era evidentemente frutto e conseguenza della vibrazione stessa. Attraverso le parole del sacerdote , sebbene alla luce del suo paradigma , si percepiva evidente la manifestazione di qualcosa di cui egli era tramite . Esiste un paradigma giusto o uno sbagliato ? Sappiamo che questa visione duale è propria di certi cammini spirituali e di certi credo religiosi ( anche se visioni più aperte all’interno di essi talvolta illuminano talune posizioni oscurantiste ) . Ma l’aderenza e la dedizione ad un percorso spirituale ( quale esso sia ) porta sempre e necessariamente a quella manifestazione dell’Assoluto ? Un percorso spirituale in quanto realtà “relativa” permette comunque di arrivare ad avvicinarsi alla comprensione dell’ Unità del Tutto ?

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    • A Roberto
      Qualunque sia il cammino scelto, ogni passo porta alla rivelazione del Dio vivente, del Dio Assoluto ed Eterno che manifesta il suo sentire nel tempo, prendendo la forma delle sue creature, qualunque esse siano.
      O, potremmo dire, ciascuno di noi altro non vive che il suo film personale dell’Eterno Assoluto, del Suo sentire unitario e non frammentabile, che viene percepito come frazione e come divenire in quanto non è composto da un solo grado assoluto di sentire, ma da innumerevoli gradi relativi di sentire, dunque è nell’ottica di quei gradi relativi e del loro svolgersi che prende forma il film.
      Nel divenire, ogni passo svela Dio e conduce a Lui.
      Nell’Essere tutto è Dio.
      La meraviglia del vivere è che lo svelamento della natura di Dio è quanto di più semplice e naturale: gli approcci dell’umano alla questione sono così astrusi che velano il banale.

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  6. Niente di speciale, mi vien da dire, nel senso di niente che non si dispieghi nel minuscolo quotidiano. Niente che necessiti qualcosa di eclatante o di un tempo privilegiato.
    Eppure, al contempo, ogni cosa ed ogni istante si rivela speciale in quanto unico, sufficiente a sé stesso, quel che è.
    Consapevolezza da coltivare quotidianamente a fronte anche degli innumerevoli momenti che appaiono privi di senso, insignificanti, inutili e persino tediosi se non dolorosi. Consapevolezza da mantenere anche nei momenti di gioia, così da coglierne il respiro più ampio, esistenziale.
    Grazie.

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