Il testo del secondo capitolo.
[Traduzione Mazzocchi-Forzani] Sappi: l’essere di ogni cosa che è, non è l’essere di essere-non essere. Ogni cosa che è, è verbo di Budda, è lingua di Budda. È la pupilla dei budda e patriarchi, è la narice dei monaci.
Inoltre l’essere che ogni cosa che è indica, non è l’essere di chi dice: inizio l’esperienza dell’essere, oppure: raggiungo la piena consapevolezza dell’essere, oppure: faccio esperienze meravigliose dell’essere.
Nemmeno è l’essere causato della relazione causale, né l’essere libero della fantasia che vaga. Non ha a che fare né con centro né con periferia, né con essenza né con forma. Così è! Orbene, il senso originario di ogni cosa che è del tutto che vive, non sta nel raggiungere una forza maggiore con le proprie azioni, non scaturisce da volontà o capriccio, non è accordo con la norma, non è potere miracoloso, né pratica illuminata.
Se ogni cosa che è del tutto che vive consistesse nel potenziare se stesso con le proprie azioni, o nel risultato di causa ed effetto che viene dall’accordo con la norma, allora anche la testimonianza della via di tutti i santi, e il risveglio di tutti i budda, perfino la pupilla di budda e patriarchi, sarebbe una forza maggiore procurata con le proprie azioni, oppure il risultato di causa ed effetto che viene dall’accordo con la norma. Così non è.
[Traduzione Tollini] Se tutto l’esistente, tutti gli esseri senzienti dipendessero dall’accumulo di buone circostanze oppure da cause condizionate o infine fossero il prodotto di cause intrinseche, allora la realizzazione di tutti i santi e l’illuminazione di tutti i buddha e anche gli occhi dei buddha e dei patriarchi sarebbero dovuti alla forza dell’accumulo di [buone] circostanze, o dovuti a cause condizionate o prodotti da cause intrinseche, ma le cose non stanno così. Traduzione A. Tollini, Buddha e natura-di-buddha nello Shôbôgenzô. Ubaldini editore.
Il mondo intero non ha granellino di polvere estraneo a sé, lì dove sei non c’è un altro te stesso. È detto «L’uomo ancora non sa tagliare la radice sul momento; (il superamento dei condizionamenti, ndr) quando verrà il tempo in cui riposare da questo affanno delle opere?»[1]
[Traduzione Tollini]. L’intero mondo è completamente privo di contaminazioni che vengono dall’esterno, proprio qui e ora non c’è una seconda persona. Ciò perché: “Non si conoscono ancora persone che abbiano tagliato direttamente le radici, quando mai si placa la coscienza agitata creata dal karma?” (Il significato della frase è che la realtà è incontaminata – infatti è illuminazione – e sono le persone ordinarie a vederla contaminata. Dal commento di Tollini)
“Seconda persona”: la persona illuminata è la stessa di quella ordinaria, per intendere che l’io illuminato non è una seconda persona, ossia persona diversa, rispetto all’io ordinario.
L’essere non è l’essere suscitato che viene fuori secondo capriccio, perché il mondo intero non tiene nulla in riserve occulte[2]. Dire che il mondo intero non tiene nulla in riserve occulte, non significa che il mondo che ha tutto, questo è l’essere. Questa è la visione pervertita di chi è fuori dalla via e afferma: «Il mondo intero è io».
[Tollini] L’ u (“essere”) non nasce per effetto di cause condizionate o illusorie, poiché in tutto il mondo nulla è mai stato nascosto. Il fatto che in tutto il mondo nulla è mai stato nascosto non necessariamente significa che l’intero mondo sia u. Considerare tutto il mondo come “mio essere” è una visione falsata non buddhista.
È detto che non è l’essere di chi raggiunge la piena esperienza dell’essere, perché esso permea e il passato e il presente.
[Tollini] Non si tratta di un u che è l’essere attuale, poiché si estende nel passato e si estende nel presente. 76
Non è l’essere di chi inizia l’esperienza dell’essere, poiché non gli manca neppure un granellino di polvere[3].
[T] Non è un u che ha un inizio, poiché non riceve neppure una sola contaminazione.77
Non è l’essere di questa o quella cosa, poiché l’essere unisce e abbraccia.
[T] Non è un u che [si identifica] con le singole entità, poiché è onnicomprensivo.78
Nemmeno è l’essere che non ha inizio; infatti è questo che cosa è che viene? (È Ciò-che-È, ndr)
[T] Non è un u che è un essere senza inizio, poiché è: “chi è costui che viene così?”79
Non è l’essere che uno comincia a far essere; infatti proprio il mio cuore ordinario, questo è la via[4].
[T] Non è un u che è un essere con un inizio, poiché la propria mente della quotidianità è la Via.80
Sappi che dentro ogni cosa che è c’è il tutto che vive: lì ti visita la gioia e lì t’imbatte la difficoltà. Quando comprendi così ogni cosa che è, allora ogni cosa che è diviene corpo limpido e liberazione.
[T] Si deve proprio sapere che, in tutto l’esistente è difficile incontrare esseri senzienti.81 Quando si comprende tutto l’esistente in questo modo, allora tutto l’esistente attraversa il corpo e lo lascia cadere.
76 La realtà non è solo quella che si manifesta ora, ma si estende anche nel passato oltre che nel presente.
77 Waddell, N. e Abe M.: ciò che ha un inizio lo deve a una causa e quindi è contaminato. Ciò che è sempre non lo è.
78 L’essere non è questo e quello, ossia le singole manifestazioni dell’essere, ma le comprende tutte.
79 Mentre sopra ha detto che l’essere non ha un inizio, qui dice che però non è privo di inizio perché l’essere inizia con la comprensione. La frase “chi è costui che viene così?” indica appunto il momento della comprensione, che quindi ha un inizio.
80 Di nuovo, l’essere non ha inizio poiché l’essere/illuminazione non inizia quando termina la visione della realtà ordinaria. L’essere/illuminazione è la nostra mente ordinaria, quindi è fin dall’inizio. Quello che Dôgen vuole dire è che l’essere-u non ha inizio, ma neppure ne è privo, cioè è al di là di inizio e non inizio.
81 Frase ambigua. Waddell, N. e Abe M., op. cit.,2002, p.63, traducono:”You must know with certainty that within entire being it is impossible, even with the greatest swiftness, to encounter sentient beings”. Mizuno, op. cit., p. 78, legge: “”In tutto l’esistente gli esseri senzienti non possono incontrarsi tra di loro”. Yasutani Hakuun, Shôbôgenzô sankyû. Busshô, Shunjûsha, 1972, p. 108, interpreta che tutto l’esistente e gli esseri senzienti non possono incontrarsi. Cioè, la natura-di-buddha e gli esseri senzienti non possono incontrarsi poiché sono una sola cosa, e non due cose separate. Grosnick, op. cit., p. 269, traduce:”You should understand directly that no matter what you do you do cannot meet sentient beings within all-being”. A me sembra di poter interpretare che in tutto l’universo non si possono incontrare esseri senzienti, nel senso di esseri ordinari, cioè non illuminati. Una espressione colorita per dire che nell’essere/illuminazione non vi sono esseri senzienti, cioè tutto l’esistente attraversa il corpo e lo lascia cadere.
[1] Citazione da Shodoka – Il canto del risveglio, opera del maestro cinese Yoka Genkaku.
[2] Parole del maestro Sekiso Keisho, citate nel Keitoku dentoroku, 15.
[3] Espressione del maestro Isan – Dentoroku 9
[4] Espressione del maestro Tozan. la norma, non è potere miracoloso, né pratica illuminata.
Fonte: Busshō. La natura autentica, di Eihei Doghen. A cura di Giuseppe Jiso Forzani. Edizioni EDB, Bologna, marzo 2000.
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“Il mondo intero non ha granellino di polvere estraneo a sé, lì dove sei non c’è un altro te stesso“
Non esiste “passato” e “futuro” nel senso di qualcosa che “era e ora non c’è più” e “qualcosa che sarà e non è ancora”.
Entrambi sono fotogrammi che esistono eternamente nell’Eterno Presente.
Ogni fotogramma è un’istantanea del Cosmo, una determinata “situazione cosmica” (nel senso inteso dal CF77), situazione cosmica che non è oggettiva ma esiste in quanto sentita da una coscienza che si collega a essa, e nell’ET sono tutte presenti contemporaneamente.
La situazione cosmica è in sé perfetta essendo una totalità, in quanto non “proceda da” e non “va verso a”, sola la consapevolezza che lega situazione cosmica a situazione cosmica genera scorrimento.
Per questo viene detto: “Il mondo intero non ha granellino di polvere estraneo a sé“, ovvero ogni situazione cosmica è in sé perfetta.