Tratto dal libro: Pratica e illuminazione nello Shobogenzo, a cura di A. Tollini, Ubaldini editore.
Questo testo è proposto alla comunità dei monaci del Sentiero contemplativo per la loro formazione. Mi soffermerò sul testo di Dogen quando necessario e lavorerò sul commento di Tollini. I miei interventi saranno evidenziati dal colore blu e dal corpo minore.
[8] Ora si interroga (il maestro) riguardo alle persone della grande illuminazione. La domanda: “Quando un uomo che ha la grande illuminazione si smarrisce, cosa succede?” è davvero una domanda che va posta. (Perciò, il maestro) volentieri (risponde) all’assemblea usando parole antiche: questa è davvero una grande opera di Buddha e patriarchi.
- Proviamo per un momento a pensare alla seguente questione: una persona illuminata che di nuovo si smarrisce è forse come una persona che non è illuminata?
- Oppure una persona illuminata quando di nuovo si smarrisce, (è perché) attraverso l’illuminazione costruisce (appositamente) il proprio smarrimento?
- Oppure ancora, (all’inverso) attraverso lo smarrimento che ci si porta appresso, si finge l’illuminazione, ma si finisce per tornare allo smarrimento?457
457 Nishijima Gudo Wafu & Cross Chodo, op.cit.,vol.2, p. 86, traducono quest’ultima frase: “Does [the person] return to delusion by bringing delusion from a distant place and covering great realization?”
Il curatore traduce così: “La persona ritorna all’illusione portando l’illusione da un luogo lontano (di sé) e coprendo la grande realizzazione?”.
- Oppure, la persona illuminata da se stessa, senza uscire dal suo stato di illuminazione (volontariamente) torna nello smarrimento?
- Oppure, il tornare allo smarrimento da parte della persona illuminata avviene attraverso un’altra illuminazione?
Bisogna considerare vari aspetti e possibilità. E ancora, la grande illuminazione è una mano e l’illusione è l’altra mano? 458 (Cioè: sono due cose che vanno sempre insieme?) In ogni caso, si sappia che capire la ragione per cui una persona illuminata si smarrisce significa comprendere a fondo la realtà delle cose. Si sappia anche che (si comprende il fatto per cui) vi è una grande illuminazione che rende sempre più vicino e intimo lo smarrimento.
[Gudo Nishijima-Chodo Cross così traducono] In altre parole, la grande realizzazione è una mano e il ritorno all’illusione è un’altra mano? In ogni caso, dovremmo sapere che la conclusione finale del nostro studio fino a ora è di sentire che una persona nello stato di grande realizzazione sperimenta il ritorno all’illusione. Dobbiamo sapere che c’è una grande realizzazione che rende il ritorno all’illusione un’esperienza familiare.
Tema rilevantissimo su cui dirò poche parole perché ampiamente trattato e anche testimoniato.
La realizzazione unitaria che porta con sé una interiorizzazione di tutti processi, un ascolto profondo del sentire, un distacco dagli input dei sensi, rende anche molto fragili, senza pelle, e con aspetti personali – comprensioni relative o non comprensioni – che affiorano perché esistono le condizioni per essere lavorate e superate (“portando l’illusione da un luogo lontano – di sé – e coprendo la grande realizzazione”).
Il cosiddetto illuminato – termine odioso e odiato – vive l’incarnazione in atto portandosi comunque appresso il non risolto e compreso e quello convive con un sentire ampiamente unitario.
Quindi, “considerare come figli i pirati” non è un tornare allo smarrimento, né lo è “considerare come pirati i figli”. (Piuttosto) la grande illuminazione consiste nel riconoscere i pirati nei pirati e lo smarrimento consiste nel riconoscere i figli nei figli.459
459 Qui Dôgen usa delle metafore. “Pirati” sta per “illusione” (o “smarrimento”), mentre “figli” sta per “illuminazione”. Quindi dobbiamo rileggere le frasi di cui sopra nel modo seguente: “considerare come illuminazione l’illusione” non è un tornare allo smarrimento, né lo è “considerare come illusione l’illuminazione”. (Piuttosto,) la grande illuminazione consiste nel riconoscere l’illusione nell’illusione e lo smarrimento consiste nel riconoscere l’illuminazione nell’illuminazione”.
Ho dei dubbi sulla precedente interpretazione di Tollini.
Sentire in sé la condizione di pirati/banditi – di limitazione e non comprensione – non è smarrimento, né lo è considerare il limite (pirati) della propria realizzazione (figli).
La grande illuminazione consiste nel riconoscere il limite nel limite, e lo smarrimento nell’identificarsi con la realizzazione.
Laddove vi è molto, aggiungere un poco è illuminazione, laddove vi è poco, togliere poco, questo è smarrimento. Quindi, se cercate coloro che sono tornati allo smarrimento, dopo averli trovati e afferrati**, vi rendete conto di aver trovato delle persone illuminate. Bisogna accertare per bene se l’io di questo momento, è smarrito, oppure è illuminato***. (Coloro che fanno questo) sono persone che incontrano i Buddha e i patriarchi.
**Dopo averli compresi. Se comprendiamo possiamo vedere questo: là dove la realizzazione unitaria è radicata e solida, qualunque esperienza, anche la più controversa, produce frutto. Se la realizzazione solida non è, una esperienza può smarrire.
*** Il sé sta tornando all’illusione? È al di là dell’illusione? [Gudo Nishijima-Chodo Cross così traducono]
COMMENTO (Tollini)
[8] Il discorso ora riprende il tema precedente della possibilità di smarrimento delle persone illuminate. Ora, Dôgen esamina il problema da ogni possibile angolazione, come spesso ama fare per sviscerare ogni possibile senso di una frase. Alla fine, si chiede, se illusione e illuminazione non siano forse due mani che vanno sempre assieme, cioè due elementi complementari che non possono mai essere disgiunti. In quel caso, che senso avrebbe dire che un illuminato torna nell’illusione?
Bisogna davvero sapere che vi è una grande illuminazione che ci fa capire quanto l’illusione e lo smarrimento siano vicine e intime all’illuminato. Ci fa capire, cioè che illusione e illuminazione non sono due cose così lontane e separate come normalmente si crede, né opposte l’una all’altra in modo incompatibile. Da questo punto di vista, considerare l’illusione (“i pirati”) come illuminazione (“i figli”) non è tornare indietro allo smarrimento, ma è capire un aspetto della realtà delle cose perché nell’illusione c’è l’illuminazione.
La realtà così com’è non è né illusione né illuminazione, è semplicemente la realtà così com’è. Illusione e illuminazione sono modi diversi di vedere quella stessa realtà*. Se le cose stanno così, allora, non è assurdo vedere l’illusione come illuminazione. D’altra parte, non è nemmeno sbagliato considerare l’illuminazione come illusione.
*”Illusione e illuminazione sono modi diversi di vedere quella stessa realtà”: l’illuminato comprende la perfezione del Reale, e dunque anche del reale illusorio, di quel rapporto con la realtà che consegue all’identificazione e che è necessario a tutti noi per le lunghe stagioni del nostro peregrinare. L’illuminato sente il Disegno del divenire, sente che tutto è Realtà d’Essere aldilà della transitoria illusione di un soggetto.
Direi che illusione e illuminazione non sono due modi diversi di vedere la stessa realtà, l’illuso non vede la realtà, sente l’illusione figlia dell’identificazione e non sente il Disegno del reale, sentire che invece possiede l’illuminato: è questo, l’illuminato, che può dire: “Illusione e illuminazione sono modi diversi di vedere quella stessa realtà”, la compassione che prova e la comprensione del Disegno lo portano a poter affermare questo.
L’illuso, in sé, è solo illuso e non può affermare nulla in merito alla realtà perché quella che lui sente non è reale, è figlia del suo esserci illusorio. Nell’illuminato è il suo scomparire che permette l’affiorare del reale: nel vuoto di sé emerge Ciò-che-È. Nel pieno di sé, ci sono solo i vapori di sé.
Aldilà dei giochi di parole tanto cari in questo ambiente, l’esperienza ci viene in aiuto e chiarisce ogni equivoco: chi conosce e sente l’Essere Unità non dirà mai che l’illuso vede e sente la realtà; chi vede sa cosa è il non vedere, da lì proviene e ne coglie la limpida differenza.
L’illusione è una narrazione della realtà che avviene nell’identificazione con l’azione, l’emozione, l’affetto, il pensiero possibile in virtù di un sentire parzialmente strutturato. L’illuminazione è un sentire la realtà che avviene con il corpo della coscienza, o akasico, nella fase di sua grande, o massima, strutturazione: sono dunque due piani molto ma molto differenti.
“Quella stessa realtà“: l’errore dell’espressione che sto analizzando è in questa locuzione. Sembra esserci una realtà oggettiva e due modi di vederla, ma questo non è vero. Non esiste alcuna realtà oggettiva, “quella stessa realtà”, tutto dipende da come si sente, da cosa si sente.
Possono percepire, l’illuso e l’illuminato, lo stesso monte ma questo vivrà nel loro interiore in modo molto differente ed è questa realtà interiore diversa che è la Realtà, non il monte in sé che è solo un elemento scenografico.
Il reale, la realtà è costituita dai processi interiori dei soggetti o dei non-soggetti, e quella realtà nell’illusione è una cosa e nell’illuminazione qualcosa che è sorretto da un altro respiro.
Il fatto che entrambi vedano il monte non significa che entrambi sentano il monte: vederlo non significa niente, la differenza sta in cosa ciascuno sente e c’è modo e modo di sentire, con i corpi transitori prevalenti, o con il sentire prevalente.
Illuminazione e illusione sono le due mani che vanno sempre insieme. Piuttosto, dice Dôgen, la grande illuminazione consiste nel riconoscere l’illusione come illusione e volerne uscire risvegliando il bodhaishin e dedicandosi alla pratica/illuminazione.
Inversamente, lo smarrimento consiste nel riconoscere l’illuminazione nell’illuminazione, cioè pensare che l’illuminazione sia illuminazione. Chi pensa ciò, quindi, chi pensa di essere nell’illuminazione è, piuttosto nell’illusione. Questo è il vero smarrimento.
Considerare come illusione l’illuminazione, considerare come illuminazione l’illusione, considerare come illusione l’illusione, sono tutti atteggiamenti saggi. Solo considerare come illuminazione l’illuminazione è frutto di illusione.
Laddove vi è molto desiderio di illuminazione aggiungerne un altro poco è illuminazione, dove ve n’è poco, togliere questo poco è smarrimento. Quindi, in definitiva, cercando coloro che dall’illuminazione sono tornati indietro allo smarrimento si trovano comunque delle persone illuminate. Non solo bisogna capire se coloro che tornano indietro dall’illuminazione allo smarrimento sono persone illuminate o smarrite, ma soprattutto bisogna accertare quello che siamo noi in questo momento: se siamo persone smarrite o illuminate. Chi cerca di capire se stesso va incontro ai Buddha e ai patriarchi.
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Testo ricco di spunti, ma devo tornarci con calma
“vi è una grande illuminazione che rende sempre più vicino e intimo lo smarrimento.”
Sentire lo smarrimento connaturato all’illuminazione.
Attraversate lo smarrimento consapevoli della natura della propria fragilità.
“Solo considerare come illuminazione l’illuminazione è frutto di illusione.”
Da approfondire, il linguaggio è intuitivo ma si rischia di perdersi.
Il testo richiede pazienza perché tornando e ritornando a spiegare finisce per confondere.
1-Un illuminato può cadere nell’illusione poiché è ancora incarnato, ma questo nulla toglie al suo compreso perché comunque vedrà sempre la realtà dal punto di vista del sentire raggiunto.
2- Un grande illuminato sa riconoscere i pirati come pirati e i figli come figli.
Vale a dire sa riconoscere ciò che appartiene al sentire e ciò che appartiene all’illusione.
3 – La persona illuminata non torna ad essere smarrita, come da punto 1.
L’illuso, non sarà un illuminato, ma può illudersi di esserlo.
L’illuminato conosce l’illuminazione e l’illusione e su questa avere un moto di compassione.
Non è possibile disgiungere questa condizione, perché tutto è unitario.
La differenza la fa sempre il grado di Sentire a cui accediamo.
Possiamo illuderci di vedere la stessa Realtà, ma la sentiamo ognuno in maniera diversa.
Questi i primi elementi che mi pare di cogliere, ma è un testo che ha bisogno di essere approfondito.