La pausa: da fatto occasionale a ritmo del vivere

Dal post Nella pausa c’è l’irrompere della vita dentro il quotidiano: Nella pausa c’è l’irrompere della vita dentro il quotidiano, quello stesso che l’uomo fa parlare essenzialmente di lui: dei suoi sentimenti, dei suoi pensieri, dei suoi progetti, delle sue piccole beghe o grossi ‘problemi’, delle sue etichette e delle sue relazioni.

È proprio in quel racconto che possono aprirsi improvvise fratture, che spesso sono preannunciate da un dolore o da un’insoddisfazione o da un’offesa al proprio ‘io’.
La frattura apre uno spiraglio verso il vasto respiro dell’esistenza, che è fatto di ogni piccolo respiro che si fa udire dentro la frattura che l’uomo non riesce a colmare.
È a quel punto che il fascino per la pausa lo conduce verso un silenzio interiore.

La VdC parla d’improvvise fratture, quindi di qualcosa che accade a prescindere dalla volontà.
Ma ci sono anche quelle pause, che non sono necessariamente “fratture”, che sono semplicemente spazi nella rappresentazione delle proprie esistenze, spazi deliberatamente scelti e coltivati perché è stato compreso che essi sono essenziali sia nella dimensione dell’Essere che in quella del divenire.

In quello spazio si può ascoltare il respiro dell’esistente, la sua natura, il suo essere Ciò-che-È.
La persona consapevole sceglie i suoi spazi, le sue pause, il suo fermarsi: più essa è interna e presente all’accadere di ogni fatto, più le sue pause sono frequenti e divengono assimilabili a quelle del respiro:

  • qualcosa impatta,
  • reazione dei sensi,
  • reazione della mente,
  • disconnessione,
  • pausa.

Le pause si creano deliberatamente, così come si crea la frenesia del proprio vivere. Certo, esistono vite lavorative e/o familiari che hanno ritmi sostenuti, ma in molti casi è la persona stessa a creare la frenesia, per le ragioni tante volte discusse.

La persona inizia creando pause quotidiane, ad esempio un tempo per la meditazione rinunciando a mezz’ora di sonno, per poi, pian piano, sperimentare le pause nel camminare, nel mangiare, nel parlare, nell’esporsi alla relazione, nel consultare lo smartphone

La pausa da fatto occasionale diviene strutturale, automatico, reiterato, ritmo del vivere che torna senza sforzo: si costruisce una ecologia del vivere, del tempo fondata sulla pausa: tutto il resto cambia, ma la pausa torna e apre su un vasto vuoto che è ascolto del Ciò-che-È in quell’infinito attimo presente.


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5 commenti su “La pausa: da fatto occasionale a ritmo del vivere”

  1. Hai ragione, la pausa è di due tipi. Quella descritta dalla VdC precede, a mio parere, quella che tu descrivi come volontaria. La prima avviene quando una insoddisfazione ti dice che è ora di cambiare qualcosa nella tua vita. Scoperta questa necessità, la seconda viene di conseguenza ed ha le cadenze da te descritte.

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