Le basi della Via della conoscenza. Il deserto è solo la sconfitta di ogni mente, e perciò tutto ciò a cui ancora agogna è destinato a morire in quel deserto, compresa l’umana immagine di un Divino. Però non nascerà qualcos’altro: ci sarà solo un continuo stanare quella mente entrata in un deserto interiore.
Perché, se nascerà qualcosa, allora vorrà dire che la mente di quell’individuo nel deserto non sarà completamente morta, e quindi sentirà ancora il bisogno di concettualizzare il Divino adattandolo a se stessa e magari accettando le provocazioni che riceve come l’unica maniera per sopravvivere a se stessa. E perciò nascerà qualcosa solo fintanto che quella mente non avrà accettato fino in fondo il deserto, altrimenti non potrà che morire.
E, se muore, allora chi è che pensa, chi è che parla, chi è che protesta, chi è che dice che nel deserto non ci può stare? A quel punto tutto diventa deserto, istante dopo istante. Il deserto è deserto e tutto quello che voi sostenete ora rispetto all’esperienza del deserto è soltanto immaginazione. L’esperienza del deserto è proprio il restare sempre nel deserto, mentre il vostro protestare di oggi è solo il desiderio di essere ancora molto protagonisti e ancora poco fiduciosi nella potenza che vi scalza per lasciare spazio al Divino, nel suo essere innominabile, ineffabile e nel suo mistero.
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Però voi vi arrampicate sui vetri per tentare di dare risposte quando noi cerchiamo di sollecitarvi a confrontarvi con una realtà che non parla del vostro Divino. Per incontrare il Divino si deve passare attraverso l’accettazione dell’esperienza che nasce dentro quel deserto interiore che incide così tanto su ogni individuo da impedire alla sua mente la ricostituzione dei vecchi concetti sul Divino e l’edificazione di nuovi.
Il deserto è quindi solo lo stato naturale di chi, una volta vissuto l’iniziale tormento interiore, ha finalmente accettato che l’unica cosa che conta è davvero la propria dissoluzione e a lui si presenta allora come uno stato profondo di chi ha rinunciato a darsi risposte ed ha incominciato a capire che l’unica domanda da farsi è che cosa gli stia raccontando la propria mente in ogni momento.
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L’esperienza del deserto interiore può servire all’umano per fargli incontrare ogni sua concettualizzazione sul Divino, su se stesso e sugli altri. Però, quando voi ci sentite dire che dentro quel deserto il Divino è assenza, vi immaginate qualcosa che entra nella vostra vita e vi costringe a mollare la presa. Invece, dentro il deserto il Divino è proprio il deserto e la recrudescenza di quel deserto!
E chi è il Divino nelle relazioni che si vivranno dentro quel deserto? Il Divino è l’altro, comunque parli o comunque agisca. Il Divino non è una forza esterna che agisce su di voi o una forza interna che vi libera, ma è ciò che potete incominciare a concettualizzare per distruggere ciò che avevate concettualizzato prima. Questo è il Divino.
Perciò, dentro quel deserto interiore, ciascun uomo potrà continuare a distruggere ogni concettualizzazione, domandandosi ogni volta chi è che parla quando la propria mente parla e poi scoprendo di non sapere più chi sia per lui il Divino, ma di sapere soltanto che, ogniqualvolta lui pensa, gli capita di distruggere ciò che sta edificando col pensiero.
Lì c’è il Divino, e quella è l’essenza del Divino, che è tutto ciò che sta oltre la vostra mente, e che per voi sta a significare ciò che continuamente distrugge quello che la vostra mente erige come concettualizzazione e banalizzazione. Pertanto il Divino è quel totale silenzio che l’uomo può incontrare solo dove ogni propria concettualizzazione muore e si apre il mistero; e quindi non sarà lui a rendersi protagonista anche di quell’aderire al mistero.
Mai l’uomo potrà accettare il totale silenzio del Divino, finché avrà ancora bisogno di sentire il Divino lì presente, ad aiutarlo, a premiarlo o a suggerirgli. L’uomo potrà accettare la totalità del silenzio, solo quando, in quel deserto interiore, la sua mente cederà, e allora non ci sarà più alcuna parola da pronunciare sul Divino, poiché è possibile viverlo soltanto nel momento in cui non si ha più bisogno di aggiungere nulla a ciò che c’è già.
Ma finché voi continuate ad avere bisogno di connotare il deserto, e il Divino lì dentro, voi continuerete a rivolgervi solamente a una vostra concettualizzazione.
Il Divino c’è, ed è Colui che si rivela quando tutto tace; è Colui che è sempre dentro di voi, ma che continuamente la vostra mente occulta. C’è il Divino e, nonostante voi, vi porterà ad aderire all’assenza.
E’ così. Il divino emerge, come ciò che ci costituisce, nell’esperienza del silenzio interiore. E’ la contemplazione che fa emergere quello stato interiore che chiamiamo silenzio contemplante; e la contemplazione è l’esperienza del deserto della mente, perché in esso non c’è nulla di eccitante: “dove la mente vede il deserto, l’esperienza contemplativa svela il seme della vita”.
Il divino si rivela quando tutto tace.
Grazie