Nell’irrilevante il segreto della vita

Non perché l’irrilevante contenga in sé chissà che cosa, la sua centralità deriva dal fatto che non è rilevante agli occhi dell’identità. Il rilevante per l’identità non svelerà mai l’Essenziale proprio in virtù del fatto che gli viene attribuita una rilevanza: i fatti sono solo fatti, divengono rilevanti in virtù di una attribuzione e questa ne vela la natura.

L’Essenziale sorge nel vuoto di sé, là dove l’identità non opera più la sua discriminazione dividendo tra rilevante e irrilevante: nella neutralità i fatti divengono ciò che sono sempre stati, solo fatti, il velo delle menti viene superato e il Reale compare.
Compare perché non c’è mente, perché siamo oltre la dicotomia e la dualità: il segreto della vita che abbiamo cercato in ogni dove risiedeva nel superamento della discriminazione.

Tutti affermiamo di essere attenti all’irrilevante, di comprendere il superamento della discriminazione, ma non so se sia così, forse dovremmo essere più onesti con noi stessi.

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6 commenti su “Nell’irrilevante il segreto della vita”

  1. L’identità cerca appigli e sempre più ne percepisco l’ingombro. Difficile a volte distinguere ciò a cui la vita chiama e ciò che alimenta l’ingobro. Lo sguardo si fa più attento, ma l’inciampo è da mettere in conto. Possa mantenere costante l’attenzione. Confido nel sostegno dei fratelli e le sorelle della Via.

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  2. Brano di difficile digestione sul piano intellettuale. Un fatto è un semplice fatto? Sembra un’insulto all’intelligenza. Come possono ad es. essere la stessa cosa un fatto gioioso ed uno doloroso? Una festa di compleanno è forse uguale ad un funerale? Una guarigione è assimilabile all’aggravarsi di una malattia? Emergono valanghe di proteste e opposizioni da ogni dove. Eppure sappiamo che chia ha scritto il post non è certo un folle e quando abbandoniamo la mente per i suoi sentieri tortuosi e ritorniamo all’atmosfera respirata e vissuta in quell’eremo di campagna, dal sapore antico, spoglio ed essenziale, qual è “l’eremo dal silenzio” che è la sede del cammino del “sentiero contemplativo” ebbene, sappiamo che lì qualcosa abbiamo sperimentato nel segno di quanto descritto nel brano. Abbiamo fatto esperienza di fatti che accadono, spogli di qualsiasi attribuzione e anziché trovarci smarriti abbiamo sentito pulsare una vita più viva, più profonda, più vera. Oggi vorrei cercare ulteriori parole per esprimere lo stesso concetto della essenzialità e neutralità dei fatti, allo scopo, da un lato, di verificare se ho compreso bene io dall’altro sperate di facilitare un possibile avventore. Nessuno nega che un piatto di spaghetti alla carbonara sia ben altra cosa rispetto ad una carota avvizzita, da assumere per pasto. Dove e in che senso diventano uguali le due pietanze così ben lontane all’apparenza? Quando, prima di mangiarle e mentre le mangi, respiri, osservi dal tuo sé più profondo, la radice, il mistero, la sacralità di quel fatto a cui ti stai approcciando. Emerge uno spessore, in quel fatto, di cui la carbonara o la carota non sono altro che la buccia, assai poco rilevante rispetto fatto colto nella sua interezza o almeno a quella consentita dal proprio grado di sentire. Forse la carota aiuta persino più della carbonara a raggiungere la profondità del fatto, proprio perché non sconta quel carico di aspettative, desideri, piaceri tipici della sua contendente carbonara. Ciò detto, non è che io sta qui a mangiare carote, anzi, semmai troppe carbonare. Non c’è alcub peccato in questo, o almeno non in senso religioso. Si potrà semplicemente dire “che peccato” accontentarsi della buccia di un fatto e quindi della vita. Ci sta pure questo, perché non tutti e non sempre sono probabilmente attrezzati per vivere a certi livelli di esperienza. Non c’è fretta; c’è solo da coltivare consapevolezza. Così è se vi pare.

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  3. Oggi posso affermare che non seguo più l’ecclatante. L’irrilevante è comunque una dimensione diversa a cui ci si affaccia, non certo per volontà, in maniera occasionale.

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  4. Pur essendo a contatto con questi concetti da tanto tempo, vedo ancora come il vuoto di sé si fa strada con fatica, in momenti inaspettati. C’è ancora molto fastidioso io al centro e disagio per questo.

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  5. “Tutti affermiamo di essere attenti all’irrilevante, di comprendere il superamento della discriminazione, ma non so se sia così, forse dovremmo essere più onesti con noi stessi.” Più che affermare di aver superato la discriminazione e di essere attenti all’irrilevante dovremmo dire di essere in un constante confronto con “l’irrilevante” e la “discriminazione”, dato che come affermano i voti: “gli insegnamenti sono infiniti, voto di apprenderli”. Il problema è che affermando di “essere attenti all’irrilevante” e “comprendere il superamento della discriminazione” crediamo di aver compreso e veniamo meno all’atteggiamento esistenziale del “costante confronto”, ovvero perdiamo di vista il voto/intenzione.

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