Le basi della Via della conoscenza. Partecipante: In tutto questo discorso per me rimane in sospeso il concetto di sofferenza perché non basta dire: lascia che il pensiero vada e che le emozioni vadano, mentre poi uno si trova lì che sta male e il male non si riesce a superare. E allora come lo si affronta?
Non è stato detto questo, o almeno non era questa la nostra intenzione. Provo a rendere più esplicito ciò che tu vuoi dire e ciò che noi condividiamo di ciò che tu vuoi dire. Tu stai in qualche maniera ammonendoci per il fatto che il nostro discorso rischia di non valutare qual è la vera condizione dell’uomo che cerca o che aspira a conoscersi. Questo è vero, ma noi oggi lo diamo per scontato, almeno per quanto vi riguarda.
L’uomo non può staccarsi dai propri sentimenti se non conosce i propri sentimenti e se non scopre perché le proprie pulsioni si esprimono in un certo modo. In questo caso non è possibile perché lui è completamente identificato nei propri sentimenti, nelle proprie emozioni e nei propri pensieri.
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Quindi, il primo passo per distaccarsi dall’immediatezza della pulsione e dall’immediatezza della sofferenza che provoca una pulsione non regolata e non compresa, è appunto quello di cercare, cercare e cercare, e noi vi abbiamo già detto per lungo tempo che per arrivare a essere non-mente l’uomo deve indagare, ma il principale ostacolo all’indagare è il volere interpretare se stessi sempre nel solito modo.
L’uomo deve prima di tutto conoscersi. Soltanto se si conosce, o comunque se intraprende la via della conoscenza di sé, egli può sperare di abbandonare l’attaccamento a se stesso. Se non intraprende questa strada, ogni altro discorso è impossibile, semplicemente per il fatto che per staccarsi da se stessi bisogna prima di tutto prendere consapevolezza, non solo dei propri limiti, ma delle ragioni che vi inducono a rafforzarvi in continuazione nel vostro io.
E questo è possibile soltanto se si scopre che i propri sentimenti e i propri pensieri sono talmente legati strettamente l’uno all’altro che si alimentano l’un l’altro in un circolo talvolta vizioso che, se non viene spezzato, mai e poi mai vi potrà far scoprire veramente ciò che sta al di là di quel circolo vizioso. Fonte
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Per rimanere aggiornati su:
Il Sentiero contemplativo, Cerchio Ifior
“L’uomo non può staccarsi dai propri sentimenti se non conosce i propri sentimenti e se non scopre perché le proprie pulsioni si esprimono in un certo modo”.
Sento necessaria e vera questa indagine.
Grazie.
“Interpretare se stessi sempre nello stesso modo. “
Su questa frase si è appoggiata la mia attenzione.
Vivere senza un’immagine di se’, seppur frutto di un’interpretazione condizionata da tanti elementi, non è possibile. Abbiamo bisogno di una forma, fuori da essa non ci percepiamo.
Il rapporto forma-vita sembra insolubile, quanto limitante.
La via d’uscita, se così si può dire, è nella mutevolezza di quella forma, nell’operare per non cristallizzarsi. Come scrive Catia, nel praticare il dubbio e la disconnessione.
Un lavoro senza fine.
Si inciampa sul masso e poi anche sul sassolino. Più facile vedere le dinamiche sugli altri, su se stessi è un lavoro fine.
Travi e pagliuzze.
Conoscere se stessi per aprirsi alla consapevolezza: il lavoro di una vita che faremo fino all’ultimo respiro!
Dal dolore nasce la necessità della conoscenza di sé, di ciò che provoca quel dolore stesso. Poi dalla conoscenza di sé si passa alla conoscenza della mente, dei suoi nascondimenti e delle sue sottigliezze. Infine, si comprende che non c’è via uscita nell’analisi: è lo sbocco nella dimensione contemplativa.
Interessante, grazie.
giusto ,dubbio e disconnessione
e non dar spazio alla propria mente e a tutti i desideri che provengono dal proprio io
perché essi conducono solo alla sofferenza
Per poter diventare non – mente, prima l’uomo deve indagare e intraprendere la via della conoscenza di sé stesso, ma non come gliela racconta la mente.
Deve praticare il metodo del dubbio e della disconnessione.