Percezione e creazione (Kempis, CF77)[realtà12]

In blu le parti che si possono leggere in un secondo momento per integrare.
C’era una volta… «un pezzo di legno», diranno subito i miei ascoltatori, memori di giovanili letture circa un burattino chiamato Pinocchio. No: c’era una volta un Re. Era l’epoca in cui l’uomo concepiva la realtà nella quale viveva a sua immagine e somiglianza.

Tutto era una persona: il vento, il tuono, il sole, la luna. Perfino Dio era concepito come un sovrano che bisognava servire e ossequiare per non incorrere nella sua collera e subire il suo castigo.
Questi tempi sono passati, nessuno oggi crede più a una simile realtà; perfino i fanciulli non credono più che dentro un apparecchio radio ci siano nanetti che parlano e suonano. Nessuno ci crede più, tranne gli esoteristi e i religiosi.

I primi, infatti, continuano a pensare alle forze intelligenti che concorrono alla manifestazione della vita cosmica come a degli esseri dotati di coscienza: raffigurazione, questa, che andava bene nell’epoca passata quando nulla si sapeva della meccanica della natura. I secondi ancora si ostinano, per sciocco e insensato timore reverenziale, a concepire Dio un essere che agisce giudicando e decidendo.

Certo, si deve riconoscere che una cosa è tanto più affascinante quanto più resta misteriosa. Una volta che se ne è scoperto il funzionamento diventa naturale e perde il suo aspetto magico; e se, nel comportamento intelligente di una cosa, nell’ignoranza si è portati a credere e spiegare che dietro a essa agisca una persona trascendente, una volta capito come la cosa sia, tutto diventa naturale e ci si affranca dalla paura di ciò che l’ignoto può causarci.

È paralizzante il timore che deriva dall’essere sotto il tiro di una presenza misteriosa che non sai come trattare, di cui non vedi le reazioni, di cui non sai l’umore e che quindi ti lascia senza difesa. Ed è comodo, per chi si dice rappresentante o comunque ascoltato da quella «persona» non spiegare che tutto è naturale, anche ciò che trascende il mondo percepito dai sensi del corpo – perché dello stesso mondo si tratta -, mondo che non cambia struttura per il fatto che i sensi fisici non lo percepiscono. È comodo perché è facile manovrare persone impaurite che non sanno cosa fare, e cosi sfruttarle per proprio tornaconto.

Si, cari: scoprendo il mondo percepito dai sensi fisici l’uomo ha constatato che è logico e razionale a tal punto da apparire, almeno in una visione limitata, meccanicistico. A mano a mano che l’uomo si è costruito dei mezzi di indagine che hanno ampliato i suoi sensi e fatto scoprire una porzione più grande della realtà, o altri aspetti di essa, sempre ha trovato la stessa razionalità e la stessa logica; a tal punto che la ricerca scientifica altro non è che la ricerca della logica della natura.

Cari esoteristi, mai nessuno troverà gnometti e fate che accudiscono alla vita della natura perché quelle erano personificazioni, immaginate dall’uomo, delle forze intelligenti in virtù delle quali la vita si manifesta; ma neppure quell’«intelligenti» può in qualche modo attribuire una natura di persona a tali forze; infatti, per intelligenza s’intende la capacità di capire bene e prontamente e rispondere in modo logico.

Intelligente è un interruttore crepuscolare che attiva automaticamente l’illuminazione artificiale al calar del sole. Nella concezione antica degli esoteristi e religiosi, quel piccolo apparecchio diventa una persona, cosi come sono diventate persone le intelligenze celesti che governano la vita cosmica, in effetti più simili a robot che a esseri.

La Verità — enunciazione della Realtà — per essere comprensibile ha una veste adattata alla cultura dei tempi e dei popoli. La forma nella quale la Verità è presentata, quindi, deve mutare per rimanere vera. Non ci si può ostinare a conservare certe immagini che servivano ad avvicinare la Realtà a chi aveva un abito mentale ormai superato, altrimenti si dà più importanza alla forma che alla sostanza e si creano sacerdoti che mascherano il loro vuoto abissale nelle scuole di inutile nozionismo.

Noi pure, se non vogliamo fare la stessa fine, dobbiamo essere i rinnovatori di noi stessi rimettendo a fuoco, precisando più profondamente, a mano a mano che procediamo nell’esposizione dell’insegnamento, i concetti già espressi.

Forse i temperamenti romantici resteranno delusi a sapere che i folletti, gli gnomi e tutto quel mondo di favola dell’esoterismo di maniera è creazione della fantasia, e che si è più nel vero se si concepiscono gli spiritelli della natura come dei robot. La scienza si sostituisce alla favola.

Sia ben chiaro: io non dico che non esistono le forze intelligenti che concorrono alla vita cosmica; dico che è errato personificarle, come è errato personificare Dio. Anzi, tutto quanto la fantasia più strampalata immagina, esiste. Dirò di più: tutto quanto esiste è reale.

Sissignori: se non siete d’accordo, si tratta solo d’intenderci sul termine «reale». Esistenza e realtà si identificano: un pensiero, nel momento che è concepito, esiste ed è reale. Se si pensa a un asino che vola, quel pensiero è reale. Certo nel piano fisico non esiste una forma corrispondente a quel pensiero, e quindi nel piano fisico non esiste quella realtà; ma questo è un altro discorso che nulla toglie alla realtà del pensiero. La realtà non è solo quella del piano fisico. Nel piano del pensiero, quel pensiero esiste ed è reale come tutto il pensiero, che abbia o non abbia corrispondenza nel piano fisico. Tutto è reale, naturalmente nella propria dimensione. L’errore è di credere che sia reale la sola dimensione fisica.

[…] Non può esistere una cosa irreale in senso assoluto. Un miraggio non è reale — voi dite. Non è questo quello che io intendo: un miraggio è costituito di «qualcosa »; in questo senso è reale; e lo è anche se non è ciò che rappresenta.

Nella dimensione fisica, il fatto che tutto ciò che l’individuo pensando immagina non esista, fonda in modo errato l’opinione che le creazioni del pensiero siano irreali; cioè che sia reale il solo mondo fisico. Ciò, come ho detto, è un errore. Tutti i mondi sono egualmente reali e tutti i mondi, rispetto alla Realtà assoluta, sono egualmente illusori; cioè come sono percepiti non esistono oggettivamente.

In altre parole, l’individuo non percepisce, sia pure con toni soggettivi, una realtà in se stessa esistente, ma in un certo senso la crea attraverso al processo della percezione.

Quello che esiste oggettivamente è solo una sostanza indiversificata che, captata attraverso a dei sensi limitati, appare come mondo fisico o astrale o mentale. Non è quindi Dio che crea o emana i mondi ma sono gli individui col loro sentire in senso Iato e di coscienza.

Se cosi è, allora esistono solo gli individui e la materia indiversificata. Però, a loro volta, gli individui sono costituiti di sostanza, della stessa sostanza di cui è costituito il Tutto, cioè Dio stesso; perciò i mondi sono manifestati dagli esseri e gli esseri da Dio, cioè rappresentano il virtuale frazionamento della coscienza assoluta.

Un essere, quale virtuale parte della coscienza assoluta, ha un sentire parziale. Questo stesso fatto comporta, come conseguenza, una percezione limitata dall’ambiente, della sostanza nella quale è immerso, e che costituisce il suo non essere. La conseguenza della percezione limitata è la visione-creazione dei mondi fisico, astrale, mentale, tratti, ripeto, dal percepire limitatamente, parzialmente, la divina sostanza in sé omogenea e indiversificata.

Quanto più il sentire è limitato e tanto più il mondo nel quale l’essere si immerge o crea è grossolano.

Gli esseri che hanno analoghe limitazioni, creano nella loro percezione mondi analoghi che, per il fatto di avere punti di contatto, assurgono per quegli esseri a realtà oggettiva e apparentemente indipendente dai soggetti. Tale supposta oggettività è rafforzata dal fatto che la materia di un mondo può essere da un individuo plasmata in qualunque forma e vista cosi plasmata dagli altri individui di quel mondo.

Un artigiano che crea una sedia plasma la materia fisica in quella forma, e la sua creazione è vista da tutti gli altri individui che, avendo le sue stesse limitazioni percettive, trasformano nella percezione la divina sostanza in materia, e quindi in mondo fisico.

Sicché, ciò che l’individuo crea con le limitazioni della sua percezione, dovute alle limitazioni del suo sentire, non è un mondo totalmente onirico ma un ambiente, una dimensione con le sue leggi e i suoi fenomeni che appaiono eguali a tutti coloro che per le stesse sue limitazioni trasformano la divina sostanza in quell’ambiente.
A sua volta, il soggettivo generale subisce un ulteriore processo di soggettivazione in forza della psiche dell’individuo che ne dà una sua personale interpretazione — questa volta solamente sua.

L’individuo, quindi, appalesando il suo sentire limitato, dà l’avvio a un processo di superamento e alla manifestazione di un sentire meno limitato, e cosi via. È come se l’individuo si rimirasse a uno specchio e, scoprendo i suoi difetti, li eliminasse.

Un individuo-uomo visto in un momento inteso non come tempo, ma come fase della sua struttura, è un sentire relativo, un sentire limitato. Per coglierlo, per vederlo singolarmente, è necessario avere una cognizione limitata, in quanto egli non ha una struttura oggettiva sul piano assoluto, essendo prodotto del virtuale frazionamento della coscienza assoluta.

Allora, la cognizione che un altro individuo ha del primo non dipende da come il primo è, ma dalle limitazioni percettive del secondo; sicché se il secondo è nella condizione-limitazione che gli fa creare-percepire il mondo fisico, il primo sarà da lui visto come un uomo con un suo corpo avente certe caratteristiche corrispondenti al sentire che esprime. Oppure non lo vedrà affatto, se egli secondo avrà scelto un momento in cui il primo sta sentendo la fase fra una incarnazione e l’altra.

Questo ci fa capire che gli esseri, pur non avendo una struttura oggettiva sul piano assoluto, l’hanno sul piano relativo; struttura che non ha un aspetto unico, ma un aspetto per ogni fase di sentire; sicché come l’essere è colto dagli altri esseri dipende dal momento in cui gli altri lo colgono nella teoria dei suoi sentire. Questo perché tutto esiste al di là dell’apparente divenire-percepire in successione.

Quello che l’essere percepisce non è ciò che esiste oggettivamente, non è l’unica realtà superstite delle precedenti che non esistono più e preliminare di quelle che verranno e che non esistono ancora; ma è la porzione della realtà totale — tutta esistente simultaneamente — che l’essere riesce a cogliere e creare in forza delle sue limitazioni, o che le sue limitazioni gli fanno cogliere e creare.

Ora, questo cogliere e creare — se non si è ben compreso il concetto dell’Eterno Presente, cioè del fatto che la Realtà non è divenire ma essere — può suonare come una contraddizione. Infatti, se si dice che la Realtà è in stato di eterno presente, cioè che è tutta manifestata, allora l’essere la coglie in successione, ma non la crea. Viceversa, se la crea in successione, allora la Realtà non è tutta manifestata, almeno secondo la logica del divenire.

Può darsi che, per introdurre il concetto dell’Eterno Presente e farvi comprendere che la Realtà è in essere e non in divenire, noi abbiamo sorvolato su certe precisazioni del genere di quella che sto per fare; tuttavia tali puntualizzazioni diventano necessarie per capire le successive esposizioni della Verità, perciò abbiamo l’obbligo di farle, anche se le parole non sono più idonee a esprimere concetti che fuoriescono dalla logica della vostra realtà.

Il fatto che gli esseri vivono, sentono in successione il sentire legato alle situazioni cosmiche che tutte simultaneamente sono esistenti nell’Eterno Presente, non significa che gli esseri le sentono perché cosi sono scritte, ma esattamente il contrario: l’Eterno Presente è una Realtà in cui l’apparente successione del sentire è annullata. Niente d’altro. L’Eterno Presente è la condizione strutturale del virtuale frazionamento dell’Assoluto, o meglio, della sua sostanza, perché la Coscienza assoluta è oltre il virtuale frazionamento.

Il divenire, come il virtuale frazionamento, è sentito da ogni sentire; perciò gli esseri, percependolo, creano l’Eterno Presente.

Percezione e creazione si identificano; con la differenza che, sul piano della struttura del virtuale frazionamento tutto è creato-percepito simultaneamente; mentre sul piano del sentire relativo — sentire che è la conseguenza del virtuale frazionamento — tutto è creato-percepito in modo successivo. Punti di vista diversi di una stessa Realtà che originano realtà diverse, ciascuna vera nella sua dimensione relativa.

Allora, cambia qualcosa nei nostri fotogrammi? Assolutamente no. Infatti se si osserva la struttura del virtuale frazionamento, vi si trovano tutti i sentire relativi legati a tutte le situazioni cosmiche dagli stessi create-percepite cosi come sono create e percepite in successione dai singoli sentire.

Se si osserva la struttura dei fotogrammi in se stessi, al di là di come la percezione dei sentire limitati li crea, li trae dalla divina sostanza indiversificata, si trova solo divina sostanza indiversificata.

Da questa puntualizzazione, che mette a fuoco la creazione delle situazioni cosmiche da parte dei sentire, non viene meno neppure il concetto della non contemporanea creazione-percezione di una comune situazione cosmica da parte di due o più sentire di grado diverso.

Infatti, se in una realtà più completa, cioè in una visione meno relativa, è sentito simultaneamente ciò che l’individuo vive gradualmente, non ha importanza che nell’illusoria successione dei sentire uno senta prima o dopo, perché in effetti non esiste «prima» e «dopo»: possiamo dire che tutto è già, purché si comprenda che l’Eterno Presente non è il destino, la trama che determina il forzato comportamento dell’individuo, ma semmai è il dossier, l’archivio completo della sua esistenza.

Per la vostra logica del divenire, un tale archivio è impossibile perché esisterebbe prima che gli eventi si producessero: ma, se ci pensate, diventa impossibile solo per quel «prima». Allora, siccome nella Realtà più vera quel «prima» non esiste, perché gli eventi esistono tutti simultaneamente, quell’archivio è possibile.

Piuttosto, con questa precisazione, il concetto delle varianti potrebbe sembrare inutile. Infatti, che senso ha l’esistenza delle varianti in un Eterno Presente inteso come archivio dei comportamenti individuali? O c’è una scelta, o c’è l’altra. In altre parole ci dovrebbe essere solo il vissuto.

La risposta a questa domanda si ha proprio da quello che abbiamo detto sulle varianti, e cioè che esse esistono proprio per far coesistere una libertà individuale in una storia – chiamiamola – generale obbligata. Da questo punto di vista non vi sono problemi per l’esistenza delle varianti.

Ciascun essere vive la sua parte della storia e, quando ha possibilità di uscire dalla storia generale, vive una sua storia particolare; e quindi le storie nell’Eterno Presente ci sono entrambe, almeno nel caso in cui l’individuo scelga appunto di fuoruscire dalla storia generale.

Tuttavia, a ben pensarci, il problema non è risolto. Infatti, tenendo presente che le varianti non riguardano i sentire di coscienza ma solo i sentire in senso lato; cioè sono inserite nel percorso degli avvenimenti che fanno cadere le limitazioni e raggiungere o manifestare un nuovo sentire di coscienza; e tenendo presente che gli avvenimenti sono creati-percepiti dai sentire in senso lato, come può esistere un avvenimento non creato-percepito da un essere ancorché costituisca possibile scelta della sua vita? Se le varianti esistono, debbono esistere con tutti i particolari individuali, cioè tutte le emozioni, i pensieri eccetera dell’individuo, e non solo come fatto visto dall’esterno. Non per nulla il cosmo, per quanto riguarda i mondi della percezione, è il dossier di tutte le creazioni-percezioni degli esseri. Allora come può esistere il dossier di un evento scartato, non vissuto?

A ben pensarci ciò potrebbe essere oggetto di meditazione da parte vostra. In tal caso, perché privarvi di una simile possibilità? Meditate, meditate.

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5 commenti su “Percezione e creazione (Kempis, CF77)[realtà12]”

  1. “Il fatto che gli esseri vivono, sentono in successione il sentire legato alle situazioni cosmiche che tutte simultaneamente sono esistenti nell’Eterno Presente, non significa che gli esseri le sentono perché cosi sono scritte, ma esattamente il contrario: l’Eterno Presente è una Realtà in cui l’apparente successione del sentire è annullata. Niente d’altro. L’Eterno Presente è la condizione strutturale del virtuale frazionamento dell’Assoluto, o meglio, della sua sostanza, perché la Coscienza assoluta è oltre il virtuale frazionamento.

    Il divenire, come il virtuale frazionamento, è sentito da ogni sentire; perciò gli esseri, percependolo, creano l’Eterno Presente.”

    L’Eterno Presente non è un database “oggettivo” da cui le coscienze estraggono le scene in un secondo momento.

    L’Eterno presente è generato/percepito dai sentire: non esiste un Eterno Presente “oltre” i sentire, perché oltre i sentire c’è solo la Sostanza Divina Indifferenziata.

    Dunque, l’Eterno presente rappresenta la struttura del frazionamento virtuale dell’Assoluto possibile grazie ai sentire.

    Ora, i sentire possono essere colti da due punti di vista diversi, secondo limitazioni diverse.

    Per cui da una prospettiva che non tiene conto del condizionamento del divenire, del tempo fisico, né dei sentire in quanto in “successione”, la Realtà è sentita/percepita/creata contemporaneamente come Eterno Presente e i fotogrammi così sono “vissuti”, come già dispiegati.

    Se aggiungiamo le limitazioni caratterizzanti il mondo della successione dei sentire e del divenire fisico, ciò che otteniamo è la creazione/percezione dei fotogrammi secondo le leggi del mondo fisico e dunque del tempo. del dispiegarsi graduale dei fotogrammi.

    Per cui, citando ancora i testo:

    ” L’Eterno Presente non è il destino, la trama che determina il forzato comportamento dell’individuo, ma semmai è il dossier, l’archivio completo della sua esistenza.”

    Donde, l’Eterno Presente non ci forza in una direzione piuttosto che in un’altra, come se fosse una realtà oggettiva che incombe e condizione le coscienze che estraggo le scene necessarie al loro cammino di evoluzione, piuttosto quelle scene sono già dai sentire create/percepite ma in una condizione diversa, appunto, di Eterno Presente.

    Dunque, siamo noi (sentire) che creiamo/percepiamo quell’archivio che chiamiamo Eterno Present.
    Es. La città Roma è generata e creata dalle insieme di percezioni che, da un punto di vista di Eterno Presente, sono da sempre già sentite, ma da un punto di vista del divenire si dispiegano gradualmente, generando la “storia” della città di Roma.

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  2. Mi sembra comprensibile. Aggiungere parole potrebbe intaccare tanta ricchezza.
    Grazie per questa lettura da tenere come compagna nel percorso.

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