L’azione priva di agente [43G]

Chi fa quel passo [evolutivo]? Chi matura? La risposta vi suonerà certamente provocatoria e paradossale: quel passo lo fa soltanto un ‘chi’, vale a dire una semplice parte grammaticale del discorso. Quindi nessuno. Perché per voi ricorrere a un ‘chi’ significa servirsi di un presupposto concettuale: a un ‘chi’ la vostra mente fa continuamente ricorso per attribuire un’azione a un soggetto, altrimenti come potreste immaginarvela, se priva di agente?

Ecco perché ponete sempre accanto a ogni verbo un ‘chi’ soggetto – anche sottinteso – che regga l’azione e che motivi un accadimento. Ma questo vi spiega perché non è possibile parlare a voi di gratuità o di semplice accadere senza provocarvi, in quanto viene messa in crisi la vostra convinzione che ci sia sempre un qualcuno, cioè un ‘chi’ – soggetto agente – promotore dell’azione e un ‘chi’ ricevente l’azione. L’azione priva di agenti non la potreste nemmeno immaginare.

Ben sappiamo che vi attendevate da lungo tempo che queste voci vi parlassero di gratuità come del grande dono del Divino che viene posto davanti all’uomo su un piatto d’argento. Un dono che va al di là dei suoi meriti ed elargito con un amore totalmente sconfinato e immensamente giusto.

Un amore che usa diversi modi per distribuire all’umanità ogni singola fetta dell’infinita torta di gratuità, attraverso la quale – vi dite – il Divino manifesta sé, donando a ciascun uomo delle fette più o meno grandi, più o meno numerose e più o meno inzuccherate, senza spiegarne il motivo.

L’umano sa di non avere gli strumenti per comprendere le ragioni di quel dono di un amore infinito, però pensa in cuor suo: “Lui sa perché, e io ho fiducia”. Quindi, voi credete che la gratuità sia una bella fetta di torta, offertavi affinché possiate assaggiare qualcosa di celestiale, ma non elargita unicamente come ricompensa, dato che va ben oltre i meriti umani e spesso anche oltre le aspettative di ognuno; voi la classificate proprio come un dono gradito e che vi sorprende.

Ma quando accade qualcosa di inaspettato e non gradito, a cui voi non riuscite ad attribuire un senso che sia coerente coi principi che governano il vostro percorso evolutivo, allora non vi viene proprio da pensare che possa trattarsi di gratuità.

Perché gratuità – vi dite – non può essere quel dolore che vi colpisce e vi trapassa, lasciandovi a terra; dopo tutto il vostro darvi da fare per migliorare, per progredire spiritualmente, lo ritenete immeritato e non vi è possibile nemmeno collegarlo con quella che considerate la spinta necessaria a riprendere il passo perduto nella via evolutiva. A quel punto, vi domandate che cosa mai possiate aver fatto di sbagliato nelle vite passate, ricorrendo alla vostra teoria di causa-effetto, cioè al famoso karma!

Restate lì, nel momento presente, non andate a cercare altrove, perché anche quel dolore è gratuità, anche una perdita improvvisa, o un’offesa che vi brucia, così come una grave malattia vostra o di chi amate: tutto è gratuità e niente è stato prodotto da qualcuno e nulla va a vantaggio di nessuno.

Eppure voi preferite credere che, ad esempio, l’offesa è stata provocata da quel tale che ha scarsa consapevolezza, o da un momento di rabbia di qualcun altro, perché per voi c’è sempre un agente e c’è sempre una motivazione, e le due cose dentro di voi sono strettamente connesse.

Fonte: La via della Conoscenza, “Ciò che la mente ci nasconde“, Gratuità, p. 40-41

In merito alla via della Conoscenza: quel che le voci dell’Oltre ci hanno portato non sono degli insegnamenti, non sono nuovi contenuti per le nostre menti, non sono concettualizzazioni da afferrare e utilizzare nel cammino interiore. Sono paradossi, sono provocazioni o sono fascinazioni, comunque sono negazioni dei nostri processi conoscitivi e concettuali.
Non hanno alcuno scopo: né di modificarci e né di farci evolvere. Creano semplicemente dei piccoli vuoti dentro il pieno della nostra mente. Ed è lì che la vita parla.

Per qualsiasi informazione e supporto potete scrivere ai curatori del libro: vocedellaquiete.vaiano@gmail.com
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Indice dei post estratti dal libro e pubblicati
Abbreviazioni: [P]=Prefazione. [V]=Vita. [G]=Gratuità. [A]=Amore.
Le varie facilitazioni di lettura: grassetto, citazione, divisione in brevi paragrafi sono opera del redattore: i corsivi sono invece presenti anche nell’originale.

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11 commenti su “L’azione priva di agente [43G]”

  1. Non facile vedere la sofferenza come gratuità.

    Nelle stagioni della vita passate ho ben conosciuto la sofferenza, devastante!
    L’esperienza di quella devastazione ha sempre costruito consapevolezza, donato senso.
    Passaggio obbligato per nuove aperture.
    Ecco così oggi vivo la sofferenza: Un’onda che scuote più o meno forte la superficie a cui accetti di piegarti ma che non intacca quella stabilità di fondo. È la calma e la tempesta insieme.
    Quello stare si potrebbe definire gratuità?

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    • AD Anna
      Sì, a mio parere quello stare è la gratuità, l’Essere Vita.
      Il termine gratuità è proprio del divenire, interno a una diade: gratuità/interesse; gratuità/finalità.
      Quando esso designa l’accadere che non è legato ad altri accadere, il fatto separato da altri fatti, allora siamo in presenza dell’Essere Vita.
      Del Ciò-che-È, se preferisci.

      Rispondi
  2. Restate lì, nel momento presente, non andate a cercare altrove, perché anche quel dolore è gratuità.

    Nel sentire è così, la mente invece si ribella.

    Rispondi
  3. “Perché gratuità – vi dite – non può essere quel dolore che vi colpisce e vi trapassa, lasciandovi a terra; dopo tutto il vostro darvi da fare per migliorare, per progredire spiritualmente, lo ritenete immeritato e non vi è possibile nemmeno collegarlo con quella che considerate la spinta necessaria a riprendere il passo perduto nella via evolutiva. A quel punto, vi domandate che cosa mai possiate aver fatto di sbagliato nelle vite passate, ricorrendo alla vostra teoria di causa-effetto, cioè al famoso karma!”

    Quante volte capita di sorprendersi mentre siamo presi in questi dinamiche identitarie quando interpretiamo la nostra esistenza o quella degli altri.

    Non posso che accogliere questo processo con lo sguardo della compassione.

    Ma sono, anche, consapevole, che l’accettazione della gratuità è ben oltre qualsiasi possibilità della compassione: è un’esperienza ancora più radicale

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  4. Se è facile legare il concetto di gratuità a qualcosa che la mente defisce buono, sembra difficile accettare che anche il dolore ne faccia parte.
    Bisogna darsi tempo. Vedere come si dispiega il disegno di ognuno e forse si riesce a comprendere meglio l’origine di quel fatto che tanto ci ha dato dolore.

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    • A Natascia
      Capisco il tuo argomentare, ma non è questione di origine del dolore e di sua motivazione/giustificazione.
      E’ necessario fare un balzo nello sguardo…(ne parlo in Essere/Divenire Forum del 19 alle 15,30 circa)

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  5. tutto e’ gratuita’ a patto che rientri nel mio disegno evolutivo e personale…hahaha ovviamente scherzavo
    la gratuità é il lasciarsi plasmare dalla vite senza opporre resistenza a essa…
    perché cercare di opporre resistenza a un qualcosa di gratuito…

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  6. L’esposizione di questi argomenti di Soggetto, tra l’altro conosciuti da tempo è chiarissima ma, ora come allora,anche se il sentire lo sa, la mente rifiuta di considerare gratuita una sofferenza a qualcuno che ti è sommamente caro.

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  7. Sia fatta la Tua volontà a patto che risponda a un mio disegno ideale.
    Togliere “a patto che” e stare nella Fiducia a braccia aperte e quindi a petto aperto, totalmente vulnerabili e per alcuni versi indifesi.

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  8. Questa è una delle trappole della mente e dell’insegnamento filosofico. Risuona come una campana stonata l’incalzare del pensiero evolutivo dove noi meritiamo o non meritiamo a seconda di quanto siamo evoluti. Se è vero che l’Universo se ne frega di noi, dovremmo smetterla di sentirci eroici quando estrapoliamo una causa da un effetto. Questo messaggio è per tutti noi, nessuno escluso.

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