La pia illusione che la pratica debba essere piacevole e tranquillizzante [zq10]

Charlotte Joko Beck, ZEN QUOTIDIANO
La qualità della pratica si riflette sempre nella qualità della nostra vita. Una pratica genuina porterà col tempo una differenza. A questo proposito, un’illusione comune spera che la pratica renda le cose più facili, più chiare, vissute più tranquillamente e così via. Niente di più sbagliato.

[…] Scopriamo cose, di noi stessi e degli altri, che prima ignoravamo. A volte, oltre che più sensibili, diventiamo più irritabili.
La pratica assomiglia anche al mito del vaso di Pandora: scoperchia il vaso.

Tutti abbiamo la sensazione di essere separati dalla vita, di essere circondati da un muro. Forse non lo vediamo bene, forse è addirittura invisibile, ma c’è. Finché ci sentiamo separati dalla vita percepiamo la presenza del muro. La persona illuminata non ha alcun muro, ma non ho mai conosciuto nessuno che mi desse la sensazione di esserne privo. Comunque sia, con la pratica il muro diventa più sottile e più trasparente.

Il muro ci taglia fuori. C’è ansia, ci sono pensieri disturbanti, ma il muro ci impedisce di prenderne consapevolezza. Con la pratica nel muro incominciano ad aprirsi delle brecce. Prima era come una tavola gettata sull’acqua ribollente; ora, diventati più sensibili e più consapevoli grazie alla pratica, incomincia a evidenziare dei buchi. […]

Non possiamo sedere immobili anche solo per una mezz’ora senza imparare qualcosa. Mezz’ora oggi, mezz’ora domani, mezz’ora dopodomani, impariamo sempre di più. Che lo vogliamo o no.
[…] Il vaso di Pandora contiene tutte le nostre attività egoistiche, e le emozioni corrispondenti.

[…] Man mano che la pratica qui al Centro si sviluppa, vedo le vite di molti studenti cambiare. […] Per alcuni l’apertura del vaso è un momento doloroso. Può affacciarsi inaspettatamente la rabbia, ed ecco infranta la pia illusione che la pratica debba essere sempre piacevole e tranquillizzante.

È normale e indispensabile che il vaso si apra. Non si tratta di bene o di male, è ciò che deve accadere se vogliamo davvero che la nostra vita si assesti, se vogliamo liberarci da un modello di vita reattivo. Non si tratta di eventi indesiderabili ma anzi, se ci lavoriamo in modo giusto, altamente auspicabili. Il punto cruciale è il modo in cui pratichiamo con l’acqua che ribolle.

La pratica non è facile, trasforma la nostra vita.
Ma se abbiamo l’ingenua idea di una trasformazione che non richiede alcun prezzo, ci inganniamo. […] Non consegnatevi alla pratica se non sentite di doverlo fare. Impegnarsi in una pratica genuina esige grande coraggio. Dovrete confrontarvi con tutto quello che è nascosto nel vaso, comprese le cose spiacevoli di cui non avete mai voluto sapere.

Charlotte Joko Beck, ZEN QUOTIDIANO, Amore e lavoro, Ubaldini, Roma.
La prefazione al libro e la presentazione di Charlotte.
Qui puoi scaricare il libro (non so come academia.edu e l’autore del caricamento risolvano il problema del copyright).
In questo post e nei successivi sono riportati solo alcuni brani del volume.


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7 commenti su “La pia illusione che la pratica debba essere piacevole e tranquillizzante [zq10]”

  1. Credo che sia inevitabile che si cominci la pratica perché “attratti” dalla possibilità di cambiare se stessi.
    È un’esperienza importante quella della pretesa di trasformare se stessi che conduce inevitabilmente allo scacco.
    Proprio l’esperienza dello scacco ripetuta più volte ci conduce a vedere il muro che apparentemente ci separa dagli altri.

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  2. Perché voler cambiare?
    La trasformazione è un illusione della mente…
    Non c’è niente da cambiare
    Non sento il bisogno di arrivare ad un cambiamento…

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  3. …se non sentite di doverlo fare.
    Quando senti di doverlo fare è troppo tardi per chiedersi se alleggerirà o meno.
    La pratica genuina esige il coraggio di osare. L’io non sceglie. Subisce.
    Questa la mia esperienza.

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