L’effimero, l’inconsistente, l’impermanente minano il sistema d’ordine [V11]

Nel cammino interiore vi viene detto che il pensiero uccide la vita. Noi vi diciamo di non condannare o tentare di sospendere il flusso naturale dei pensieri che si esprimono nell’agire concreto del quotidiano, ma di osservare i momenti in cui, governando i pensieri, dentro di voi uccidete la vita e fate trionfare la vostra mente.

Nel cammino interiore, l’uomo spesso si domanda come sia possibile pensare meno per far trionfare la vita, perché non ha capito che non si tratta di pensare meno o di pensare meglio, e neanche di sospendere il pensiero: si tratta di non cercare d’indirizzare i pensieri, ma di utilizzarli nella concretezza del quotidiano, cioè nelle necessità pratiche e necessarie per vivere; altrimenti lasciarli esprimere, lasciarli galoppare, stando attenti a quando si cerca d’ingabbiarli nei giudizi e nelle finalità evolutive.

Un partecipante: Basterebbe guardare l’altro con occhi nuovi.
Una voce: No, si tratta di vedere l’altro sempre nuovo, poiché l’altro è nuovo in sé.
Un partecipante: È necessario entrare in sintonia.

Una voce: Nella tua frase è presente un fraintendimento.
Non siete voi che vi mettete in sintonia con l’altro o con un qualsiasi fatto, ma è la vita che vi coglie attraverso l’altro o attraverso un fatto, e lì nasce la sintonia.
Mentre voi, quando incontrate un fatto o una persona, selezionate quel che già conoscete, ripescandolo dal passato. Ma, attraverso questo processo mentale, fate riaffiorare il già noto e il già sperimentato, rendendo vecchio ogni incontro; e così, il nuovo che bussa vi sfugge sempre.

Anche se è soprattutto l’effimero a non lasciarvi scampo, e perciò lo esorcizzate concentrando gran parte dei vostri sforzi sul dare solidità e continuità a quello che fate, che pensate e che amate.

Dell’effimero temete proprio la non solidità, la non continuità, cioè quel che non vi definisce e che, anzi, intacca i concetti della vostra mente, dicendovi ogni volta che oggi è, domani non è.

Leggere nello scorrere della vita l’inconsistenza e l’impermanenza significa non costruirvi sopra alcuna pretesa di solidità, capendo che è in quel modo che velate l’effimero.

Per ogni presenza che ci si trova accanto, può nascere uno stupore nell’attimo in cui si impone l’effimero che svuota di valore le vostre etichette. Ma – attenti – lo stupore di cui parliamo non è lo stesso che intendete voi: per voi è quell’esaltazione emotiva che soddisfa le vostre attese e i vostri desideri.
Noi parliamo della forza dell’effimero che incanta e che fissa la consapevolezza nell’attimo che si presenta, capendo che è lì tutto ciò che c’è: adesso è, poi non è.

Fonte: La via della Conoscenza, “Ciò che la mente ci nasconde“, Vita, pag. 14

In merito alla via della Conoscenza: quel che le voci dell’Oltre ci hanno portato non sono degli insegnamenti, non sono nuovi contenuti per le nostre menti, non sono concettualizzazioni da afferrare e utilizzare nel cammino interiore. Sono paradossi, sono provocazioni o sono fascinazioni, comunque sono negazioni dei nostri processi conoscitivi e concettuali.
Non hanno alcuno scopo: né di modificarci e né di farci evolvere. Creano semplicemente dei piccoli vuoti dentro il pieno della nostra mente. Ed è lì che la vita parla.

Per qualsiasi informazione e supporto potete scrivere ai curatori del libro: vocedellaquiete.vaiano@gmail.com
Download libro, formato A4, 95 pag. Pdf
Indice dei post estratti dal libro e pubblicati
Abbreviazioni: [P]=Prefazione. [V]=Vita. [G]=Gratuità. [A]=Amore.
Le varie facilitazioni di lettura: grassetto, citazione, divisione in brevi paragrafi sono opera del redattore: i corsivi sono invece presenti anche nell’originale.


Il canale Telegram di Eremo dal silenzio
Per rimanere aggiornati su:
Il Sentiero contemplativoCerchio Ifior


Print Friendly, PDF & Email

13 commenti su “L’effimero, l’inconsistente, l’impermanente minano il sistema d’ordine [V11]”

  1. Proprio in questi giorni vengo sollecitata a scardinare alcune certezze, ogni giorno una sorpresa.
    La mente prima si ribella al nuovo, poi quando il nuovo si impone, essa cerca di adagiarsi su di esso rendendolo vecchio.
    E subito altri fatti rimettono in discussione ciò che viene considerato appena acquisito.
    La “pretesa di solidità” di nuovo traballa.

    Rispondi
  2. “Ma adesso, proprio adesso, cosa accade? E quello che accade lo sento nei sensi? O lo leggo solo attraverso la mente? La realtà di adesso mi entra attraverso il filtro della mente o per la via dei sensori dei sensi?” prendo questo passaggio del monaco anziano e ringrazio della risposta.
    Mi chiedo se è importante distinguere quale sia il filtro ( mente o sensi ) o se è il porre l’attenzione a quello che mi accade e quindi ” rompere lo schema” che mi ingabbia lì, nelle paure, pensieri e emozioni lasciati dagli eventi trascorsi.

    Rispondi
  3. al monaco anziano,
    i confini in tutto ciò che mi circonda..li avverto nelle attività che svolgo, per fare un esempio vado in campagna con la bici e osservo ma allo stesso tempo sento forte la presenza dei luoghi dove non vorrei tornare (per i ricordi che potrebbero suscitarmi) o dove so che non riuscirei ad arrivare per paura di allontanarmi. Oppure esplodo in una risata per una battuta di una amica e sento la cassa toracica come una gabbia che mi comprime.
    Grazie

    Rispondi
    • A Luciana
      Sento molti confini riflessi in tutto ciò che mi circonda e difficoltà a cogliere “il nuovo che bussa “
      Quindi il nuovo non viene osato, mi sembra di capire, ma si rimane entro un confine che si conosce e che rassicura.
      Per uscire dalla prigione del conosciuto – che altro non è che il reiterare il già sperimentato e i suoi relativi schemi e interpretazioni – e incominciare a meravigliarsi, occorre rompere quello schema e dirsi: “Ma adesso, proprio adesso, cosa accade? E quello che accade lo sento nei sensi? O lo leggo solo attraverso la mente? La realtà di adesso mi entra attraverso il filtro della mente o per la via dei sensori dei sensi?”

      Rispondi
  4. Può essere forse l’effimero definito come la perdita identitaria nel momento in cui il ciò che è prende il sopravvento, sovrasta, invade e domina la scena?
    In questa dimensione ogni appiglio, ogni punto di riferimento scompare facendo spazio, creando quel vuoto che trabocca di fiducia.

    Rispondi
  5. Ho letto più volte il post e i commenti e questo passo mi accompagna, cerco di farne un chiarimento del mio divagare:
    “Noi vi diciamo di non condannare o tentare di sospendere il flusso naturale dei pensieri che si esprimono nell’agire concreto del quotidiano, ma di osservare i momenti in cui, governando i pensieri, dentro di voi uccidete la vita e fate trionfare la vostra mente.”
    Sento molti confini riflessi in tutto ciò che mi circonda e difficoltà a cogliere “il nuovo che bussa “

    Rispondi
  6. La logica e il pensiero sono un’estensione naturale del sentire. Mentre faccio il mio lavoro di softwarista, è una meraviglia visualizzare, benché astratte, le classi logiche dietro alla funzione e sentire come interagiscono fra loro, come potranno unirsi nella collaborazione.
    Il problema della mente sta nella sua potenza rappresentativa: essa può rappresentare la negazione e l’alternativa esclusiva (o questo, o quello), cose che non esistono nella realtà: esiste solo ciò che è, e nulla ne è escluso.
    Quando il pensiero si appoggia su una negazione, mette una “croce” sopra qualcosa: ma quello non è il “non-qualcosa”, è il “qualcosa con una croce”. E quella croce porta al disagio perché rimanda a sensazioni che vengono dal regno della sopravvivenza: strategie di fuga, lotta, congelamento per sfuggire al predatore.
    Chi è che sfugge in questa metafora? La nostra identità separata dall’ambiente. La quale sussiste a causa della memoria, più che della logica. Il pensiero non è il problema, in sé. La “mente” di cui parliamo è un’identità che rimane attaccata ad esclusioni e non intende lasciarle.

    Rispondi
    • Più che condivisibile.
      Ricordo che nella VdC il termine “mente” è usato in una accezione vasta: il più delle volte è da intendere come identità, altre come corpo mentale.

      Rispondi
  7. Lo stupore, la meraviglia sono lo scacco della mente.
    La forza dell’effimero è proprio lo stupore che scardina, o tenta di scardinare, il sistema d’ordine che la mente inevitabilmente cerca di erigere.
    Si passano intere esistenze cercando di eludere l’effimero, l’inconsistente, provando a erigere il muro della continuità, del rassicurante, del già conosciuto.
    Ma arriva un momento nella vita in cui, o la vita stessa scuote dalle fondamenta in modo violento tale sistema d’ordine, o matura in noi la “nausea” dell’asfittico sistema d’ordine della continuità, allora in qui casi si inizia a lasciarsi “sedurre” dall’effimero.

    Rispondi
  8. La mente è una compagna per me, una valida compagna, un ausilio, così come le emozioni che colorano il quotidiano.
    E poi c’è lo sguardo che comprende.

    Rispondi
  9. In genere, se c’è un fatto che scardina ogni pretesa di collegare i fatti, di non andare a pescare nel già noto, è la morte.
    Di fronte a questo fatto, soprattutto se improvviso o prematuro, la mente rimane in scacco.
    La morte fisica, di una persona cara ad es., ci costringe a fare i conti con l’impermanenza e con l’assurdità degli attaccamenti.
    Comprendere questo, mi ha aiutata o costretta forse, a guardare ed a vivere la vita, come ciò che si presenta, senza che sia possibile più di tanto, etichettare i fatti.
    Certo la mente cade, tenta di portare l’attenzione verso i suoi trabocchetti, ma è abbastanza semplice tornare al respiro e all’attimo presente.

    Rispondi

Lascia un commento