La disposizione contemplativa sintesi di Essere e divenire

È nella disposizione contemplativa che Essere e divenire sono percepiti e compresi simultaneamente, senza sforzo alcuno. L’atto contemplativo è privo di soggetto, dunque scorrono i fotogrammi dei fatti che sono colti nella loro essenza, senza interpretazione, senza aggiunte.

Il divenire implica interpretazione, l’Essere no. Nella disposizione contemplativa la realtà viene sentita e quindi compresa nella sua essenza: non venendo pensata, se non marginalmente, di essa si coglie la sostanza esistenziale.

A un certo livello d’esistenza e di comprensione, esiste solo il divenire: l’atto contemplativo è atto particolare ed eccezionale, e con esso l’esperienza dell’Essere.
A questo livello la realtà passa attraverso il filtro dell’interpretazione soggettiva.

A un altro livello di comprensione, l’atto contemplativo diviene feriale e, come dicevo, la realtà è sentita; i fotogrammi scorrono e vengono sentiti nella loro valenza esistenziale, nel loro valore simbolico: i fatti sono simboli e sono semplici fatti; sono significato e sono Essenza; parlano di comprensione – non comprensione e di semplice Essenza aldilà di ogni comprensione.

Quando un fatto è sentito può produrre nei veicoli molte risonanze differenti: armonia, disarmonia; allineamento, disallineamento di vario grado; totale quiete e sottile inquietudine.
Questi stati che sorgono nei veicoli, e che sono il frutto dell’irradiazione della coscienza in merito al singolo fatto, o alla catena di fatti, ci dicono molto di noi in quel momento: questo è divenire.

Più in profondità di questo, essendo noi comunque nella disposizione contemplativa, osserviamo l’ampio spazio immutabile entro cui i fatti si collocano: a un livello più profondo sentiamo l’Essere.
Essere del singolo fatto, Essere di tutti i fatti, realtà indivisa.

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9 commenti su “La disposizione contemplativa sintesi di Essere e divenire”

  1. Nell’osservazione c’è sempre il soggetto che interpreta i fatti.
    Nel mentre osservo affiora in maniera più o meno percepibile, un Sentire che rende l’osservazione, un atto contemplativo, scompare l’identificazione.
    Questa la mia esperienza, che vede ancora molti ostacoli al libero fluire dell’Essere.
    Molti ancora i veli da togliere affinché l’Essere affiori nitidamente.

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  2. Anche in me è frequente l’esperienza dell’equivoco e dell’incomprensione generati dalla preponderanza dell’Io che interpreta. Quando poi, a forza di sbagliare mi astengo dal giudicare e dal parametrare, mi limito ad osservare il fatto che accade si ascolta tutta un’altra musica.

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  3. grazie… quando semplicemente si osserva, l’errore accidentale di interpretazione della realtà si assottiglia al minimo, è quando l’ego vuol spadroneggiare di comprensione allora sì, l’errore si dilata dando vita ad una serie più o meno vasta di equivoci ed incomprensioni

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  4. I fatti sono simboli e sono semplici fatti.
    Tu scrivi.
    Nella dimensione contemplativa i fatti di sentono come viventi di vita propria.
    Traduco maldestramente.
    Come fanno allora ad essere simboli?..
    Il simbolo non è una interpretazione che attiene al divenire!
    Vero è che tu scrivi che nella dimensione contemplativa c’è sintesi
    Ma nel momento che contemplo non interpreto il simbolo, questo semmai avviene successivamente.
    Scusa se ho interpretato male.

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