Solo il giudizio ci separa dall’Uno

Se ogni forma vivente altro non è che aspetto ed essenza dell’Uno, cosa ci separa dalla piena consapevolezza di quell’unità?
Il giudizio che diamo su noi stessi, i nostri pensieri, le nostre emozioni ed azioni.
Non esiste un censore che sia altro da noi stessi, noi blocchiamo l’accesso alla conoscenza, consapevolezza, comprensione ultime semplicemente etichettando, parametrando, giudicando ciò che siamo.
Senza giudizio ogni fatto è solo un fatto, natura ed essenza dell’Uno né alta, né bassa; né evoluta, né inevoluta; né unita, né disunita: il giudizio, che senza sosta opera in noi, è stato proiettato all’esterno ed è divenuto il Dio che chiede, che esige perfezione per essere conosciuto. Una mostruosità.
Un errore grossolano: la perfezione è nell’accoglienza incondizionata, nella contemplazione di quel che è, qualunque cosa sia quel che è.
Quando l’umano non ha più l’obiettivo di divenire e accoglie senza condizione ogni aspetto di quel che è, allora sperimenta la fine di ogni itinerare: l’Assoluto non chiede, è; all’Assoluto non si diviene alla fine di un percorso, Esso si dischiude alla contemplazione, adesso.
Se così è, e così è, allora non ci sono livelli e gradi evolutivi, infine c’è solo quel radicale prendere atto che il Dio a cui ci siamo rivolti, che abbiamo pregato, che abbiamo cercato non esiste, è una proiezione del nostro giudizio, dell’essere immersi nell’identificazione con il nostro presunto limite.
Esiste invece l’Essere di ogni fatto, qualunque esso sia.
Un fatto altro non è che la percezione di un illusorio frammento dell’Assoluto: se quel fatto non è valutato e giudicato, imprigionato nelle segrete della mente e della non accettazione, emerge la sua assolutezza.
Cosa vuol dire? Che l’umano sempre coglie il frammento ma questo, lungi dall’essere d’ostacolo, è simbolo vivente dell’Essere Assoluto e, attraverso il fatto/simbolo, la sua percezione e contemplazione, si accede alla Sua natura integra e totale così come è data all’umano perché, evidentemente, la meccanica dei suoi corpi percettivi permane comunque anche in assenza di giudizio.
La chiave è la contemplazione del Reale ed è pura tossicità la logica del divenire, dell’imparare, del perfezionarsi.
Puro veleno che, immersi nella sequenzialità della mente e del divenire, non possiamo non bere fino a quando ci diviene evidente che esso ci ottenebra l’esperienza di quel che è.
Nell’ottica del divenire, tutto diviene; in quella dell’Essere tutto è e l’unica possibilità che si apre all’umano è la contemplazione dell’accadere, dell’Essere.
In questo Sentiero teniamo assieme il divenire con l’Essere, il migliorarsi con il contemplare per un’esigenza pedagogica e didattica: di tanto in tanto, lo scrivente sbotta e si ribella a ciò che lui stesso ha costruito, perché è chiaro ai suoi occhi il limite del mezzo, dello strumento pedagogico, ed egli vorrebbe poter dire che la Realtà è accessibile solo attraverso la contemplazione del Reale, non attraverso altro strumento.
Ma, coloro che sono immersi nel divenire, cosa coglierebbero di questa immensa possibilità? Poco, ed ecco allora il piegarsi e il servire, per come è dato, il cammino altrui utilizzando strumenti ritenuti idonei, il primo dei quali, la logica.
Chi scrive si confronta con l’ampio mondo del contemplare e vede l’intralcio del divenire e come questo, a volte, sia d’ostacolo al suo contemplare; gli è necessario un riposizionamento per non lasciarsi distrarre dall’illusorio effimero apparire dei fatti in sequenza, come gli è necessario vedere il giudizio che proferisce su di sé e sul proprio procedere per comprendere che è caduto nella trappola del perfezionarsi che sempre e senza fine opera.
Il riposizionamento è un annullare, un azzerare ogni movimento illusorio di ombre, focalizzando lo sguardo consapevole sui fatti colti nella loro singolarità e senza connessione di reciprocità, che aprono l’immensa loro profondità al contemplare, allo sguardo del contemplante.
La discesa in quel pozzo, che discesa non è, e non è processo ma apertura subitanea di una porta nella conoscenza/consapevolezza/comprensione, scaraventa l’ente percettore nell’indistinto Uno.


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13 commenti su “Solo il giudizio ci separa dall’Uno”

  1. Questo lungo periodo di vacanza….vacante il lavoro, vacanti gli orari e i doveri, vacanti anche i ruoli……l’esercizio della contemplazione apre prospettive nuove. Grazie

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  2. Questo post è veramente ricco di spunti e di riflessioni importanti. lo rileggerò a mente più lucida e quando avrà rinfrescato un po’, ora non mi è possibile commentare. Grazie Robi, che nonostante il caldo, non ti stanchi di starci vicino.

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  3. “…..pura tossicità la logica del divenire, dell’imparare, del perfezionarsi.
    Puro veleno che, immersi nella sequenzialità della mente e del divenire, non possiamo non bere fino a quando ci diviene evidente che esso ci ottenebra l’esperienza di quel che è”. Queste parole mi risultano di difficile comprensione, sarà che mi sento molto dentro la logica del divenire, avverto una logica di giudizio nel descrivere una parte ineludibile della nostra realtà. Perché deve essere veleno se è necessario passare di lì per giungere a superarlo ? Sento che se non si sciolgono prima dei nodi identitari nel piano del divenire si rischia di rimanerne invischiati e parlare di Essere rimane solo una bella teoria. Grazie

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  4. E’ d’insegnamento vedere come entrare nelle pieghe della parola per aprire lo sguardo verso quello spazio in cui non ci sono parole.
    E’ vero, da leggere e rileggere.
    Grazie!

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  5. I tuoi post continuano a farci riflettere nonostante la “lunga estate calda”, grazie Roberto di tenerci sempre attivi.

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  6. In questo lungo periodo in cui mi sembra di avere la mente vuota, ma proprio vuota e di non stare da nessuna parte, questi post mi aiutano a riposizionarmi.

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  7. Grazie Roberto, questa mattina è stato davvero bello. oltre che, come sempre interessante, svegliarmi e leggere il tuo post.
    Non so se mi spingo troppo in là, ma credo di apprendere che questa è la strada per la “vita eterna”.

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  8. Grazie, Roberto, ci volevano queste tue parole che mi ricordano una cosa basilare e cioè che “… Senza giudizio ogni fatto è solo un fatto, natura ed essenza dell’Uno né alta, né bassa; né evoluta, né inevoluta; né unita, né disunita…”.
    Spesso il tuoi post arrivano al segno, proprio stamattina parlavo con un amico che che sta trascorrendo le sue giornate assistendo la madre anzianissima e, mentre mi raccontava della fatica e del buio delle sue giornate, pensavo proprio alla capacità di guardare a ciò che c’è senza giudizio. Il giudizio aumenta la sofferenza.
    Il fatto è che le nostre identità cercano gratificazioni e piacere mentre, nello stare nel momento presente, qualunque esso sia, c’è gratuità e adesione alla realtà senza giudizio, punto e basta.
    Questa è la strada, se ho ben capito, che conduce al “deserto” o al “lutto della monte”…..e poi alla visione della Realtà…
    Grazie per avere continuato, anche durante questa aridità estiva, ad inviarci stimoli e riflessioni, per permetterci di mantenere vive le nostre piantine…

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