Un continuo nascere e scomparire

[…] Siamo partiti da un presupposto, che è il quietarsi degli aspetti che caratterizzano interiormente l’uomo, e siamo giunti all’imporsi di uno stato di immobilità interiore. È lì che sorge l’amore per l’impermanenza ed il riconoscimento di un mondo fino a quel momento inesplorato.
È un mondo che si disvela quando l’attenzione dell’uomo viene attratta unicamente da un quotidiano fatto di piccole cose – un piccolo quotidiano – in quanto muore in lui il bisogno di circondarsi di cose che continuamente rende grandi o importanti perché le riferisce ad un mondo per sé.
Il tempo vissuto da quell’uomo pare restringersi, poiché il suo sguardo si fissa su ogni frammento di tempo che si sussegue ad altri, e così la sua attenzione coglie di ogni momento il bussare, il variare e lo sparire. E quindi è un’attenzione che viene catturata da un ampio numero di esseri, sia umani che non umani, che normalmente non vengono notati o, altrimenti, considerati irrilevanti.
Stiamo parlando della radice o struttura della vita che è una continua variabilità di sfumature predeterminate, cioè non mutabili ad opera dell’uomo, che può esserne solo spettatore consapevole quando muore l’identificazione con la propria struttura mentale. Perché egli, abitualmente, osserva la vita attraverso il filtro della propria mente, immerso nel passato che è il regno del già noto.
Non è così per colui che viene affascinato dall’impermanenza: lui riconosce in ciò che accade un continuo nascere e poi scomparire, persino negli aspetti minimi e sempre diversi, quindi nuovi.

Fonte: La Via della Conoscenza, La vastità nella particolarità. Circolarità dello scomparire e dell’apparire (96) disponibile dal 20.1, qui.

Riservato OE. ID 13.1


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3 commenti su “Un continuo nascere e scomparire”

  1. Tutto questo è affascinante.
    Credo di riuscire a comprendere “…l’attenzione attratta da un quotidiano di piccole cose…”
    Mi rimane ancora molto difficile capire se quando tento di sperimentare questo stato, riesco a disidentificarmi. Penso di no.
    Grazie.

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    • Se c’è identificazione, c’è anche il fissare un aspetto e quindi non c’è il “lasciar fluire”.
      Se l’identificazione è bassa o assente, i fatti fluiscono, ogni fatto che si presenta è quel che è, totalità d’essere, e poi scompare..

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