Mi sono preso cura di te?

Mi sono preso cura di te. Era necessario? Non credo, non a te. Cosa vuol dire? Una cosa molto semplice: quella che vedo non è la tua realtà, ma come essa appare nel film della mia vita e, il come mi appare, non è il come è, ma il come mi serve.
Mi serviva prendermi cura di te, applicarmi nell’avere dedizione, disponibilità, capacità di accudimento.
Mi serviva quella rappresentazione e imparare da essa. Al discepolo serve la rappresentazione da discepolo, al maestro quella di maestro.
Al genitore quella di genitore; al figlio quella di figlio. Al maschile quella di maschile; al femminile quella di femminile.
Quando i due hanno finito di imparare dalle relative rappresentazioni, queste non sono più tenute assieme, non esistono più funzioni, né rappresentazioni con il problema della coerenza.
Esistono allora i fatti. Uno dei fatti è che ciascuno ha quel che gli serve: quando in me muore il prendermi cura di te, questo non significa che nel tuo film tu non vivrai più scene di accudimento da parte mia, tu avrai quelle a te necessarie, ma in me sarà morta la necessità di imparare attraverso te e quelle scene rivolte a te.
Il prendermi cura di te scomparirà dal repertorio dei miei gesti e sarà sostituito da altro: quando chiederai ci sarà risposta pronta, attenta, adeguata e, subito dopo, ci sarà un ritorno allo stare.
Quando chiederai, non prima, non anticipandoti perché ogni volta che ti anticipo ti tolgo la possibilità di chiedere e di entrare in relazione con quel chiedere.
Poi ci saranno delle volte, e possono essere tante, in cui provvedo alle faccende comuni senza attendere che tu chieda, ma sono appunto faccende comuni.
Vi sembra che questo sia passivo e un po’ arido? Vi sembra che l’amore sia prendersi cura? Certo che lo è, nella sua fase propedeutica poi, se è amore, libera l’altro dal bisogno di essere curato e noi dal desiderio di curare.
L’amore maturo declina il prendersi cura e lo dispiega come gesto a tutto rivolto: a tutto e a ciascuno, ma che non proviene da un soggetto e non affluisce ad un altro soggetto.
L’amore non è personale. Non va da me a te, non è nel gesto mio che mi prendo cura di te. Il gesto è amore ma, il gesto, non è mio, è dell’amore.


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