Il processo del comprendere

Ogni volta che l’Io si manifesta all’interno del piano fisico, la sua azione contiene degli impulsi fisici, degli impulsi del corpo astrale (emotivo), degli impulsi del corpo mentale, i quali sono in qualche modo – come voi sapete – mossi dai bisogni della vostra coscienza, dal vostro bisogno di comprendere determinate cose, e quindi già vi possono dare delle grandi indicazioni su ciò che voi dovete arrivare a capire.
Bisognerebbe, quindi, riuscire ad esaminare le proprie azioni – ovvero il proprio lo – secondo queste direttive. Immaginiamo, per fare un esempio concreto – che so? – una figura tradizionale, quella del “dongiovanni”, il quale passa di avventura in avventura e non riesce mai ad essere soddisfatto di questo continuo passare, appunto, di avventura in avventura. Chiaramente, se la possibilità di compiere questa azione gli si presenta in continuazione vuol dire che vi è qualcosa che egli deve comprendere da questo manifestarsi dell’esperienza.
La prima ipotesi che può venire, scindendo queste reazioni dell’Io nelle componenti che dicevamo, è pensare che queste reazioni provengono dal corpo fisico che l’individuo possiede, ovvero che abbia – ad esempio – una sessualità talmente prorompente per cui, di fronte ad una avventura amorosa perda, come si suol dire, i sentimenti e si getti a capofitto all’interno della situazione, senza comprendere più nulla. E questo potrebbe essere anche un motivo: ricordate che anche il vostro corpo fisico è un motivo di esperienza, un elemento utile per comprendere. Però vi è la componente emotiva, sulla quale pensare un attimo.
Potrebbe essere – esaminando l’esempio in questa prospettiva – che il nostro dongiovanni esca da ogni avventura, in realtà, insoddisfatto.
Questo sta a significare che ciò che il suo desiderio cercava attraverso le altre persone, attraverso questa fisicità, in realtà non veniva trovato; e allora questo dovrebbe poter far pensare che è possibile trovare un “perché emotivo”, un desiderio insoddisfatto che spinge verso questa insaziabile catena di avventure.
Vi è, poi, la terza componente: la componente mentale. Senza dubbio essa esiste, altrimenti le azioni sarebbero prive di senso. E se la componente mentale presuppone una certa logicità nelle azioni, questo significa che vi è un “perché” logico, un “perché mentale” che spinge il dongiovanni a volare – come si suol dire – di fiore in fiore. E se questo volare continua, significa che questo pensiero in qualche modo è sbagliato, questo concatenamento logico è sbagliato, oppure che il vero pensiero non riesce a venire a galla.
Non ottenendo il corpo akasico (la coscienza) i dati di cui ha bisogno, continua a riproporre degli stimoli, una pressione, che sollecitano il corpo mentale, il corpo astrale e quello fisico a vivere ancora delle esperienze che possano portare ad una corretta azione, ad una corretta interpretazione da parte della mente, ad un allineamento tra l’intenzione e i suoi risultati; quando avrà i dati che gli sono necessari, avrà aggiunto al suo sentire complessivo un’altra tessera di sentire, avrà compreso quel determinato aspetto su cui sentiva l’impulso di conseguire un ampliamento. Va notato che la coscienza non spinge il dongiovanni a vivere delle avventure: esercita una pressione a comprendere che l’ego del dongiovanni realizza come pratica “galante”.(Ndr)
Avendo compreso succede che il corpo akasico non ha più bisogno di fare la stessa esperienza e non stimolerà più il corpo mentale, il quale stimola il corpo astrale, il quale stimola il corpo fisico per indirizzare verso certe esperienze.
Ecco così che l’esperienza, anche se arriverà, non avrà più la stessa connotazione emotiva, non farà più sorgere i pensieri e i turbamenti mentali che prima accompagnavano il vostro viverla e quindi passerà inosservata o, quanto meno, sarà svuotata dei contenuti che vi turbavano.
Cerchio Ifior, L’uno e i moltii, vol.2, pag. 52-54

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