5.1- Lo stare apre sull’esperienza dello spazio. C’è spazio tra un’onda e l’altra, tra un’immagine e l’altra, tra un pensiero e l’altro, tra un vedersi e l’altro.
La pietra viene attraversata da scene intrise di spazio e l’elemento predominante è lo spazio stesso.
Non affollamento; non contiguità; non pressione.
Lo stare apre sull’universo dello spazio: c’è spazio tra atomo e atomo e all’interno dell’atomo; c’è spazio tra le molecole, tra le cellule, tra gli organi, tra i corpi, tra i mondi.
La mente ama l’affollamento, l’eccitazione, lo stimolo.
La pietra sperimenta l’immobilità piena di spazio e vuota di tempo.
Il mondo è lontano, la mente è lontana, l’emozione è lontana, il fare è lontano: la limitatezza dell’essere piccoli e insignificanti uomini lascia il passo all’esperienza dell’essere e basta.
Pietre assise su pavimenti immobili, circondati da pareti immobili, in un mondo immobile: fotogrammi.
Il cavo di alimentazione della macchina da proiezione penzola inerte.
Non c’è connessione, correlazione tra il pavimento, le mura, il mondo e la pietra.
La disconnessione ha operato il suo miracolo e ha frantumato l’apparente unitarietà del divenire, rimangono solo fotogrammi non connessi e tra loro spazio.
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5.2- Lo zero.
Casa è vuota. Sono spariti i mobili, i libri, i vestiti, il cibo; rimangono solo ombre soffuse.
Casa è vuota.
Di fianco a una finestra c’è una pietra seduta: casa è vuota.
È finita.
In qualunque direzione volge lo sguardo, è finita.
Nulla è rimasto, zero.
Non una parola che porti un senso; non un’immagine che stimoli qualcosa; non un pensiero che appartenga; non un affetto; non un legame.
Non c’è niente. Non il Dio di cui parlano gli umani; non la via, la ricerca, l’imparare, il cambiare; non i processi, non le crisi, non l’identificazione e la disconnessione.
Lontano è il mondo.
Senza nulla credere, a nulla aderire, nulla pensare: vuoti di opinione, di sguardo personale; vuoti di sé.
Dovunque, in ogni direzione, spazio, zero, la chiara percezione che è finita.
5.3- L’essenziale.
Quell’ombra.
Quel leggero movimento dell’aria.
Lo stridere della civetta nella notte.
La piega della coperta sulle gambe.
I passi, il pavimento che vibra, tua figlia che si prepara per la scuola.
Un coperchio che cade.
Essenziale non è ciò che ci nutre, ma ciò che è.
Se scompare il soggetto non c’è più qualcuno che deve nutrirsi di qualcosa; non esiste più la spinta a connettere fotogrammi per ricavarne senso.
Non c’è alcun senso nella vita, tutta la nostra ricerca conduce a una non risposta, a un non senso.
Nulla ha senso, semplicemente è.
La pietra immobile, immersa nello spazio, appoggiata sullo zero, ha superato il problema del senso nel modo più semplice: ha dimenticato la domanda.
L’essenziale non è un breve elenco di cose da mettere nello zaino: l’essenziale è ogni accadere quando è vissuto come tale, privo di passato e di futuro, semplice battere della vita nel vuoto dell’essere.
Questo testo è parte dei capitoli 3 e 4 del libro L’Essenziale; mentre li pubblichiamo ne verifichiamo anche il contenuto a 10 anni dalla loro estensione. A revisione completata, renderemo disponibile l’intero volume: qui i capitoli 1 e 2 già revisionati.
Imparare a comprendere che l’essenziale non ha senso, semplicemente è.
Grazie di tanta chiarezza.