Il Cristo secondo il Cerchio Firenze 77/32: i testi canonici

Quali sono oggi i testi che possono farci comprendere il pensiero del Cristo? I quattro Vangeli, gli Atti degli Apostoli, gli scritti definiti apocrifi, qualche citazione di scrittore appartenente al primo Cristianesimo e alcuni frammenti di manoscritti ritrovati in tempo recente.

All’inizio del Vangelo di Luca si dice che molti furono quelli che tentarono di ordinare la narrazione dei fatti, secondo come era stata tramandata da coloro che furono testimoni oculari della venuta del Maestro. Infatti, dopo la così detta Ascensione, gli Apostoli seguitarono l’opera intrapresa dal Cristo e dove non potevano arrivare per la distanza, inviavano lettere.

Sapendo che ognuno dà una interpretazione personale di tutto ciò con cui viene a contatto, non è difficile capire perché molte erano le sette del primo Cristianesimo. Del resto, non avendo questo Cristianesimo un riconoscimento ufficiale, non potevano i vari gruppi essere uniti fra loro, né tutti avere schiarimenti da coloro che furono più vicini ai testimoni oculari.

Fra tutte le sette del primo Cristianesimo, presero il sopravvento le più forti, le più numerose, e queste per consolidare l’unità, fissarono quali testi dovevano essere ritenuti canonici. Ecco perché, anche dell’insegnamento exoterico, venne tramandata la parte più accessibile, quella riguardante l’amore, la carità, che grande presa aveva fra la maggioranza degli uomini poveri, ed ecco perché oggi resta. Kempis, maggio 1954

Ma guardiamo se da questi testi ai quali prima ho accennato, possiamo dare nuovo credito alla figura del Cristo. Fra le frasi attribuite al Cristo, citate da qualche scrittore del primo Cristianesimo, che non appartengono a nessuno dei quattro Vangeli o di altri espressamente menzionati, nessuna v’è che superi in valore quelle dei sinottici, quindi niente a esse possiamo aggiungere.

Tra gli scrittori definiti apocrifi, ma degni di considerazione per la loro antichità, figurano, per frammenti rimasti e le citazioni fatte da alcuni autori, il Vangelo secondo gli Ebrei e il Vangelo secondo gli Egiziani.

Il Vangelo secondo gli Ebrei era tratto da un’opera scritta in aramaico dall’Apostolo Matteo, quella stessa opera che alla fine del primo secolo subì un rifacimento e una traduzione in greco e oggi è conosciuta ufficialmente come l’Evangelo secondo Matteo.

Il Vangelo secondo gli Egiziani, più antico dei predetti, era il testo adottato dai Cristiani di Egitto e per questo fu definito eretico, e distrutto. Dai frammenti di questi due Evangeli, pochi in vero, quasi nulla si desume. Da S. Giustino sappiamo che esistevano i Vangeli di Pietro, Jacopo, Tommaso; purtroppo sono andati perduti e se anche fossero ritrovati, sarebbero relegati fra gli apocrifi. Infatti non molti anni fa vennero alla luce frammenti manoscritti in greco che appartenevano alla raccolta fatta da una setta Cristiana per fissare la tradizione orale, ma dagli studiosi, in omaggio alla Chiesa, furono definiti di scarso interesse. E infatti che cosa cerchiamo? Abbiamo gli autentici testi canonici e guardiamo quale credito possiamo dare a essi.

L’Evangelo di Matteo, come ora vi ho detto, ha lo stesso valore di autenticità di quello degli Ebrei, dalla Chiesa definito apocrifo.

L’Evangelo di Giovanni, l’ultimo, non ha la pretesa di narrare la storia dell’uomo Gesù, ma di rappresentare un’opera esoterica per eccellenza, quindi comprensibile, nel significato più profondo, non a tutti i lettori.

L’Evangelo di Luca fu scritto da un certo Luca, Cristiano, discepolo di Paolo, molti anni dopo la morte del suo Maestro. Luca, che è anche autore degli Atti degli Apostoli, scrisse questo Vangelo, come chiaramente si dice all’inizio, per istruire un Teophilus residente in Antiochia. Tale Vangelo subì molte aggiunte e depauperazioni fino a sussistere nella veste attuale.

Lo stesso dicasi per l’Evangelo di Marco, discepolo di Pietro. Quindi quelle che sono le opere canoniche non sono più interessanti, per quello che ci siamo proposti, di quanto lo siano quelle apocrife, come sono definite dalla Chiesa. Per il libero studioso, che giudica gli scritti non da una firma attribuita, ma dai concetti espressi fino a trovare una logica che tutti li unisce, ogni opera è degna di interesse e, per lui, è motivo di speculazione.

Se si ammette che i quattro Vangeli erano testi adottati dalle sette più numerose del primo Cristianesimo, ma non per questo più vicine al primitivo spirito Cristiano, bisogna convenire che anche fra gli apocrifi potevano esservi frasi veramente dette dal Cristo, frasi che potevano fare nuova luce alla figura che di Lui si erano fatta gli uomini. Il troppo zelo degli unificatori ha distrutto e disperso, anziché riunire e tramandare, il vero spirito Cristiano. Ma l’opera del Cristo non è fallita. Cristo, la carità, l’amore fraterno, sorgerà nell’intimo di ogni uomo e non già per riconoscimento di una qualsiasi organizzazione religiosa che porti o non porti il suo nome.

Lasciate quindi che si perdano nei sillogismi delle loro teologie; lasciate che proscrivano gli uomini liberi, chi non condivide i parti della loro fantasia, chi non compra per oro il loro orpello. Quel Cristo in nome del quale hanno compiuta la strage di S. Bartolomeo, accesi i roghi dell’Inquisizione, segregate le creature, no! non è certo il figlio di Dio, ma il più grande malfattore dell’Umanità. Non altri condanneranno quindi se non se stessi. Kempis, maggio 1954

Fonte: raccolta di brani sul Cristo del Cerchio Firenze 77 | Tutti i post del ciclo

Print Friendly, PDF & Email

3 commenti su “Il Cristo secondo il Cerchio Firenze 77/32: i testi canonici”

Lascia un commento