Non altrove, qui [sentiero65]

I due capitoli precedenti ci sono serviti per gettare le basi concettuali che ci permettono di affrontare questa seconda parte del nostro lavoro che tratta dell’esperienza della vita nel quotidiano vissuta nel respiro dell’esistere e dell’essere, l’uno l’inspirazione, l’altro l’espirazione.

Nessun altrove. Nessuna trascendenza, solo simultaneità. Che cosa significa? L’umano vive sempre in un altrove: nel passato, nel futuro, nel migliore, nella possibilità, nel vorrei, nel non posso.

Qui ci occupiamo di vita interiore e spirituale e allora va sottolineato: nessuna trascendenza. Trascendere che cosa se, oramai dovrebbe essere chiaro, la natura dell’essere prende forma e si esplicita qui, ora, nell’esistere, nel tempo, nella forma, nel divenire.

Trascendere il divenire?
No, nel ventre del divenire.
Trascendere la forma?
No, nel ventre della forma.
Trascendere il tempo?
No, nel ventre del tempo.
Trascendere il limite?
No, nel ventre del limite.

Nessuna trascendenza: affrontare, impegnarsi, inchinarsi, accogliere quel che c’è, quello che si presenta, quello con cui attimo dopo attimo siamo chiamati a confrontarci.

Perché pongo con tanta forza il tema della non trascendenza? Perché il segreto della vita non è né in alto, né in basso, né nello spirituale, né nel materiale: la chiave della vita vera è nella capacità di vivere la vita come unità, perché ciò che accade non è né spirituale, né materiale, è semplicemente quel che è.

Materiale e spirituale non sono che due categorie della mente; l’esperienza mistica è un prodotto della mente; l’esperienza della materia è un prodotto della mente. Oltre la visione mistica e oltre l’adesione alla materia c’è la realtà.

Questo testo è parte dei capitoli 3 e 4 del libro L’Essenziale; mentre li pubblichiamo ne verifichiamo anche il contenuto a 10 anni dalla loro estensione. A revisione completata, renderemo disponibile l’intero volume: qui i capitoli 1 e 2 già revisionati.

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1 commento su “Non altrove, qui [sentiero65]”

  1. Nessuna trascendenza, ma vivere il quotidiano così come accade, senza connotarlo.
    Riuscire a fare questo è non fuggire dalle sfide del quotidiano per rifugiarci in un altrove.

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