Essere vento che va nei rapporti [vdc43]

Le basi della Via della conoscenza. Partiamo da una premessa: chi siete voi e chi è l’altro? Per un uomo che si pone il problema di approfondire questo interrogativo l’altro è comunque sempre l’altro e lui è soltanto vento che va. E questa è la prospettiva da cui partiamo adesso.

L’altro è l’altro, e non importa se l’altro è buono o è malvagio, o non importa se l’altro vi è vicino o vi è lontano, l’altro è l’altro e si mette davanti a voi con tutto il suo spessore che è l’esistenza dell’essere.

“L’altro è l’altro e tu non sei niente”

E ciascuno di voi chi è? Vento che va, anche se voi obiettate: “Come, vento che va? Se l’altro è l’altro, io sono io, e io pure sono esistenza dell’essere”. No, tu non sei niente! Il punto di partenza per capire questo discorso è che tu non sei niente e l’altro è l’altro.

A quel punto la relazione acquista in profondità, poiché ognuno è talmente niente che lascia che l’altro sia tutto quello che vuole esprimere, tutto, tutto e tutto, compresa l’arroganza, compreso il vituperio, compreso il suo essere blasfemo. Tutto lo si lascia essere, poiché ciascuno è per se stesso niente e non si offende se riceve il vituperio dell’altro, non si esalta se riceve le sue carezze, non si deprime se riceve i suoi insulti, non si sdilinquisce se l’altro dice che è talmente con lui da perdersi in lui.

Ognuno per se stesso non è, e l’altro è l’altro. Ognuno per sé è talmente vento che va che ogniqualvolta vede un successo nella propria relazione, in termini di spessore e di profondità, sa già che in quello spessore e in quella profondità c’è ancora tutta la durezza del proprio pretendere di essere qualcosa. E l’altro è sempre l’altro, ovverosia ciò che si presenta davanti a voi così com’è.

E più si acquisisce consapevolezza di non essere, più l’altro si sfaccetta e più l’altro si coniuga in modi diversi, e lo si percepisce: non si dirige l’attenzione soltanto sul suo essere blasfemo, ma si colgono le sue mille sfaccettature perché ogni essere ha in sé mille sfaccettature – basta coglierle – e le si coglie soltanto allorquando non si ha una mente che filtra e determina quali sono le cose da considerare, o quale è il punto di vista da avere sull’altro, oppure che l’altro è così e che tutto ciò che dice è un po’ subdolo e che tutto ciò che presenta è un po’ inganno, oppure che tutto ciò che afferma è divino.

“Sì, anche l’altro trasmuta”

Finché avete una mente che agisce così, non scoprirete mai le mille sfaccettature di ogni essere, mentre ogni essere le ha già dentro come ricchezza e anche come trasmutazione continua nel suo essere anche lui vento che va. Sì, anche l’altro trasmuta, anche l’altro cambia, anche l’altro ha diritto di essere vento che va. E magari non sa neanche di esserlo e vuole essere se stesso; non importa, voi sapete che l’altro trasmuta e che l’altro ha il diritto di trasmutare perché anche lui è vento che va, che ne sia consapevole o che non ne sia consapevole. E poiché l’altro trasmuta, ed è vento che va, voi accetterete ciò che l’altro vi presenta ora così e ora colà.

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Ma se c’è la vostra mente che blatera, voi direte che è incoerente, che non sta maturando, che sta stringendosi addosso a un modo di essere, che non vi sta percependo come siete, che non vi sta cogliendo come siete e che non vi sta vivendo come siete.

Se però voi siete vento che va, allora veramente l’altro vi si offre in tutte le sue cangianti e continue sfaccettature, e la profondità della relazione sta nel fatto che voi vi offrite all’altro come cassa di risonanza di tutte le sue mille sfaccettature. Tutto scorre e voi lasciate che arrivi e che poi ritorni all’altro così come è arrivato, però con l’aggiunta di tutto l’amore che deriva dal fatto che voi non avete più niente da esigere, niente da difendere, niente da sottrarre all’altro, niente da impedire all’altro, niente e poi niente!

“Si coniugano insieme un vento che va
con un altro vento che va”

E allora ciò che arriverà all’altro sarà proprio un rispetto profondo verso il suo essere vento che va; l’altro lo percepirà di volta in volta come passività o come interesse o come rispetto di sé, ma non importa, la ricchezza dell’essere niente e poi niente porta alla profondità che nasce quando non si vuole più trattenere nulla, nulla e poi nulla, neppure la relazione più profonda, cioè quella che voi amate di più. No, neppure quella, il che non significa non essere attenti all’altra persona, non circondarla di dolcezze, non esprimerle anche il proprio amore, ma vuol dire che tutto questo avviene sull’onda della non aspettativa. E, se anche nell’altro succede la stessa cosa, a quel punto si coniugano insieme un vento che va con un altro vento che va.

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3 commenti su “Essere vento che va nei rapporti [vdc43]”

  1. Possiamo incontrare l’altro, per quello che è permesso dalla natura del divenire, solo se abbandoniamo il giudizio. Più il nostro sistema d’ordine è flessibile e più spiragli autentici dell’altro emergono.

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  2. “la ricchezza dell’essere niente e poi niente porta alla profondità che nasce quando non si vuole più trattenere nulla, nulla e poi nulla, neppure la relazione più profonda, cioè quella che voi amate di più.” Grazie

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