Brani di fonti diverse per la meditazione personale 3

Indice: Superare il carattere | Il formarsi di una cristallizzazione | La neutralità del carattere | Esprimere la personalità | Funzioni dell’Io | Il corpo akasico non connota | Le ultime incarnazioni | Comprensioni impresse nel profondo | L’arte connessa agli archetipi permanenti | Lasciar fluire | Riconoscimento e rabbia | Chi abbandona chi | L’abitudine e la motivazione | Il ripetersi delle stesse reazioni | Affrontare subito le situazioni | Manifestare la rabbia coi figli | La natura della filosofia | I genitori sono un modello relativo | Influenza delle incarnazioni animali sul carattere attuale | Non tutto ciò che giunge dall’akasico può essere attuato

20. Non tutto ciò che giunge dall’akasico può essere attuato

Il vostro corpo akasico ha decine e decine di bisogni di comprensione e invia in continuazione queste richieste e, chiaramente, nel corso della vostra vita non potete soddisfarle tutte o seguirle tutte quante; quindi verranno seguite e soddisfatte soltanto quelle che troveranno dei riscontri che permetteranno loro di far reagire i vari corpi che attraversano. 

Siete continuamente attraversati da queste richieste da parte del vostro corpo akasico; soltanto che alcune non avranno nessuna influenza perché non avete gli strumenti per poterle manifestare, per poter attivare il processo di comprensione attraverso l’esperienza di quel particolare tipo di elemento, mentre per altri elementi siete strutturati in maniera tale da poter attivare le reazioni e, quindi, arrivare a manifestare la vostra reazione all’interno del piano fisico e a dare elementi per la comprensione del corpo akasico.

19. Influenza delle incarnazioni animali sul carattere attuale

D – Mi stavo chiedendo se avere la caratteristica con la rabbia, cioè con questo DNA diciamo, ha anche a che fare con l’imprinting e l’istinto, nel senso che voi ci avete sempre detto che ognuno ha fatto le proprie esperienze nei regni inferiori che poi ce li portiamo anche dietro, fino alla fine.

Certamente, senza dubbio. Che poi è quello che inizia a differenziare un individuo dall’altro e che già dà una base diversa per la costituzione di ogni carattere per ogni individuo.
Se uno ha trascorso tutta la sua vita animale, diciamo, tra i bovini, certamente non si arrabbierà molto facilmente, per esempio, ma sarà un tipo molto paziente come carattere, in linea di massima. Le tracce di quello che siete stati – che siamo stati – si rincontrano anche nella costituzione dei corpi più attuali che andiamo a rivestire.

Una base comune da un carattere all’altro ci sarà sempre, quella che cambierà invece sempre è la personalità; perché, indubbiamente, ci sarà l’influenza di un ambiente diverso da vita a vita, di una famiglia diversa, e quindi il modo di esprimere la base caratteriale cambierà di gran lunga, potendo sembrare addirittura l’opposto di quello che era la vita precedente. Da CI, A36

18. I genitori sono un modello relativo

Ricordate che il figlio ha una sua interiorità, un suo carattere, una sua personalità, un suo modo di reagire, che certamente possono essere influenzati dalla personalità e dal carattere, dalla reazione dei genitori, ma non è detto che queste reazioni dei genitori diventino anche loro, siano fatte proprie da parte loro, perché i bisogni dei figli sono diversi da quelli dei genitori, l’evoluzione dei figli è diversa da quella dei genitori, i bisogni evolutivi dei figli sono diversi da quelli dei genitori; quindi le reazioni sono, comunque sia, diverse.
Se fosse così come hai detto tu, vorrebbe dire che tutti i figli che hanno dei genitori che si arrabbiano, sono altrettanto aggressivi; mentre non è assolutamente vero, questo.

17. La natura della filosofia

Secondo Foucault, non solo in Socrate ma in tutta la filosofia greca la speculazione filosofica era sempre volta alla ricerca della saggezza e non era mai, o raramente, puro esercizio intellettuale. Tuttavia, nel corso dei secoli, la filosofia si separò dalla spiritualità, e questo fu un momento di fondamentale importanza per lo sviluppo del pensiero occidentale: d’allora in poi, la conoscenza della verità non coincise più con la trasformazione del soggetto e la filosofia divenne speculazione intellettuale. (Da A. Tollini, Lo Zen, Einaudi 2012)

16. Manifestare la rabbia coi figli

Questo è un errore che tutti voi fate con i vostri figli, perché cercate di non fargli vedere la vostra rabbia, invece dovreste metterli di fronte alle vostre reazioni rabbiose perché, in quel modo, capiscono e si rendono consapevoli di dove possono essere i loro errori. Invece voi avete paura: «Poverini, poi restano traumatizzati, poi se lo ricordano» Certo che se lo ricordano, sarà bene se lo ricordino!

15. Affrontare subito le situazioni

Per essere risolta, bisogna che la situazione che ha provocato la rabbia – o che non l’ha provocata ma voi pensate che l’abbia provocata – venga poi vissuta direttamente in qualche altro modo.
Quando noi vi diciamo «affrontate le cose subito, direttamente», vorremmo che voi le affrontaste subito e direttamente. Se rimandate le cose, vi ritrovate poi nella situazione che non avete più la possibilità di affrontarle direttamente (perché mancano tutti i fattori necessari, ndr), e allora ecco che la vostra rabbia si protrarrà nel tempo senza poter essere sciolta, perché mancano gli elementi su cui basarsi. Ecco perché affrontare e vivere nel «qui e ora». (Da CI, A31)

14. Il ripetersi delle stesse reazioni

A seconda di come le caratteristiche della vostra rabbia sono scritte nel vostro genoma, la rabbia tenderà a manifestarsi e questa sarà una costante per tutta la vostra vita. Ecco perché di fronte a determinati stimoli, voi comunque reagirete sempre e comunque arrabbiandovi. (Da CI, A29)

13. L’abitudine e la motivazione

[…] Noi non vorremmo che voi che siete presenti, qui, questa sera, commetteste gli stessi identici errori che sono stati commessi per anni dagli altri componenti del Cerchio, che ci hanno alla fine costretti a chiudere gli incontri con quelle persone.

Una delle cose a cui più facilmente, quando si è incarnati, si finisce per andare incontro, è quella dell’abitudine. Noi non vorremmo che questi incontri diventassero per voi un’abitudine, un essere presenti tanto per essere presenti, una sensazione che tutto ciò che viene detto o fatto, tutto ciò che noi vi possiamo dare o al limite togliere, sia qualche cosa che comunque vi è dovuto e comunque sarebbe successo. Non è così; nulla di quanto accade in queste riunioni è un atto dovuto nei vostri confronti; è semplicemente un nostro porgervi la possibilità di cercare di addentrarvi un po’ più profondamente in quello che voi siete e di cui voi non vi rendete conto.

È per questo motivo che, negli anni, più volte abbiamo rivolto l’esortazione a chiedervi: «Perché siamo qua?». Le risposte sono sempre molte, una diversa per ognuno di voi: c’è chi è qua per curiosità, c’è chi è qua perché cerca di comprendere qualcosa, c’è chi è qua per fuggire la normalità della propria vita, c’è chi è qua per cercare di trovare un angolo in cui allontanare le sofferenze o le difficoltà che la vita ogni giorno gli propone.

[…] Noi vorremmo che, sopra a tutti questi perché, ci fosse principalmente il desiderio di trovare una verità interiore che non conoscete, di fare lo sforzo di andare oltre a quello che la vostra conduzione della vita sembra non riuscire a insegnarvi; vorremmo, insomma, che voi, poco alla volta, riusciste a trovare quei pezzettini di verità di voi stessi che, soli, rendono la vostra vita degna di essere  vissuta.

Essere qua, quindi, non per fare atto di presenza, o per in qualche modo gratificare o calmare o soddisfare il vostro Io, ma essere qua per cercare di ottenere da voi stessi qualcosa per voi stessi e, di conseguenza, anche per chi vi sta accanto.

[…] Ultimamente, il primo argomento che è stato affrontato è stato la rabbia riguardante l’espressione fisica, il corpo fisico, e quasi tutti avete lasciato poi alla fine cadere l’argomento, non trovando nessuna curiosità nella cosa; e, anzi, quando qualcuno ha proposto qualche cosa di un po’ più approfondito, il discorso è caduto nel silenzio. Noi vorremmo che vi domandaste il perché di questo.

Evidentemente non vi interessa comprendere, evidentemente non volete veramente capire perché reagite in un determinato modo, evidentemente fate fatica a considerare quello che altri possono pensare.

Queste sono solo ipotesi che sto facendo, non è che si tratti di verità; anche perché la verità non è la stessa per tutti voi; ognuno di voi ha la sua verità, così come certamente ognuno di voi avrà mille giustificazioni per quello che ho appena detto: i problemi della vita, l’impegno, la famiglia, le malattie, e via dicendo, però voi sapete benissimo – lo abbiamo sempre detto e da tempo ne siete consapevoli – che se veramente si vuole qualche cosa, il tempo, la volontà, la voglia per farla si deve saper trovare; altrimenti è inutile venire qua a scaldare una seggiola, portando magari via il posto a qualcuno che ne avrebbe più bisogno o avrebbe più volontà, più buona volontà per mettere in atto questo processo di apprendimento che va dall’esterno all’interno e dall’interno all’esterno, verso la comprensione di se stessi e della Realtà. Moti

Il nostro discorso non è per buttarvi giù il morale, ma per darvi la spinta a cambiare; altrimenti, se lasciamo le cose in mano vostra sapete benissimo come poi va a finire; quindi è molto meglio dare una piccola scossina all’inizio, prima che le cose diventino poco simpatiche o poco utili, come è accaduto in passato. Scifo (Da A29)

12. Chi abbandona chi

Affermazioni di Moti dopo che il Cerchio Ifior ha cambiato natura in virtù della malattia di Gianfranco (2008). So che molti di voi hanno sofferto per l’apparente sensazione che noi li avessimo abbandonati, e questo era largamente prevedibile, ma siate consapevoli che così non è.
È stato, molto più spesso, vero il fatto che siete stati voi ad abbandonarci, piuttosto che noi ad abbandonare voi.

Ogni volta che sapevate quello che dovevate fare, perché noi ve lo avevamo detto, e non avete avuto la forza di farlo;
ogni volta che avreste potuto donare un sorriso e invece avete preferito girare il volto dall’altra parte per manifestare la vostra rabbia;
tutte le volte che fate malvolentieri quello che la vostra società magari vi chiede di fare per poter condurre la vostra vita;
tutte le volte che vi guardate intorno e non scorgete quelli che sono veramente i bisogni degli altri ma soltanto i vostri; bisogni degli altri che chiamano, che premono, che chiedono urgenza, attenzione e rispetto, quando voi urgenza, attenzione e rispetto verso gli altri così difficilmente siete capaci a tenerli nelle vostre mani. Moti

11. Riconoscimento e rabbia

D – È quando l’altro rifiuta il confronto che sorge la rabbia
La reazione dell’Io dice: «Come? Io mi sto mettendo a tua disposizione per poter dialogare e tu…
D – Si potrebbe stare meglio se…
«Io mi sono messa a disposizione per trovare un dialogo con te, tu stai rifiutando questo dialogo e questo mi fai arrabbiare».
D – Esatto!
E perché ti fa arrabbiare?
D – Perché mi fa prima star male
Perché ti fa star male?
D – Perché mi piacerebbe riuscire a dialogare; soprattutto con le persone con cui uno, comunque, in qualche modo…
No, ti fa star male perché ti senti sminuita, senti che non ti è stata data importanza.
E da qui nasce la rabbia. Da CI, A26

10. Lasciar fluire

Il cambiamento che dovete operare è alla base di voi stessi, è riuscire a lasciar fluire il vostro Sentire, quindi lasciar fluire il vostro carattere, quindi lasciar fluire la vostra personalità, osservare come la vostra personalità fluisce e non cercare di essere la vostra reazione, ovvero il vostro Io. Quindi cambiare punto di osservazione della vostra vita. Da CI, A23

9. L’arte connessa agli archetipi permanenti

Quante persone che ascoltano il valzer di Strauss sanno o si ricordano, o pensano a chi era Strass?
Quindi non è il personaggio l’importante, l’importante è quello che la sua musica ha saputo trasmettere attraverso i vari archetipi; e la maggior parte delle volte questa trasmissione avviene perché il tipo di vibrazione che presenta un certo tipo di musica si ricollega a certe vibrazioni tipiche principalmente di quelli che sono gli archetipi permanenti, invece che essere tipica di quelli che sono gli archetipi transitori, come per certa musica attuale (si riferisce a Michael Jackson, ndr)

8. Comprensioni impresse nel profondo

Noi avevamo parlato l’altra volta anche di particolari caratteristiche che restano all’interno dell’individuo una volta compreso, e queste caratteristiche – facendo parte del corpo akasico – restano poi all’interno dell’individuo per tutte le incarnazioni che possiede; ad esempio, una vita in cui l’individuo ha amato particolarmente la musica, ha compreso particolarmente la musica, riesce a inserire la vibrazione musicale in una comprensione molto più profonda che appartiene a questo individuo ogni volta che si incarna, per tutto il corso delle sue incarnazioni. Da CI, A21

7. Le ultime incarnazioni

Le ultime incarnazioni di un individuo sono, nelle aspettative di ognuno di voi, incarnazioni dove uno è più felice, dove uno più sta bene, dove uno è sereno, ha compreso tutto, è in pace con se stesso, è in pace col mondo, è in pace con l’Assoluto; il realtà, il più delle volte – o quasi sempre, se non sempre – sono le incarnazioni che, guardandole dal punto di vista umano, sono le più tormentate che possano esistere.

Questo, perché? Perché c’è la necessità, nel corso dell’ultima vita di eliminare, assolvere tutto il karma negativo che era stato accumulato fino a quel momento e che, altrimenti, non si potrebbe più assolvere. Da CI, A21

6. Il corpo akasico non connota

Non esiste un’esperienza negativa e un’esperienza positiva per il corpo akasico; esiste un’esperienza utile o inutile ma, comunque sia, tale da portare elementi che gli possono servire. Quindi, tutte le connotazioni che date alle vostre esperienze: di dolore, di sofferenza, di utilità o inutilità, sono connotazioni che date voi, ma per il corpo akasico non c’è nessuna connotazione sull’esperienza che compite. Non c’è l’esperienza più utile o meno utile. Da CI, A20

5. Funzioni dell’Io

D – Mi sembra quasi che, se non avessimo l’Io, nei confronti della personalità riusciremmo ad acquisire un sacco di elementi, mentre l’Io blocca questa cosa.

Ma, a parte il fatto che l’Io è una creazione inevitabile, quindi non è che si possa dire «se non avessimo l’Io»; l’Io ci deve essere per forza perché nasce dallo scontro della reazione dei corpi dell’individuo con la realtà, però ha una sua utilità, come tutte le cose che frenano.

Lo stesso vale per l’Io; l’Io ha la funzione – pur non esistendo – di far sì che l’individuo non cerchi di assimilare o di comprendere troppo alla svelta e più velocemente di quanto può assimilare; perché rendetevi conto che al corpo akasico non arriva un dato o due dati, ma arriveranno milioni di dati.

Tanto è vero che, se ricordate, avevamo detto che il sonno è necessario per poter fermare un attimo l’acquisizione di dati e permettere che finiscano di rifluire fino al corpo akasico per la comprensione. E l’Io, in qualche modo, costituisce anche un filtro per permettere la più adatta possibilità di comprensione per l’individuo; senza contare poi tutte le altre tematiche che smuove la presenza dell’Io e che sono necessarie per affrontare le esperienze che, altrimenti, l’individuo non si sognerebbe neppure di affrontare! Da CI, A16

4. Esprimere la personalità

L’Io – come sapete – non esiste in realtà, è fittizio, è illusorio, la personalità invece no; la personalità è reale perché è collegata a quello che ognuno di voi è, allorché è incarnato; è questa la grossa differenza, ed è anche per questo che dicevo che, se riusciste a esprimere la vostra personalità – e quindi, alla fonte, il vostro carattere – riuscireste ad arrivare direttamente alla comprensione, alla vostra capacità di coscienza della vostra comprensione/non-comprensione. Da CI, A15

Commento
Maggiore è la conoscenza di sé, tanto più grande la capacità di far pace col proprio carattere e di vivere serenamente la modulazione della personalità. Questo permette un fluire naturale dei dati e lo sviluppo di una consapevolezza, mentre si agisce, di ciò che si è compreso e non compreso.
Alla luce di ciò si comprende il nostro invito all’osare in tutti gli ambiti.


A questo punto, forse prende anche una connotazione più comprensibile la nostra insistenza nel parlare di «osservazione passiva». Come può essere intesa, allora, con questi elementi, l’osservazione passiva?
L’osservazione passiva include la capacità di interagire con la realtà, attraverso la personalità, tenendo da parte l’Io; o meglio: osservando senza interagire – e chi interagisce con quello che fate è il vostro Io – e lasciare che siano le vostre emozioni, i vostri pensieri, i vostri desideri, la vostra comprensione, la vostra coscienza, il vostro carattere a muovere le vostre azioni. Da CI, A15

3. La neutralità del carattere

Il carattere si manifesta nella personalità dell’individuo. È in quel momento, quando si manifesta come personalità che diviene positivo o negativo, a seconda della connotazione che l’archetipo di riferimento dà a quel comportamento; mentre il carattere in se stesso, la spinta del carattere in se stessa non è né positiva né negativa, è semplicemente una spinta. Da CI, A14

2. Il crearsi una cristallizzazione

Una cristallizzazione avviene quando? Quando non c’è una comprensione. L’individuo continua a non voler comprendere, continua a rifiutarsi di vedere la verità – cosa che fate tutti i giorni! – e a lungo andare questa diventa una cosa patologica, diventa un circolo chiuso di energie che girano all’interno dell’individuo e si ha la cristallizzazione, per cui questa possibilità di comprensione che l’individuo non vuole riconoscere continua a girare su se stessa creando un vortice fastidioso che disturba tutta la personalità e anche tutta la fisicità, a volte, dell’individuo.

Questo, però, riguarda sempre la personalità e la fisicità dell’individuo. Per quello che riguarda la cristallizzazione, questa abbiamo detto è legata al tentativo di non vedere una propria verità (mettiamola così, in modo semplicistico) ma scoprire la verità risale a che cosa? Alla comprensione del corpo akasico. Quindi significa che il corpo akasico continua a rimandare questa comprensione perché arrivi all’individuo e si modifichi di conseguenza; l’Io rifiuta di vederlo e si crea la cristallizzazione. Da CI, A12.

1. Superare il carattere

Quale sarebbe il comportamento migliore per rendere utile il carattere? Bene; la cosa migliore da fare per rendere utile il carattere è di far sì che quell’elemento (e parliamo di un elemento solo, anche se la cosa è più complessa, ovviamente) particolare del carattere diventi inattivo; perché se diventa inattivo significa che si ha compreso.
Quindi, il modo giusto per comportarsi nei confronti del carattere sarebbe quello di fare le esperienze in modo tale che il corpo akasico comprenda e renda quindi non più urgente, non più pressante, la spinta di quel determinato gene che influenzerebbe il vostro comportamento, quindi anche la vostra personalità. Da CI, A12.

Negli eventuali commenti, se necessario, indicate il numero del brano al quale vi riferite.

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13 commenti su “Brani di fonti diverse per la meditazione personale 3”

  1. 13- A quanto pare i problemi che sorgono all’interno di ogni organismo sono sempre gli stessi. Abitudine che altro non è che cristallizzazione dei processi causati essenzialmente dalle menti/identità che fagocitano ogni contenuto, facendolo diventare terreno di dominio piuttosto che di scacco. Come si può contenere questa perniciosa dinamica. Ovviamente con l’esercizio del dubbio, ma soprattutto è l’altro che infrange la mia narrazione consolatorio. Da qui si capisce l’importanza della logica dell'”officina esistenziale” che altro non è che la logica dello scacco. Ma la logica dell’officina esistenziale si può attuare solo se c’è” motivazione”, ovvero comprensione della funzione di un organismo. Da quella comprensione sorge la disponibilità a mettersi in discussione, a manifestare sé senza riserve; disponibilità a non risparmiarsi nei processi in un cui si è coinvolti. Senza comprensione e dunque motivazione preverrà il rimanere trincerato dietro al conosciuto, all’abitudine, preservando la propria immagine e il controllo.

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  2. Riconoscimento e rabbia
    La rabbia è un’emozione primaria e nasce quando vogliamo qualcosa che non riusciamo ad avere o abbiamo qualcosa che ci viene tolto.

    Se usata bene è una risorsa per la risoluzione dei problemi se usata male può guidare azioni aggressive.

    A me questo fa pensare al fatto che siamo noi a dare connotazioni alle emozioni, la rabbia è solo rabbia, il negativo o positivo lo aggiungiamo noi.

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  3. Il dato che posso osservare nella mia esperienza è che con gli anni, quindi con l’esperienza, mi è più facile far fluire quel che sento e quindi portare alla luce ciò che sono.

    Forse questo si intende quando si parla di esprimere la propria personalità?

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  4. 7. Le ultime incarnazioni

    Sebbene non ci deve riguardare sapere a che punto siamo per quanto concerne le incarnazioni, è importante quello che ci rivela Scifo.
    Quando la mente connota una vita piena di sofferenza, non significa che ci sia ancora molto da comprendere, significa soltanto la chiusura del cerchio karmico

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  5. 6. Il corpo akasico non connota.

    Certo connota la mente.
    Il corpo akasico si serve di qualsiasi esperienza per acquisire dati utili alle nostre comprensioni.
    Se non connota il corpo akasico, dobbiamo imparare a non far connotare neanche la mente.

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  6. 1 Ci vuole carattere per superare il carattere.
    A parte la battuta, superare il carattere richiede consapevolezza, maturità e capacità di vuoto.
    So che questa è la strada perché me ne rendo conto osservando me e gli altri e pian piano provo a fare esperienza in questa direzione

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  7. 4 Esprimere la personalità

    Non mi è chiaro quello che i maestri dicono rispetto alla differenza tra personalità ed io.
    Quest’ultimo è illusorio mentre la personalità è reale perché è quello che mostriamo nel piano fisico, affermano.

    Ora l’io non esiste come corpo a sé, ma come risultante dell’interazione dei tre corpi inferiori con la Coscienza da un lato e le esperienze dall ‘altro esiste ed opera.

    La personalità non è anch’ essa la risultante del nostro mostrarci come interazione dei primi quattro corpi che compongono l’individuo?
    Chiamerei quindi personalità il modo in cui l’io si manifesta nelle relazioni e i due sono concatenati.
    Questo è quanto mi risuona.

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  8. 5. Si arricchisce e si fa più complessa la questione dell’io. Spesso all’interno delle vie spirituali si afferma genericamente un “superamento del’io” senza però capirne la reale funzione.

    Come il CI afferma l’io è un meccanismo naturale essenziale alla dinamica della comprensione e direi essenziale anche al supermento della dinamcia dell’evoluzione stessa; conoscerlo nelle sue funzioni diventa una necessità.

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  9. La neutralità del carattere.

    Vero è la mente che, secondo l’archetipo di riferimento, giudica positiva o negativa una spinta del carattere.

    Ma se il carattere è ciò che chiamiamo anche meccanica di fondo, non vedo come si possa modificare in un aspetto, come si dice in un post precedente, se meccanica è.

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  10. 3- Quindi possiamo attribuire la reazione impulsiva alla personalità e non al carattere?
    Comportamento che nasce per il condizionamento di un archetipo transitorio?
    Quindi più che contare fino a dieci, per evitare gli eccessi dell’impulsività è necessario individuare l’archetipo transitorio operante.

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