Né il dono né i suoi effetti vi appartengono[70A]

Queste voci vi stanno parlando di dono come concetto di cui l’umano si appropria, dicendosi: “Io dono, io sono per gli altri nel mio offrire!”. Quindi, che cosa ne faccia l’altro e che effetti produca in lui ciò che voi chiamate il ‘vostro dono’ non vi riguarda proprio.

Né il dono e nemmeno i cosiddetti effetti vi appartengono, benché poi tentiate di mettere lo zampino e il vostro marchio persino su quel che produrrà nell’altro. Una volta che avete offerto quel dono, nulla più vi appartiene, e può darsi che l’altro veda effetti molto diversi da quelli che vi eravate immaginati.

Ma poiché non riuscite a vedere il dono soltanto come un moto che nasce dentro un’azione fino all’esaurirsi di quell’azione, allora considerate dono solamente un’azione di cui siete i protagonisti e che avete programmato. E quindi, ogni volta che parlate di dono, state pensando a un’azione che riproduce il dono da voi progettato.

Però – attenti – ragionando così non vi accorgete che dentro l’azione del donare voi vedete sempre qualcosa in più di un’azione in sé, cioè qualcosa che date per scontato. E così il dono – che è semplicemente un moto – si colora sempre di altro, sia perché non riconoscete la disconnessione in atto e sia perché avete a priori un giudizio su di voi, come agenti, e anche sul risultato sperato.

Ritorniamo al fatto che il dono è moto – punto – ed è un’azione che ha come presupposto essenziale di non nascere da un obbligo, ma di concretizzarsi in un’azione non vincolata.
La via della Conoscenza vi dice che è proprio nell’agire che si costituisce il dono, non prima e neppure dopo, quindi solo nel durare dell’azione. Però, vista in tal modo, l’azione del donare a voi risulta concettualmente arida. E vi dite che, se il dono fosse soltanto azione che termina col chiudersi dell’azione, cosa mai sarebbe quello che chiamate ‘dono’ e che ritenete tale perché parte da voi, porta il vostro marchio e gli effetti da voi sperati?

Ma, considerando dono soltanto un moto che dura fino al momento in cui termina il farsi di quell’azione, in base a questo, il dono può essere considerato vostro? Per rispondere, provate a immaginare un dono i cui frutti sperati non vi riguardano, nemmeno li conoscerete, e poi capite che non può essere considerato vostro.

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In merito alla via della Conoscenza: quel che le voci dell’Oltre ci hanno portato non sono degli insegnamenti, non sono nuovi contenuti per le nostre menti, non sono concettualizzazioni da afferrare e utilizzare nel cammino interiore. Sono paradossi, sono provocazioni o sono fascinazioni, comunque sono negazioni dei nostri processi conoscitivi e concettuali.
Non hanno alcuno scopo: né di modificarci e né di farci evolvere. Creano semplicemente dei piccoli vuoti dentro il pieno della nostra mente. Ed è lì che la vita parla.

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Indice dei post estratti dal libro e pubblicati
Abbreviazioni: [P]=Prefazione. [V]=Vita. [G]=Gratuità. [A]=Amore.
Le varie facilitazioni di lettura: grassetto, citazione, divisione in brevi paragrafi sono opera del redattore: i corsivi sono invece presenti anche nell’originale.

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7 commenti su “Né il dono né i suoi effetti vi appartengono[70A]”

  1. Viene in mente un parallelo con la natura anche se non so se prroprio azzeccato.
    Tutti noi abbiamo piante in casa, terrazzo o giardino e, il fiore che sboccia da questa pianta non sboccia certo per nostro merito ma è un dono… Così ho inteso la natura del dono.

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  2. Il dono è moto, azione, il cui risultato non ci riguarda.
    Che ogni gesto non sia spurio di ricerca dell’identità di affermarsi in vario grado, non riduce l’effetto del dono.

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  3. Mi verrebbe da dire che tutto è dono quando c’è la giusta disposizione a non possedere nulla di ciò che in noi sorge.
    Quel protendersi verso l’altro è dono se c’è gratuità nell’intenzione che ci muove, se stiamo nel processo dell’azione che sorge, piuttosto che nel risultato da capitalizzare.

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  4. Nulla ci appartiene!

    Se parto da ciò tutto quel che sorge è semplice liberazione della natura costituente. Anche ciò che produce attrito sempre dono è.

    Ogni moto libero dalla classificazione mentale è dono, e quando accade spesso uno stato di stupore ne consegue.

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  5. Per quanto la mia comprensione può arrivare direi che la struttura ontologica della realtà è dono: azione immotivata che accade e che risponde a una logica profonda a noi ignota. Poi rispetto a ciò si sovrappone la nostra appropriazione identitaria, la nostra “umana” necessità di rivendicare. Per riprendere quello che scrive anche Elena, credo che l’oscillazione sia costante tra dono e appropriazione identitaria, frutto della nostra natura di incarnati.

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  6. Sto vivendo questo e sento la differenza – tra vivere il dono come moto che dura nell’Azione e vivere il dono come processo identitario -perchè alterno i due stati.
    Il primo non ha nemmeno senso chiamarlo dono. Avviene nel silenzio identitario. È.

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