La comunicazione nell’apparenza e un accenno alle varianti [realtà6]

Cerchio Firenze 77, Il libro di Francois, Edizione Mediterranee, pp. 219-220
Ma allora, quando parliamo tra noi o ci guardiamo, comunichiamo in qualche modo l’uno con l’altro, oppure ognuno si rappresenta I’altro?

Possiamo dire che una sorta di comunicazione c’è. Abbiamo detto che nei mondi della percezione la comunicazione è sempre basata sull’apparenza, su ciò che appare, e mai sulla realtà.

Però c’è come un comun denominatore, e cioè: non è che io adesso sto parlando con voi, voi vi rappresentate François, e François non esiste; non è cosi, perché il rapporto è necessario a tutti noi, a voi e a me; e quindi è un rapporto che, se anche non è reale e vero, nel senso di porre in contatto le nostre verità, la mia con la vostra verità (come invece avviene nel mondo del sentire), tuttavia è un rapporto che ha una sua verità. E questo anche se ciascuno poi interpreta questi suoni, che sono le parole, e anche il significato delle parole, in una sua maniera soggettiva.

Allo stesso modo, del resto, ciascuno interpreta tutto il mondo nel quale è immerso. Ma questo non significa che non vi sia comunicazione. C’è comunicazione, a meno che non sia un discorso che riguarda le varianti*. Ma di questo non ci interessiamo, altrimenti entriamo in una complicazione che al momento non serve.

Piuttosto facciamo l’esempio non di François, bensì di un incarnato. Quando si è legati ai sensi del corpo fisico, già lo sapete, si vede una parte della divina sostanza indifferenziata; e la si vede parzialmente.

Da questa visione parziale, l’essere trae fuori l’ambiente fisico, il piano fisico con le tutte sue leggi, le sue materie, i suoi colori e cosi via, cose che non esistono in sé oggettivamente perché sono patrimonio di coloro che osservano una parte della divina sostanza indifferenziata con certe limitazioni, attraverso certi sensi che la limitano.

Ma non è che tu vedi solo una parte della divina sostanza indifferenziata, intesa come materie del piano fisico: vedi anche degli esseri, i quali sono anch’essi costituiti, nel loro corpo fisico, di divina sostanza. Tu vedi questi esseri, ed è con questi esseri che comunichi. E una comunicazione mediata attraverso il mondo delle apparenze, della percezione; però una comunicazione certamente c’è.

Quando poi ci si ama veramente, allora c’è una maggiore comunicazione, diciamo; c’è infatti una vibrazione del sentire vero e proprio. Però, ripeto, la vera comunicazione è la comunione, è nel mondo del sentire, è lasciata la ruota delle nascite e delle morti, oppure nel momento della fusione.

*Esempio del mendicante – Supponiamo che in una serie di fotogrammi siano rappresentate due creature: un mendicante e uno che passa a lui di fronte.
A questo punto nasce una variante: la creatura che passa di fronte al mendicante può scegliere tra fare l’elemosina o non farla.

Fare l’elemosina è un fatto materiale, cioè togliere, da una certa quantità di monete in una borsa, una moneta e passarla nelle mani del mendicante.
Ecco della variante la prima serie di fotogrammi: la creatura passa davanti al mendicante e fa l’offerta, cioè toglie delle monete dal suo portamonete e le passa al mendicante.

Seconda serie di fotogrammi: passa di fronte al mendicante e tira lungo, quindi le monete rimangono nel borsellino. Che cosa succede?

[…] Supponiamo che il mendicante debba ricevere quelle monete per un buon karma, egli vedrà passare davanti a sé quella persona di cui dicevamo prima, che tira fuori dal suo borsellino delle monete e gliele passa.

[…] Se il secondo personaggio, che dovrebbe donare, invece per un moto egoistico, imbocca l’altra serie di fotogrammi e non dà le monete? Come tornano i conti? Il mendicante avrà avuto il suo denaro. L’altro invece se Io terrà stretto nel suo borsellino.

Ciascuno dei due personaggi, pur essendo rappresentato in un episodio comune, ha seguito una soluzione diversa.

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6 commenti su “La comunicazione nell’apparenza e un accenno alle varianti [realtà6]”

  1. Mi chiedo dove queste affermazioni mi possono condurre. Forse sono un’esortazione ad andare oltre le apparenze. Io non sono il mio corpo, non sono la mia mente e le mie emozioni. Allora che valore ha il fatto che la persona davanti a me sia reale se io neppure lo sono? La vera comunione avviene attraverso il sentire e non nell’esperienza illusoria dello spazio e del tempo. Realizzo che sono molto lontana dal poter comprendere questa realtà.

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  2. Come Leonardo afferma, prima Francois apre uno spiraglio sulla comunicazione parziale che ci sarebbe anche tra chi ha sentire diversi, poi sembra negarla quando parla della scena del mendicante.
    La prima parte risponde alla mia esigenza di credere che non ho relazione solo con ologrammi, questo dato mi spiazza.
    È un ologramma mia figlia?
    Certamente è un essere necessario alle mie comprensioni ma non un nulla, un sogno di cui uso o abuso.
    Come colloco il provare affetto per?
    Certamente provare vari grado e sfumature di affetto riguarda me, ma l’altro è un mio burattino, nella scena che costruisco?
    Conosco le varianti, perché ne ho fatta esperienza, ma credo queste esistano per le varie scene che posso costruire con ambiente e protagonisti opportuni, ma, una volta scelta la variante da vivere, tutti gli attori vi agiscono, non uno riceve i soldi e l’altro invece non li dà.

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  3. Sembra che Francois “salvi” la comunicazione nel mondo fisico conferendogli una validità parziale e imperfetta a confronto della vera comunicazione che avviene sul piano del sentire.

    Lo vedo un argomento debole se si aggiunge poi, come Francois fa, che la possibilità delle varianti rende vana anche la parziale validità della comunicazione, prima presupposta e afferma, del mondo fisico: infatti come posso determinare che la persona che incontro sul piano fisico non sia un ologramma e viva una sua variante e dunque non esista in realtà?

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  4. La teoria delle varianti per me è chiara, e in virtù di questa teoria, poi si evince che tutte le scene esistono contemporaneamente. Da cui il tempo non esiste ed è solo l’illusione del movimento dei fotogrammi. Basta pensare ai cartoni animati, noi vediamo il movimento grazie al fatto che facendoli scorrere velocemente il nostro occhio non riesce a processare il passaggio da un fotogramma all’altro e vede un continuare dell’azione. Quindi i nostri sensi sono i filtri attraverso cui vediamo la realtà. Sensi imperfetti e limitati

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