I ‘no’ detti a prescindere [61G]

Quello che accomuna ogni sistema d’ordine è il fatto di stabilire frequenti ‘no’, pur riadattandosi quando i ‘no’ non sembrano più possibili. Però, quello che non avete previsto nel realizzarlo, è che la pratica dei frequenti ‘no’ presenta una contropartita: quando il ‘no’ si consolida all’interno di voi, non solo vi priva di un’esperienza da vivere, ma fin da subito la blocca mentalmente persino come ipotesi.

Quindi, in sostanza, vi priva della possibilità di incontrare tutto quello che la vita presenta come nuovo, come mutevole, come qui e ora. Cioè vi rende impossibile il possibile.

Voi umani siete governati nella via interiore dalla pretesa di ingurgitare dentro di voi tutto quello che vi riesce, se lo ritenete utile al fine che vi siete dati, almeno fino a che non lo giudicate troppo contraddittorio col vostro sistema d’ordine, che è stato creato proprio per stabilire i gradi di contraddittorietà che ognuno può accettare dentro di sé, e lo fa in base alla rigidità o alla elasticità dei parametri prestabiliti.

È la pratica del dubbio a rendervi consapevoli del tipo di etichette e dei parametri utilizzati; è quindi il dubbio che allarga le maglie dei filtri del sistema d’ordine e che ve ne mostra la non affidabilità. Se, poi, il nuovo sistema d’ordine viene modificato tenendo già presente la dubbia attendibilità dei giudizi in genere, allora le maglie si allargano ulteriormente.

Dentro un sistema d’ordine, che è fatto per selezionare e discriminare, a volte può formarsi uno iato quando vi sentite provocati da un oggetto reale a cui non riuscite a dare una motivazione che renda possibile inglobarlo, ma da cui non riuscite nemmeno a difendervi attraverso l’eliminazione o l’accantonamento.

Il ripetersi di questi accadimenti può impedire al sistema d’ordine di assolvere alla sua funzione, perché lo colpiscono nel suo punto critico. E allora vi sentite negati proprio nel parametro fondamentale per la definizione dei ‘sì’ e dei ‘no’, del ‘positivo’ e del ‘negativo’, che vi servono per difendervi dal caos che avvertite intorno a voi.

Questo, però, vi dice che a un tratto può incepparsi anche una struttura mentale complessa, che usufruisca di un sistema d’ordine rigido, e quindi adatto a costituire una solida e duratura identità, e poi salvaguardarla. Ad esempio, può accadere che una sollecitazione esterna o interna provochi l’uomo fino a produrre delle fratture nella rigidità dei suoi filtri, ammorbidendolo e rendendolo dubitativo. Da quel momento gli può diventare insopportabile l’irrigidimento del suo sistema d’ordine, e quindi muta il processo della sua mente.

Per prima cosa, l’uomo fa i conti con l’insoddisfazione verso alcune delle salvaguardie dietro cui si protegge: possono essere gli eccessivi paletti posti contro le sollecitazioni, oppure le forti difese contro le ‘diversità’.

L’insoddisfazione – che è motore per la via della Conoscenza – diventa il pungolo per far sì che le maglie si allarghino, lasciando insinuarsi altra insoddisfazione, a cui fa seguito il desiderio di qualcosa di nuovo. L’uomo inizia così a diventare consapevole dei meccanismi della sua mente, da cui sente il bisogno di prendere le distanze, perché nei giudizi e nelle etichette che esprime sente rinascere dentro di lui l’insoddisfazione, e quindi incomincia a percepire la gabbia che è rappresentata dalla sua mente.

In merito alla via della Conoscenza: quel che le voci dell’Oltre ci hanno portato non sono degli insegnamenti, non sono nuovi contenuti per le nostre menti, non sono concettualizzazioni da afferrare e utilizzare nel cammino interiore. Sono paradossi, sono provocazioni o sono fascinazioni, comunque sono negazioni dei nostri processi conoscitivi e concettuali.
Non hanno alcuno scopo: né di modificarci e né di farci evolvere. Creano semplicemente dei piccoli vuoti dentro il pieno della nostra mente. Ed è lì che la vita parla.

Per qualsiasi informazione e supporto potete scrivere ai curatori del libro: vocedellaquiete.vaiano@gmail.com
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Indice dei post estratti dal libro e pubblicati
Abbreviazioni: [P]=Prefazione. [V]=Vita. [G]=Gratuità. [A]=Amore.
Le varie facilitazioni di lettura: grassetto, citazione, divisione in brevi paragrafi sono opera del redattore: i corsivi sono invece presenti anche nell’originale.

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7 commenti su “I ‘no’ detti a prescindere [61G]”

  1. Se è vero che il Sentire necessita dei dati che non ha, nel caso di una rigidità, presenterà le scene per metterla in discussione.
    Tanto più sarà persistente quella rigidità, tanto più deflagranti potrebbero essere le scene.
    Ad un certo punto, quando cominciamo a capire come funzioniamo, siamo in grado di allentare le maglie, perché la comprensione sostiene il timore di soccombere.
    Credo infatti che istintivamente, l’uomo cerchi di preservarsi e teme ciò che lo minaccia.
    Solo quando ci si abbandona alla fiducia, si accetta di perdere il controllo e si allentano le maglie della propria rigidità.
    Come sempre un processo che porta via via ad aprirsi al Reale, riconoscendo la propria relatività.

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  2. Può succedere al contrario che una volta raggiunta la consapevolezza della prigione mentale, sorga la propensione a dire troppi si.

    Discernere, discernere e ancora discernere è il lavoro inesauribile di ogni momento

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  3. Di sistema d’ordine in sistema d’ordine la rigidità del sistema d’ordine stesso si fa sempre meno marcata. Le maglie si allargano e nuovi pungoli spronano l’umano a relativizzare la consistenza e la valida del della gabbia ordinatrice della mente.

    Il pungolo, l’insoddisfazione sono quel “fatto”che il sistema d’ordine non riesce a catalogare nel dualismo positivo/negativo. Il pungolo e l’insoddisfazione sono “l’effimero” non parametrabile, e che per quanto l’umano tenti di tenere lontano da sé proteggendosi, ne è ineluttabilmente colpito.

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  4. Se si mettono troppi paletti vero è che si negano le esperienze e le possibilità di apprendimento.
    Ma c’è età ed età e paletto e paletto.
    Quando una presenza o una esperienza intaccano la mia ecologia interiore, e per esperienza so che così avviene, allora devo dire no.
    Crescendo poi sorge l’esigenza di limitare le esperienze perché la cosa da fare a quel punto è mettere a frutto ciò che si è appreso e vivere con lo sguardo rivolto all’interno.

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