Tenzo Kyokun: dal risultato si comprende il cuore [15]

Insomma, anche se si preparano delicatezze eccellenti non sono necessariamente superiori, anche se si prepara una minestra di rozze verdure, non necessariamente è inferiore.[1] Quando offri verdure selvatiche dopo averle scelte, se hai il cuore sincero, il cuore fedele, il cuore puro, sono conformi a eccellenti delicatezze.

Come avviene questo? Quando confluiamo nel vasto oceano comunitario del puro buddhadharma, non si vedono più eccellenti prelibatezze, non c’è più il gusto di verdura selvatica, c’è solo il gusto dell’unico vasto oceano.

Bisogna ancora dire che nel nutrire i germogli della Via,[2] nel coltivare il santo ventre,[3] raffinata crema e rozza erba sono un’unica cosa, non sono due gusti ma invero uno unico. C’è un antico detto: “La bocca del monaco è come un forno a legna”,[4] bisogna saperlo bene.

Pensiamo che la verdura selvatica coltiva bene il ventre santo, nutre bene l’embrione della Via. Non trattarla come volgare, non trattarla come di poco conto. Il venerato maestro di esseri umani e celesti, opera la trasformazione e il beneficio della rozza erba.
(Versione letterale dal giapponese inedita di J.ForzaniScarica il testo con le note)

[1] Questa parte del discorso verte sulla contrapposizione fra daigo e fusai. Daigo è il più raffinato prodotto del latte, il ghee indiano, la crema della crema, rappresenta il frutto di un lungo lavoro di raffinamento e ciò che vi è di meglio in fatto di sapore, usato anche come metafora del più elevato insegnamento del buddismo māhayāna; tradotto qui come “eccellenti delicatezze”, “eccellenti prelibatezze”, “raffinata crema”. Fusai è l’erba selvatica, che nasce spontaneamente, incolta, rappresenta ciò che non è lavorato, che cresce dove capita e dal sapore rozzo; tradotto qui come “verdura selvatica” rozze verdure”, “rozza erba”.


14. Se si usano gli ingredienti di gusto eccellente, non necessariamente diventeranno un prodotto di qualità superiore; se si prepara una zuppa con erbe selvatiche, non necessariamente diventerà un prodotto inferiore.

Quando offri erbe selvatiche, se nel sceglierle il tuo cuore è genuino, se il tuo cuore è sincero, se il tuo cuore è innocente e pulito, allora il risultato deve essere pari al cibo preparato con ingredienti di gusto eccellente.

Come avviene? Quando noi discepoli confluiamo come tanti diversi fiumi nel grande mare del limpido e puro insegnamento di Budda, non consideriamo più il gusto eccellente, non sentiamo più il gusto rozzo, ma unicamente il sapore del grande mare.

Ancor meglio: è far crescere il germoglio della via, è nutrire il sacro ventre, è annullare i due gusti, eccellente e rozzo, in un unico gusto.

Devi sapere che vi è un antico detto che dice: «La bocca del monaco è come il forno della legna». Devi pensare che l’erba selvatica nutre bene il sacro ventre, fa crescere bene il germoglio della via. Non devi avvilirla, né trattarla con leggerezza.
Chi è preposto a guida degli uomini e del cielo deve rendere benefica l’erba selvatica.
(Versione del volume “E. Dogen, La cucina scuola della via, EDB, 1998”)


14. Dal risultato si comprende il cuore: non sono gli ingredienti eccellenti che fanno il prodotto eccellente, non è ciò che viene da fuori che qualifica, ma ciò che viene dal cuore.

Se il cuore è limpido, il risultato è un cibo preparato con ingredienti dal gusto eccellente, quali che siano gli ingredienti usati.
Come è possibile? Avviene perché non ci preoccupiamo delle qualità di partenza, ma abbiamo presente la qualità finale.

Per meglio dire: sappiamo che la qualità finale è la qualità originaria, quella del germoglio, quella della sorgente cui tutti attingiamo. Il monaco accoglie tutto, così come il forno accoglie tutta la legna: prima di essere pregiata o comune, profumata o maleodorante, secca o umida, la legna è legna.

La persona della Via apre la Via alla terra e al cielo: per lui ogni erba è buona erba, perché ha le radici nella sorgente di ogni bene.
(Ristesura in forma libera e commentata di Jiso Forzani: dal volume citato)  

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12 commenti su “Tenzo Kyokun: dal risultato si comprende il cuore [15]”

  1. L’intenzione conta.
    Questo tutti hanno sottolineato.
    In genere se arriva prima il gesto, poi il pensiero, è il cuore che invia l’impulso,
    se questi è libero da timori e paura. Altrimenti l’intenzione viene offuscata.

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  2. Direi ineccepibile il commento di Leonardo.
    Vorrei dire che mi risuona come assoluta verità la frase di Doghen : dal risultato si comprende il cuore. Non c’è alimento migliore di altri se li prepari tutti con amorevole cura, se conosci la natura intrinseca di ogni alimento, e le sue combinazioni.
    Assaporare con semplicità quello che la mensa offre è rendere grazie agli alimenti che ci nutrono e diventano uno con noi..
    Se nel cenobio del nostro organismo ci lasciamo guidare dal cuore ci alimenteremo a vicenda e i vari alimenti diventeranno un unico gusto.

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  3. A volte la mente può anche diventare un ostacolo nel produrre un risultato eccellente, mentre il cuore e l’intenzione guidate dal sentire possono regalare risultati inattesi.

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  4. il cuore puro porta buoni frutti,
    il pensiero giusto i giusti mezzi per arrivare alla conoscenza,
    tutto il cibo nutriente é buono allo stesso modo perché il fine é quello di far star bene i monaci

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  5. “Quanto confluiamo nel vasto oceano
    comunitario non si vedono più eccellenti prelibatezze, non c’è più il gusto di verdura selvatica, c’è solo il gusto dell’unico vasto oceano.”
    Frase, molto potente.

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  6. Mi viene in mente un parallelismo con il gruppo/organismo.
    A volte sento dire dai fratelli e sorelle della Via che non intervengono nelle discussioni perché credono di non avere nulla da aggiungere, o poco da aggiungere, o di non sentirsi all’altezza di altri interventi più articolati, ecc.
    La risposta è sempre la stessa:

    “Dal risultato si comprende il cuore: non sono gli ingredienti eccellenti che fanno il prodotto eccellente, non è ciò che viene da fuori che qualifica, ma ciò che viene dal cuore”.

    Il cuore è l’intenzione. È l’intenzione che arriva, non tanto lo spessore più o meno importante dell’intervento.
    È quella vibrazione che “alimenta” genuinamente la Via comune, l’organismo.

    Ognuno siamo Tenzo della Via comune, ognuno siamo responsabili del nutrimento della Via: come? Attraverso la nostra vibrazione/intenzione.

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