Il tarlo dell’Essere che mangia il divenire

Alcuni appunti.
La funzione (se così la vogliamo intendere) del divenire è quella di maturare la consapevolezza dell’inconsistenza di ogni “cambiamento” o “trasformazione” e dunque del divenire stesso.
Il divenire sopprime se stesso.

Ma la soppressione è radicale: la consapevolezza dell’Essere è un tarlo all’interno della comprensione del divenire che mano a mano divora tutto.
Si configura come una lotta continua e impari.

L’esigenza del divenire è l’esigenza della centralità di sé, sia essa nelle forme più sottili.
Quando affermiamo che ancora abbiamo da fare molta strada sulla via della comprensione, stiamo aderendo a un’ulteriore identificazione che nasconde un bisogno: quello del divenire e quindi della propria centralità.

Mi interpreto come colui che ha ancora molto da imparare, mi riconosco ancora un ruolo e una funzione: ho bisogno di vite e di reincarnazioni.
Ma è questa un’ulteriore sofisticazione della mente: un raffinatissimo cibo di cui la mente si alimenta e attraverso il quale si pone a riparo dalla dimensione dell’Essere.

La dimensione dell’Essere è la dimensione dell’irrilevanza di sé, è la manomissione di ogni ruolo o funzione, l’impossibilità di nascondermi dietro all’adesione a un’ennesima identificazione.
E il tarlo che mangia il legno e alla fine mangia anche se stesso, e dunque ogni interesse al divenire.

Ma attenzione: non mangia ogni possibile identificazione, perché ancora qui potrebbe nascondere un’ulteriore adesione: a “colui che ha superato tutte le identificazioni”.

No, più profondamente: mangia l’interesse al gioco dell’adesione o meno all’identificazione e dunque si perde interesse alla dinamica del divenire.

Il divenire si dà come necessità meccanica, ma questa consapevolezza è costante e la sua costanza lacera il tessuto del divenire e lo fa assomigliare, piuttosto, a una giustapposizione di fotogrammi: una struttura interna all’Essere.


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7 commenti su “Il tarlo dell’Essere che mangia il divenire”

  1. L’esperienza porta a dire che l’essere si dilata infiltrandosi sempre più nelle trame del divenire.

    La metafora del tarlo rende perfettamente l’idea della presenza continua di quella forma d’esistenza.

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  2. Mi sembra quasi incredibile ma credo di aver compreso la differenza tra il superamento di ogni identificazione e invece la mancanza di interesse per il gioco dell’adesione.
    Per come è complesso l’argomento, il post è molto chiaro.

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