La parola essenziale

La parola essenziale nasce dal posizionamento della nostra soggettività: un passo indietro.

Se c’è vigilanza nel presentarsi di un protagonismo, c’è quel risiedere un passo indietro.

Da quella postazione discreta possiamo veder sorgere il sano impulso a parlare, o a tacere.

Qualora veicolassimo una parola, essa può sorgere da strati più o meno profondi del nostro essere. Può essere parola dell’emozione, della mente, del sentire.

Ognuna di queste parole ha un senso: alcune alimentano il divenire, altre l’Essere. Nella consapevolezza decidiamo cosa alimentare.


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7 commenti su “La parola essenziale”

  1. Sono particolarmente sensibile a questo tema, il tema della parola.

    Spesso il tacere nasce dal riconoscere nella parola che sta per sorgere un moto identitario che posso facilmente disconnettere e lasciar andare.

    Tuttavia anche il tacere può essere frutto di comprensioni non acquisite e questo lo vivo sulla pelle quando la vita mi rimanda le conseguenze della mia ritrosia.

    Così, a volte eccedo in riservatezza e taccio, quando il parlare potrebbe alimentare la relazione con l’altro, creare connessioni, portare cibo per la crescita esistenziale mia e di chi si rapporta con me.

    Nella consapevolezza, il parlare o il tacere sorgono da una valutazione complessiva della situazione che si sta vivendo. C’è attenzione nei confronti dell’altro, se ne colgono, nei limiti del proprio discernimento, i bisogni e le paure.

    La parola allora assume un senso che travalica il suo stesso significato.

    La medesima parola, che pronunciata meccanicamente, può essere banale, nella presenza diventa pregna di senso, in sostanza diventa un atto d’amore.

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  2. “Nella consapevolezza decidiamo cosa alimentare” mi verrebbe quasi da aggiungere “molto di più che nell’inconsapevolezza”.
    È plausibile infatti che pure nella consapevolezza ci si oda emettere un raglio potente, magari per meccaniche proprie che si attivano.
    In altre parole non credo che essere consapevoli coincida esattamente col riuscire a controllare.
    Grazie.

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  3. La parola essenziale e’ quella parola che prende spazio da se.

    Non e’ ragionata, non e’ controllata.

    E’ espressione diretta del sentire acquisito che veicola un flusso non contenibile, manifestazione di responsabilita’ arcaica.

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  4. Consapevolezza di se che si traduce nella scelta del gesto e della parola.
    Anche l’inconsapevole nella propria spontaneità è manifestazione di Dio.
    Lo immagino perlopiù trascinato da onde che lo travolgono.

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