Lo sguardo egocentrico e il processo per superarlo

Egocentrismo In psicanalisi, atteggiamento di chi tende a porre sé stesso al centro di ogni evento, per cui la propria percezione delle cose e i propri giudizi assumono un valore pressoché assoluto, rendendo difficile l’accettazione del punto di vista degli altri e quindi la comunicazione sociale. Fonte: Enciclopedia Treccani on line

Lo sguardo egocentrico ammorba anche le persone delle via interiore che, spesso, nel loro procedere in una certa solitudine ed introversione, coltivano anche quella disposizione non certo facilitante il cammino.
Malattia dell’animo grave, impedisce di cogliere il reale, di esprimere il sentire compreso e in parte inespresso proprio a causa di quella disposizione.
L’origine dell’egocentrismo è semplice da individuare: limitate comprensioni.
Il correttivo, se correttivo c’è, perché è evidente che alcuni hanno solo quella strada da poter seguire, è quello di divenire innanzitutto consapevoli di quella inclinazione e poi di correggerla nei limiti del possibile dato dalle comprensioni acquisite.
In una via interiore, convivere con degli egocentrici è una fatica grande: più il sentire si amplia, più vede il particolare collocato nell’insieme, l’individuo inserito nella collettività, l’interesse personale conciliarsi con quello generale.
In una comunità convivono persone di ampio sentire con persone di sentire più limitato: entrambe le categorie soffrono la presenza altrui. Oltre una certa divaricazione di sentire, non possono convivere.
Quando in una comunità convivono sentire diversi, il sentire più ampio testimonia la sua modalità e interviene per sostenere lo sforzo altrui.
Il sentire più limitato si dispone a fare esperienza, ad imparare e a divenire consapevole del proprio limite, a fare meglio, con più attenzione e più sollecitudine.
Attenzione e sollecitudine: l’egocentrico non è attento, né sollecito. È lì, al centro del suo microscopico mondo e non riesce a provvedere sollecitamente, ad attivarsi rapidamente, a coltivare lo sguardo del genitore.
L’individualista può avere una grande capacità di provvedere, il suo limite non è quello, è la difficoltà a fare con l’altro, a condividere il procedere, a sentire insieme stando nella prossimità dell’altro. Chi scrive inclina certamente verso una qualche forma di individualismo e l’aver scelto la vita eremitica certamente non è stato un caso.
L’individualista, pur preferendo procedere da solo, può creare una diffusa rete di servizio, se quello è il suo carisma, pur muovendosi da solo: può quindi essere al servizio dell’insieme con originali modalità personali.
L’egocentrico non vede, e dunque non provvede. Entra in un ambiente, lo valuta, lo giudica ma non sente lo stimolo a modificarlo: lui è lui e l’ambiente è l’ambiente, sono due dimensioni distinte e la possibilità di un incontro, di una relazione si realizza se l’egocentrico in quell’ambiente può proiettare qualcosa di sé, altrimenti la separazione permane, l’ambiente è altro e l’interesse per esso è basso, aldilà di un certo formalismo.
L’egocentrico non ha la disposizione del genitore, è rimasto figlio adolescente.
In una comunità, piccola o grande come una nazione, è necessario acquisire la capacità di vedere l’altro: egoismo ed egocentrismo sono manifestazioni chiare, facili da leggere. Più è chiaro il discernimento effettuato, meno ci si espone al rischio della delusione e della frustrazione: niente sangue dalle rape.
Compreso questo, rimane la necessità per alcuni che hanno un sentire più ampio, di essere di servizio al loro prossimo più limitato nel sentire, e dunque, a livello personale, come di piccola o grande comunità, è necessario sviluppare una pedagogia ed una didattica della visione globale ed unitaria.
In famiglia, come nella piccola comunità, è necessario fornire all’altro gli strumenti per imparare a vedere: cosa è necessario perché si riesca a mangiare all’ora stabilita? Perché una strada vicinale sia percorribile? Perché quella siepe ombreggi, ma non danneggi i fiori?
Se ci sediamo a tavola e tu ti occupi solo del tuo necessario, la prossima volta io non metterò a tavola quelle cose che ho sempre messo, delle quali mai ti sei accorto ma che hai sempre usato e senza le quali non potresti mangiare.
Il mio smettere di provvedere, ti farà vedere il limite del tuo atteggiamento: ti mancheranno delle cose, dovrai vedere quali, dovrai alzarti e provvedere tu e, magari, allora accorgerti che qualcuno fino a quel giorno l’aveva fatto anche per te.
Sono esempi banali, ma li potete estendere ad ogni ramo del vivere.
La persona più evoluta, non deve necessariamente essere la più generosa: deve sviluppare la disposizione del genitore.
Al genitore non è chiesto di essere generoso indistintamente, è chiesto di essere giusto ed efficace nel fare emergere le risorse interiori dei propri figli e nell’educarli a divenire consapevoli, a correggersi, a migliorarsi, a indirizzare le proprie forze, a compensare gli squilibri interiori, a superare le unilateralità.
In una comunità questo prendersi reciprocamente cura uno dell’altro, è un modo di crescere insieme: evoluti e meno evoluti, tutti hanno da imparare e lo fanno ponendosi in relazione, semplicemente.
Nessuno ha uno sguardo completo ed unitario e ogni persona ha da imparare il suo: la correzione di un macroscopico egocentrismo procede assieme al perfezionamento di sfumature di sentire nella capacità di servire. A ciascuno il suo.
Una generosità indistinta e inconsapevole è perniciosa quanto il peggiore degli egocentrismi: si sostituisce all’altro e permette che le cose rimangano bloccate, annulla la vera relazione che è un continuo influenzarsi e correggersi reciproco, a partire dalla chiara consapevolezza dell’emergere del limite personale.
La generosità incondizionata non si pone nell’ottica di educare, è un moto irrazionale dell’individuo, forse, in alcuni casi, della sua espansione egocentrica.
Pessime madri e pessimi padri sono coloro che non sanno discerne nei loro moti interiori, nei loro slanci, nell’equilibrio delle loro forze, nel giusto discernimento necessario quando si dà, quando ci si offre. O quando ci si nega.


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11 commenti su “Lo sguardo egocentrico e il processo per superarlo”

  1. C è ora più chiarezza, anche per il contributo che portiamo o dovremmo portare come singoli, all’intero organismo comunitario.
    La disposizione del genitore è lo sguardo che poniamo sull’altro, quindi su noi stessi…grazie, grazie!

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  2. Sento che non esiste una demarcazione netta tra egocentrismo e individualismo, sono stadi evolutivi che ci abitano: convivono in noi e più spesso uno prevale sull’altro anche se la tendenza rimane quella da ego ad amore.

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  3. Hai chiarito molto bene qual è la funzione del “genitore” , quella che veramente è di aiuto all’altro. Grazie per la sollecitudine genitoriale che dimostri per portarci alla comprensione .

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