Sostenersi reciprocamente nella conoscenza/consapevolezza

La vita mi ha fatto il dono di una compagna di via oltre che di vita; so che non tutti hanno questa benedizione e a maggior ragione sono grato per la mia situazione.
Dopo due mesi di silenzio, voglio ricominciare parlando dell’importanza del sostegno reciproco: in famiglia, nella comunità, in ogni ambiente caratterizzato dalla relazione.
Qui tratterò della via spirituale, ma il discorso è estendibile a qualsiasi ambito del vivere personale e sociale.
Molte sono le modalità del sostegno reciproco:
– attraverso il consiglio e il suggerimento;
– attraverso il conflitto;
– attraverso il silenzio consapevole di sé.
A volte possiamo dire una parola a chi ci è vicino in famiglia o nella comunità, possiamo azzardare un suggerimento se, di quel determinato aspetto, abbiamo cognizione ed esperienza.
Se abbiamo una comprensione acquisita, od in avanzata fase di strutturazione, di ciò con cui l’altro si sta misurando.
Possiamo accogliere una parola dall’altro se gli riconosciamo una autorevolezza che sorge dall’esperienza e dalla comprensione.
In quella relazione che prende la forma del proporsi e dell’ascoltare, si realizza l’esperienza del sostegno reciproco, della condivisione del limite, dell’accompagnamento esistenziale.
Anche nel conflitto si realizza il sostegno reciproco, se quel conflitto non è inficiato da un pregiudizio ma sorge dalla collisione di due punti di vista limitati che si portano appresso moti emotivi e visioni cognitive che, in quel momento, non si riescono a gestire in altro modo.
Il conflitto è sempre una grande officina e lo diviene in forma molto efficace quando all’origine c’è un moto di interesse per l’altro, quindi quando è il frutto di un’intenzione d’amore.
Poco importa che nel conflitto si esca dalle righe di una comunicazione/relazione corretta e rispettosa: il conflitto è tale perché la comunicazione diviene accesa e spesso unilaterale, e perché la relazione soffre, a volte, non sempre, di un’apparente mancanza di rispetto per la sacralità dell’altro.
Non è il limite che il conflitto porta con sé il problema: è l’intenzione che ci muove a spenderci, ad accalorarci, a dire anche cose unilaterali ed eccessive che rende autentica e produttiva la scena per tutti i protagonisti in campo.
Alla fine, quando gli animi si placano, ogni interiorità ha davanti agli occhi il film che ha generato e gli effetti che ha prodotto su di sé e sull’altro da sé: non è questo un modo formidabile di imparare? Di mostrare il limite senza reticenza lasciandosi svelare e modellare da esso?
E, nella sostanza, non è questa una forma di accompagnamento e di sostegno reciproco?
Se si è mossi dall’amore per l’altro, questo è. La forma di questo amore può anche essere ruvida, ma l’intenzione è chiara e quella conta.
Inoltre vi chiedo: quante cose non ci diremmo, e non condurremmo a svelamento di noi e dell’altro, se non confliggessimo mai?
Anche il silenzio consapevole è un modo di sostenersi reciprocamente:
– quando non c’è modo di intendersi;
– quando un pregiudizio ci condiziona;
– quando l’altro non è disposto ad ascoltare;
– quando per noi è troppo doloroso, o destabilizzante, parlare;
– quando la parola sarebbe inutile orpello.
Quel silenzio è un modo di non interporre barriera, di non elevare muri, di fare un passo indietro, di darsi tempo di maturazione e di darne all’altro.
Naturalmente so che ci sono silenzi che non aiutano e che, anzi, minano una relazione.
Il sostegno reciproco viene alimentato e sostenuto dalla consapevolezza dell’importanza esistenziale dell’altro: se ti riconosco come collaboratore efficace, allora sono tenuto ad esserci, come tu sei tenuto ad esserci con me e lo faremo nei diversi modi a noi possibili.
Non nei modi giusti, nei modi a noi possibili.
Mi conosco attraverso te, ti conosci attraverso me: se di questo abbiamo limpida nozione, allora la nostra relazione sarà vivificata dai giorni di grandine e da quelli di sole perché ciò che mettiamo in campo non è dettato dall’egoismo, dalla prevaricazione o dalla presunzione, ma dalla cura, dalla preoccupazione, dal desiderio di accudimento, di conoscenza e di trasformazione di ogni attore che partecipa alla scena.


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10 commenti su “Sostenersi reciprocamente nella conoscenza/consapevolezza”

  1. Grazie . Il conflitto anche se più impegnativo a livello energetico è utile , a mio parere , anche nel buio completo del raglio, perché comunque svela i propri limiti anche se non c’è alcun atto di amore ( ma nel raglio si perde ogni attenzione per l’altro ) e se c’e Volontà di ricostruire e non distruggere , può essere di aiuto per una miglior conoscenza di sé e quindi dell’altro . Grazie .

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  2. La ripresa dei tuoi scritti è un bel dono, perché essi mi arrivano diretti, attuali e chiari.
    “Il sostegno reciproco viene alimentato e sostenuto dalla consapevolezza dell’importanza esistenziale dell’altro: se ti riconosco come collaboratore efficace, allora sono tenuto ad esserci, come tu sei tenuto ad esserci con me e lo faremo nei diversi modi a noi possibili.”
    Spesso dimentico questo concetto basilare, quello, cioè, dell’importanza esistenziale dell’altro, di ogni altro e, soprattutto, delle persone che fanno parte della mia officina quotidiana.
    Mi sembra di grande valore anche ciò che ha scritto Nadia, cioè la comprensione che, in ogni caso, la vita ci dona ciò di cui abbiamo bisogno e la conseguente gratitudine.
    Grazie Robi e grazie Nadia!

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  3. Quando si ha la capacità di vedere la scena del proprio film, ci si rende conto della perfezione del disegno. La vita a me non ha donato un compagno con cui condividere la via, tant’è, c’è comprensione che la vita mi ha donato ciò di cui ho bisogno e c’è tanta gratitudine.

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  4. Utilissime queste parole. La relazione non e’ sempre semplice , soprattutto quando non si percorre la stessa via……ma la via aiuta..cosi’ come le comprensioni e la consapevolezza.
    Grazie Robi

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  5. Interessante visone delle dinamiche relazionali nelle officine in cui operiamo. Comprendere che anche il conflitto rappresenta un moto autentico e amorevole di interagire con l’altro ci consente di mostrarci ed accettarci anche in quegli aspetti che ci sembrano meno nobili. Questo però richiede, a mio avviso, molta attenzione. Qual’è il limite per non cadere nella presunzione della ragione, nell’arroganza o la difficoltà ad accettare un diverso punto di vista? Così come anche il silenzio, può trasformarsi in un arma sottile per far pagare all’altro la ferita subita. Come dici tu Robi, la consapevolezza è l’unico strumento che ci permette di non eccedere, di rendere la nostra impasse, occasione di nuove comprensioni. In ogni caso non è possibile adagiarsi sulle comprensioni acquisite, ma è un continuo lavoro di ascolto e ricentratura.
    Quanti ragli e quanti calci lancia l’asino!

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