Emozione e apprendimento

Siamo molto attenti a ciò che proviamo, durante le esperienze attiviamo un monitoraggio continuo: le gratificazioni, le delusioni, il grado di simpatia e di antipatia, di approvazione e di rifiuto.
Giudizio ed emozione procedono assieme e sono ciò che ci interessa: non di rado l’altro è solo colui/ei che è funzionale ai nostri processi e lo vediamo poco, lo ascoltiamo anche meno.
Direi che questa è la visione, l’esperienza egocentrica della realtà.
C’è un altro modo di procedere, di sperimentare: focalizzarsi sul processo esistenziale in corso, su quello che ci insegna, sull’imparare.
Questo modo di procedere, di interpretare la realtà, ha bisogno di una lettura simbolica dei fatti, ha necessità di una osservazione attenta dell’altro e delle nostre reazioni ad esso. Ha bisogno, in definitiva, di una consapevolezza lucida del portato della relazione: è qualcosa di molto diverso dall’essere noi il centro, è trarre insegnamento da ogni possibilità che la relazione offre, con al centro la relazione stessa, consapevoli che senza essa, e senza l’altro che in essa si presenta, nulla potremmo.
Quindi l’accadere non ha senso per ciò che ci permette di provare emotivamente, cognitivamente, ma per la possibilità di apprendimento che ci dischiude.

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