L’accoglienza del limite spalanca le porte dell’essere, perché? Perché contiene il senso della propria piccolezza e insignificanza.
Il limite ci proietta nella vita come luogo della trasformazione e ci conferisce il senso dell’impermanenza, della piccolezza, porta questa duplice valenza, simultaneamente: totalmente vita, totalmente essere.
Quando osservo una margherita so che è diversa da una rosa: se la guardo con gli occhi della mente che tutto mette a confronto, misura e giudica, la conclusione sarà che la margherita è un fiore alquanto modesto.
Ma se non la guardo con gli occhi della mente allora, non comparandola e non giudicandola – ossia non appiccicandole un’etichetta – la vedo per quel che è, nella sua unicità, indipendentemente da tutti gli altri fiori: allora è quel che è e niente altro, un essere che testimonia se stesso.
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La chiave è nel processo dell’accogliere. Il limite, il confronto con esso, ci induce a percorrere il processo dell’accogliere. Certo non solo: anche il processo del rifiutare è davanti a noi, ma non è un’alternativa all’accogliere è, semmai, uno stadio dell’accogliere, il primo stadio che nel tempo verrà superato, pena la frustrazione e l’inaridimento interiori.
Ci sono persone che in una vita non superano mai il rifiuto per qualcosa o qualcuno ma questo non significa granché: quel compito rimane pronto per il prossimo film.
L’accogliere implica una sospensione della presa dell’identità, del suo condizionamento, della sua predominanza: la consapevolezza, nel gesto dell’accogliere, si sposta più in profondità, sull’essere.
Nella visione comune noi diremmo che un’identità lavorata ed evoluta ha appreso ad accogliere: questo è vero, ma non è la sostanza del processo. Una identità evoluta ha imparato a farsi da parte. Dire che è divenuta più aperta o flessibile non significa niente, in realtà, dietro quella flessibilità c’è una comprensione che è avvenuta e quindi una relazione nuova coscienza/identità.
L’identità cambia in continuazione al cambiare del sentire essendo di esso la risultante.
Quando accogliamo, l’identificazione si fa simultanea. Tutti i piani nello stesso tempo: l’identità, con le sue paure e i suoi giudizi, è allineata al sentire che dispiega la sua azione performante, pervadente, orientante, creativa: la consapevolezza, nella sua simultaneità, è illuminata dall’essere/sentire. I cavalli sono illuminati dal cocchiere, gli attori dal regista, il regista dallo sceneggiatore e questi dal produttore.
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NB: il testo che compare in questi post in alcuni passaggi differisce sostanzialmente dal contenuto del libro, questo perché, nei dieci anni trascorsi, molte cose abbiamo approfondito e compreso meglio.
D’altra parte, oggi non riusciremmo a esprimerci con la semplicità di ieri mentre il nostro obbiettivo, nel riprendere questi contenuti, è proprio quello di dare a chi ci legge un testo semplice, per un approccio di base al Sentiero contemplativo.
L’accoglienza del limite è compassione e apre le porte al Sentire Uno
“L’identità cambia continuamente al cambiare del sentire, essendo di esso la risultante. ”
Concetto importante da tenere a mente.