Nel flusso c’è l’essenza [vdc42]

Le basi della Via della conoscenza. Flusso che va, ovverosia abolizione di ogni radice. Nel momento in cui il flusso va, ogni radice viene tolta e quindi, nel perdurare delle radici, non c’è aderenza al flusso.

“La vostra definizione di problema
è qualcosa che non esiste nella realtà,
esiste solo per voi”

Il flusso in ogni caso vi conduce, però voi vi aprite o vi chiudete al flusso a seconda di quante radici vengono estirpate, e la prima radice da estirpare è il ritenervi esseri che continuamente migliorano risolvendo i propri problemi, non accorgendovi che la vostra definizione di problema è qualcosa che non esiste nella realtà.

Il problema esiste solo per voi, perché vi rapportate a voi stessi come esseri che devono passare attraverso i propri limiti e attraverso esperienze nuove per diventare nuovi. Invece la definizione di flusso è proprio il vostro rinunciare a vedervi come esseri che continuamente si modificano usando tutti i mezzi a loro disposizione per fare nuove esperienze attraverso le quali maturare. Ricordate che ogni vostro emettere giudizi è mortifero, è propagatore di tristezza per voi e per gli altri e vi riporta sempre al solito punto, ancorandovi e facendovi rinunciare a scoprire la bellezza del flusso.

Per voi il flusso rappresenta la possibilità di abbassare le vostre pretese, mentre col giudizio vi anchilosate e provocate in voi la ripetizione; perciò riducete o lasciate morire il vostro giudizio, e poi sorridete su ogni vostro giudizio, pensando a quanto spesso vi rode dentro ciò che dite degli altri o ciò che soppesate di ciò che gli altri dicono di voi e di ciò che vi accade. Se sorridete sul vostro giudizio, vi aprite ad altro.

Togliere ogni radice significa sprofondare in un abisso che all’inizio sconcerta. Infatti, se è pur vero che quando si impoverisce il giudizio si sperimenta la bellezza del flusso, è vero anche che si avranno meno indicatori di direzione. I vostri indicatori di direzione sono proprio i giudizi, che, se muoiono o si attenuano, vi faranno sentire senza strada, senza elementi di paragone e senza confronti, perciò confusi.

“Ma voi cercate una strada,
oppure la morte di tutte le strade?”

Anche se la prima sensazione che si prova è di leggerezza, contemporaneamente, col diminuire del giudizio, si avrà sempre meno spazio per chiedersi dove si è e dove si sta andando poiché, in assenza di giudizio, non si saprà più su che cosa basarsi per formarsi un’opinione su di sé o per stabilire che la propria strada è proprio quella che si sta percorrendo, e non un’altra. E qui allora domandatevi: ma voi cercate una strada, oppure la morte di tutte le strade?

Essere nel flusso significa rinunciare ad avere una strada, perché muore ogni pretesa di voler andare da qualche parte, e si aderisce a ciò che viene consegnato, momento dopo momento, dal mistero dell’accadere. Tuttavia il mistero dell’accadere vi si presenta in modo tale da sconvolgere ogni vostra previsione e da mettere in scacco ogni vostra pretesa di dirigervi da una qualunque parte, riconsegnandovi a un’altra serie di giudizi che sorgono in voi dal non avere più una strada; questo però prima di aver aderito al Tutto o al Niente o all’Essenza.

“L’accettare di essere disorientati”

Essere nel flusso significa perciò la morte di ogni giudizio o comunque la sua attenuazione e l’accettare di essere disorientati, perché il disorientamento può ricondurre a una questione che voi spesso eludete: la vostra pretesa di stabilire le tappe e le misure della vostra maturazione.

Invece, per arrivare dove muoiono tutte le pretese dell’io, è necessario per l’umano perdere ogni punto di riferimento, e anche il sorridere sui propri giudizi può aprire a questo disorientamento. Nel disorientamento, la sua mente protesterà ancora e quell’uomo si domanderà dove stia andando e perché non stia capendo più nulla, dato che, col morire del giudizio, non potrà più dire cosa lui è e cosa stia diventando. A quel punto gli resta solo da dire: non lo so.

“Perdere la vostra umana speranza
di arrivare pur se non sapete dove”

Se quell’individuo accetterà di restare nello sballottamento, non sapendo dove stia andando – però con la consapevolezza di ciò che gli accade – allora qualcosa morirà del suo io, che è la vostra umana speranza di arrivare pur se non sapete dove. Soltanto al morire anche di questa umana speranza di arrivare si potrà allora sperimentare di essere già flusso.

Però voi, altro che porre fine alla speranza! È proprio la speranza che accende tutti voi e che vi porta qui davanti a noi, poiché è essa stessa il vostro motore al cambiamento. Ma, nel far tacere i giudizi, la speranza naufraga e per voi appare il flusso che non vi conduce, che non vi porta e che non vi lega a niente; lì nel flusso c’è l’essenza, per cui non occorre andare da nessun’altra parte e non c’è niente più da scoprire se non il flusso.

“Il proprio annientamento nel flusso”

Una volta sperimentato il flusso, muore tutto il resto, e allora l’Assoluto, il relativo, aiutare o non aiutare, che importanza avranno più per voi?
Nel consegnarsi al flusso si fa l’esperienza del non-giudizio, dentro cui cadono le illusioni e le speranze di giungere a una qualche meta e nell’essere flusso, la più indicibile esperienza che un uomo possa fare è quella del proprio annientamento nel flusso.

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E allora ben vengano gli sforzi che potrete fare per sorridere sul giudizio, ma ricordandovi che più sottolineate lo sforzo e meno vi consegnate al non-giudizio; invece, più sottolineate la naturalità del sorridere, perché qualcosa urge, vi spinge e vi porta a farlo, e meno darete fiato all’io che si può manifestare proprio nel perseguire quello sforzo. Per voi uno sforzo è ancora necessario, ma sottolineando lo sforzo l’io riaffiora, mentre, sottolineando la naturalità e non pretendendo oltre quel che potrete fare, pur sforzandovi, allora il flusso potrà affiorare, poiché voi vi starete aprendo al flusso.

Appunti di vita contemplativa
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5 commenti su “Nel flusso c’è l’essenza [vdc42]”

  1. A volte il Divenire fatto di pianificazione si scontra con il concetto del rinunciare ad avere una strada. Io lo interpreto così: vivo la realtà del Divenire e le sue regole, immergendomi nel vivere mi dimentico la strada che la mia coscienza mi sta facendo percorrere

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  2. “Essere nel flusso significa rinunciare ad avere una strada”. Poiché la VdC ci insegna a non guardare al passato, so che quel che sto per dire può stridere, ma posso affermare che, nel procedere non ho mai guardato consapevolmente ad una strada, poche cose, pilastri per me, ho perseguito, per il resto sono stata nel flusso di ciò che la coscienza mi poneva davanti anche con l’aiuto dell’io che indagava. Nell ‘ultimo periodo sono caduti anche alcuni giudizi che sorgev ano nei confronti di qualcuno a me vicino. Ora tutto scorre più fluidamente.

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  3. Quando il giudizio su se stessi e gli altri riaffiorano con più forza, trovi il senso di queste parole. Sorridere del nostro giudizio, non avere la pretesa di operare un cambiamento, stanchi di sentire la mente tessere le sue tele, si inizia a realizzare l’esperienza dell’affidarsi.

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  4. La sensazione di essere in mezzo a un guado e non avere appigli, lasciarsi portare dalla corrente è l’unica soluzione. Salvifico è dare un senso a ciò che accade.

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  5. Mi interrogo sulla mia capacità di abbandonarmi al flusso e agli ostacoli che pongo. È una danza, in cui mai viene meno la fiducia di essere sorretta dalla Mano che conduce

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