Tra causalità e gratuità per spiegarsi il mistero dell’accadere [35G]

[…] Partiamo, quindi, dai due diversi principi che l’essere umano introduce nel concetto di vita che ha strutturato dentro di sé. Il primo è il principio di causa-effetto, che utilizza per spiegarsi ciò che lo coinvolge direttamente, o che attraversa la sua strada.

In aggiunta a questo introduce un secondo principio, che lui immagina ergersi sopra il suo essere umanamente limitato e che possa rendergli comprensibili gli accadimenti di cui non riesce a darsi ragione utilizzando il solito principio di causa-effetto. Per chiunque percorra un sentiero interiore, questo secondo principio lo si può sintetizzare nella parola ‘gratuità’ – o Grazia -, dalla quale l’uomo trae la spiegazione di come possa accadere un fatto che, apparentemente, non presenti alcuna motivazione possibile.

Secondo l’uomo un fatto non è motivabile se non è collegabile alle azioni che mette in atto lui stesso, oppure alle azioni altrui, e se non è riconducibile ad una causa che lui possa spiegarsi in maniera razionalmente accettabile, vale a dire dicendosi che quello a cui non riesce a dare una spiegazione attraverso il principio di causa-effetto può essere invece motivabile attraverso l’introduzione di una figura di ‘Agente Supremo’ che lo sovrasti e che quindi conosca ben oltre quel che lui stesso conosce, avendo predisposto un disegno che dia senso a tutto quello che l’uomo non riesce a classificare per riuscire a capirne le motivazioni recondite.

Il concetto di gratuità viene utilizzato dall’uomo per spiegarsi come alcuni particolari eventi che avvengono dentro di lui e intorno a lui non siano attribuibili né a sé e neppure ad altri, e come in essi non ci sia né merito e né demerito proprio o altrui.

Quindi, quel concetto gli è utile per darsi una spiegazione convincente dell’accadere che, altrimenti, gli rimarrebbe incomprensibile. Pertanto l’uomo ritiene che la gratuità sia da riferirsi a una cosiddetta ‘Superiore Eccedenza’ e che trascenda meriti e demeriti, in quanto concessa in modo non commisurato con l’azione dell’uomo, neppure con i suoi progressi, neppure con il suo grado evolutivo e neppure con tutto quello che egli può comunque attribuirsi.

Da queste premesse si comprende come il concetto di gratuità, messo in campo dall’uomo per spiegarsi l’inspiegabile, parli unicamente della sua continua esigenza di farsi tornare i conti.
Se ci pensate, sia il principio di causalità che il principio di gratuità implicano il desiderio dell’uomo di darsi una spiegazione riguardo a tutto quello che accade e che lui vuole che lo persuada concettualmente in modo esaustivo. Perché il presupposto umano di tutti i discorsi sulla gratuità è quello di spiegarsi il mistero dell’accadere, che continua a rimanergli incomprensibile e, di conseguenza, inaccessibile.

Fonte: La via della Conoscenza, “Ciò che la mente ci nasconde“, Gratuità, p. 32

In merito alla via della Conoscenza: quel che le voci dell’Oltre ci hanno portato non sono degli insegnamenti, non sono nuovi contenuti per le nostre menti, non sono concettualizzazioni da afferrare e utilizzare nel cammino interiore. Sono paradossi, sono provocazioni o sono fascinazioni, comunque sono negazioni dei nostri processi conoscitivi e concettuali.
Non hanno alcuno scopo: né di modificarci e né di farci evolvere. Creano semplicemente dei piccoli vuoti dentro il pieno della nostra mente. Ed è lì che la vita parla.

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Indice dei post estratti dal libro e pubblicati
Abbreviazioni: [P]=Prefazione. [V]=Vita. [G]=Gratuità. [A]=Amore.
Le varie facilitazioni di lettura: grassetto, citazione, divisione in brevi paragrafi sono opera del redattore: i corsivi sono invece presenti anche nell’originale.

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10 commenti su “Tra causalità e gratuità per spiegarsi il mistero dell’accadere [35G]”

  1. Inevitabile che l’umano cerchi senso. In fondo l’elemento che lo caratterizza, cioè quello mentale, ha necessità di essere sfamato anche nellinconsapevolezza.
    Ma quando si intuisce l’illusione di questo meccanismo, o semplicemente il logorio della ricerca, si apre un nuovo orizzonte, quello del non senso.
    Si affaccia la possibilità di vivere nel “non senso”: il solo affacciarsi ad esso, ora, toglie il fiato!

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  2. Sì l’uomo chiama gratuità o grazia gli accadimenti interiori o esteriori di cui non riesce a spiegarsi la ragione, dovendo la mente tutto inquadrare.
    Tuttavia non è gratuito anche il mistero dell’a cadere?
    Non è una “interpretazione” dell’accadere anche parlare di evoluzione del sentire di coscienza?

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  3. Molte persone pensano al mistero della vita come gioco degli opposti in atto…
    Niente è Reale e tutto è realtà…
    Quale’ il dubbio?
    Capire l’incapibile o accettare la mera natura in atto?

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  4. “implicano il desiderio dell’uomo di darsi una spiegazione riguardo a tutto quello che accade e che lui vuole che lo persuada concettualmente in modo esaustivo”.
    Desiderio sacrosanto che sorregge la ricerca di senso nella (e della) vita.
    Da quella ricerca si può approdare a capire che la ragione non è lo strumento adatto per cogliere il senso.
    Resta però il fatto che (la ragione) è una importantissima stampella.

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  5. Condivido l’analisi di Leonardo. Il primo gesto di compassione verso l’umano che ha bisogno di cercare risposte.
    Ad un certo punto le domande scemano, ma prima, la spinta ad indagare è stata fondamentale.
    Dopo essersi scontrati tante volte con l’irriducibilita’ degli eventi, è possibile aprire un varco per vedere il Reale, al CCE.

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  6. Ma l’accadere a cosa risponde? Al semplice perpetuarsi della vita, in quell’insieme unitario di cui tutti gli essere fanno parte, animati o meno che siano?
    Nessun fine nessuno scopo , se non quello evoluzionistico e di conservazione della vita stessa?

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  7. Tutto quello che l’uomo compie o mette in pratica sembra sgorghi dal tentativo di occultare l’effimero e di rischiare con la propria luce “il mistero dell’accadere”.
    Il mistero dell’accadere non va spiegato ma accettato e contemplato.
    Ma, innanzitutto, va accettato e contemplato il reiterato e infinito gesto dell’umano di “volersi spiegare le cose”.
    Da qui sorge l’esperienza fondamentale della “compassione” verso sé e verso l’altro e solo così ci sia apre alla possibilità di accogliere “il mistero dell’accadere”, il “Ciò che è”.

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    • A Elena
      La fede è un’esperienza accessibile a tutti coloro che hanno accesso all’Essere, oltre le barriere frapposte dalle menti e dalle identità.
      È una condizione universale, ma non significa che tutti, consapevolmente o inconsapevolmente, vivano l’esperienza della fede: dipende da quanto sono velati nella loro percezione del Reale.
      Molte fedi, ad esempio, sono solo adesione cognitiva o affettiva: veli potenti.

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