Sedere in zazen, sedere al cospetto della profondità della vita

Il testo che segue è la traduzione dall’inglese di un incontro fra Uchiyama Kosho Roshi e Takamine Doyu. Qui la presentazione di Jiso Forzani e l’intervista completa. Uchiyama Roshi dice cose importanti rivolte, in particolare, al lettore e al praticante occidentale.

Doyu: Roshi, quale deve essere la nostra maggior attenzione per ciò che riguardo lo zazen come Buddhadharma? Per esempio, come dobbiamo considerare il satori?

Roshi: Sedersi in zazen per raggiungere una qualche esperienza tipo satori, è questione di umana voracità. Solo quando andiamo al di là delle ambizioni e degli affanni umani, iniziamo a indirizzarci verso il buddhadharma.

Andando oltre questi appetiti, ci chiediamo naturalmente dov’è che stiamo andando verso… è dentro la profondità della vita. Sedere in zazen significa sedere al cospetto della profondità della vita.

Sappi che zazen non è un’attività che si trova nel regno dei valori semplicistici, monodimensionali; cioè i valori di guadagnare anziché di perdere, di vivere anziché di morire.
Al contrario, zazen è il fatto di sedersi al cospetto della profondità della propria vita, che è una    profondità pluridimensionale.

Lo zazen inteso come insegnamento non è un argomento che concerne gli esseri umani in genere o come categoria particolare. Questo pare essere un punto difficile da comprendere per un molti Europei e Americani, che sono troppo abituati a pensare soltanto in termini di bianco o nero, questo o quello. È solo andando oltre la discriminazione che inizia il discorso dello zazen come buddhadharma. Non è un trasparente criterio di giudizio per decidere fra questo e quello. Praticare zazen come buddhadharma significa stare realmente di fronte alla profondità della tua propria vita.

Doyu: Numerosi stranieri sono venuti nuovamente a sedersi con noi a Seitai-an. So che si siedono con molta serietà, ma è realmente difficile comprendere quello che stai dicendo. É davvero un errore sedersi con qualche proposito in mente?

Roshi: Proprio per questo io dico sempre che zazen non è un tipo di disciplina.
Fintantoché tu siedi cercando di disciplinare la tua mente o qualsiasi altra cosa, ci sarà sempre un risultato atteso dalla disciplina, che tu vedi e di cui ti senti bellamente soddisfatto.

Invece, fare zazen significa solamente sedersi al cospetto di una profondità insondabile, è un Sé totalmente contenuto, non vi è una scala esterna di misurazione.
Sedersi come disciplina, invece, implica l’assunzione di un metro di fronte a sé con cui misurarsi, provando soddisfazione nel vedere quanto sono “progredito” rispetto a prima, o valutando quanto sono avanti rispetto a qualcun altro. Con lo zazen, invece, non c’è metro.

Siccome stiamo parlando di un Sé che è completo in sé, ciò di cui parliamo è solamente sedersi. Attualmente, si sente molto parlare di yoga o di concentrazione dell’energia e di come ci faccia star bene o come abbia reso possibile la nostra guarigione da una malattia, ma zazen non ha nulla a che fare neanche con questo.
Fonte del testo.

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6 commenti su “Sedere in zazen, sedere al cospetto della profondità della vita”

  1. Non si può arrivare a comprendere la “profondità insondabile” del Reale se prima non si è passati per la può o meno lunga stagione dell’adesione al recitato mentale.
    L’identificazione preparare lo “scacco della mente” e lo “scacco della mente”, disarcionandoci rispetto alla nostra pretesa di aver il controllo e misurare, apre alla contemplazione del Reale.

    Lo zazen è anche il realizzarsi di questo processo, se abbiamo la perseveranza e la pazienza necessari.

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  2. Proprio stamattina riflettevo e facevo il conteggio degli anni passati tutti i giorni davanti al muro…
    Nel 2022 saranno precisamente 10 anni…
    La mia mente diceva sempre meglio diventerai sempre meglio!!
    È difficile arrivare a non calcolare più nessun risultato…
    Ma questa affermazione è già di per sé insensata…
    Perché voler arrivare a non calcolare più il risultato?.

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  3. Nella logica della mente il tornaconto deve sempre esserci, per questo si è definito più volte lo zazen come atto di pura gratuità.

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